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Euclide






(in greco: Ευκλείδης); è stato un matematico greco antico, che visse molto probabilmente durante il regno di Tolomeo I (367 a.C. ca. - 283 a.C.). È stato sicuramente il più importante matematico della storia antica, e uno dei più importanti e riconosciuti di ogni tempo e luogo. Euclide è noto soprattutto come autore degli Elementi, la più importante opera di geometria dell'antichità; tuttavia di lui si sa pochissimo. Euclide è menzionato in un brano di Pappo, ma la testimonianza più importante su cui si basa la storiografia che lo riguarda viene da Proclo, che lo colloca tra i più giovani discepoli di Platone:
« Non molto più giovane di loro Ermotico di Colofone e Filippo di Medma è Euclide; egli raccolse gli "Elementi", ne ordinò in sistema molti di Eudosso, ne perfezionò molti di Teeteto, e ridusse a dimostrazioni inconfutabili quelli che suoi predecessori avevano poco rigorosamente dimostrato. Visse al tempo del primo Tolomeo, perché Archimede, che visse subito dopo Tolomeo primo, cita Euclide; e anche si racconta che Tolomeo gli chiese una volta se non ci fosse una via più breve degli Elementi per apprendere la geometria; ed egli rispose che per la geometria non esistevano vie fatte per i re. Euclide era dunque più giovane dei discepoli di Platone, ma più anziano di Eratostene e di Archimede che erano fra loro contemporanei, come afferma in qualche luogo Eratostene. Per le idee Euclide era platonico e aveva molto familiare questa filosofia, tanto che si propose come scopo finale di tutta la raccolta degli Elementi la costruzione delle figure chiamate platoniche »
(Proclo, Comm. Eucl., II, 68)
Particolarmente significativa è la circostanza che lo accosta a Tolomeo I, perché ci induce a collocarne l'attività principale all'inizio del III secolo a.C. e ci fa supporre che Tolomeo lo abbia chiamato ad operare nella Biblioteca di Alessandria e nell'annesso Museo.
Controversa è invece la notizia secondo cui sarebbe stato un platonico convinto. Oggi prevale anzi la tendenza a considerare questo giudizio come privo di fondamento e dettato verosimilmente dal desiderio di Proclo di annettere il più grande matematico dell'antichità alla schiera dei neoplatonici a cui lo stesso Proclo apparteneva.

La scarsità delle informazioni sulla vita di Euclide (e sulla data incerta della sua nascita - dubbia tra IV e III secolo) fece nascere diverse tradizioni più o meno leggendarie sulla sua identità. In particolare da fonti arabe derivò una credenza che lo voleva nato a Tyro. Nel Medioevo, e fino al Rinascimento, fu invece confuso con Euclide di Megara, un matematico vissuto molto tempo prima e di cui si ha notizia perché menzionato da Platone come seguace di Socrate. È per ciò che in diverse edizioni degli Elementi pubblicate in età rinascimentale l’autore viene indicato come "Euclides Megarensis", con l’aggiunta talvolta di una qualificazione di filosofo socratico. Un esempio è quello di cui si riporta qui il frontespizio (dalla Collection of Historical Sources on Mathematics del European Cultural Heritage Online).In tempi più recenti fu messa perfino in dubbio l’effettiva esistenza di un’unica persona di nome Euclide che abbia scritto tutte le opere a lui attribuite. In particolare, le ipotesi formulate si possono così riassumere: Euclide fu un personaggio storico che scrisse gli Elementi e le altre opere a lui attribuite.
Euclide fu il capo di un'équipe di matematici che lavoravano ad Alessandria. Tutti contribuirono a scrivere le ‘Opere Complete di Euclide', continuando a scrivere opere a suo nome anche dopo la sua morte.
Euclide non fu un personaggio storico. Le ‘Opere Complete di Euclide’ furono scritte da un’equipe di matematici che lavoravano ad Alessandria assumendo come pseudonimo il nome di Euclide di Megara, vissuto un secolo prima.
I sostenitori di quest'ultima ipotesi hanno invocato l'analogia con quanto avvenuto nel Novecento con la riscrittura in forma rinnovata di tutto il corpus matematico da parte di una pluralità di matematici (come Henri Cartan, André Weil, Jean Dieudonné, Claude Chevalley, Alexander Grothendieck) che si celavano sotto lo pseudonimo di Nicolas Bourbaki. A sostegno invece della effettiva esistenza di Euclide vi è una lunga tradizione mai messa in dubbio in oltre venti secoli, oltre alle citazioni da parte di autori a lui vicini (Archimede, Erone di Alessandria, ed altri) e circostanze abbastanza attendibili come quella che Apollonio "...trascorse molto tempo ad Alessandria con i seguaci di Euclide". Alcune delle sue opere sono state perdute come i Porismi, paralogismi, un trattato sulle coniche e uno scritto sui luoghi superficiali. Le opere ritrovate, come i Dati, i Fenomeni e l'Ottica, sono state riscritte e tradotte. I metodi da lui usati sono:
analisi e sintesi
riduzione all'assurdo
esaustione
determinazione
riduzione
I principi di matematica superiore ideati da Euclide furono poi ripresi e sviluppati da Archimede, da Apollonio di Perge e, molti secoli più tardi, da Pascal e Descartes (Cartesio).
Studi recenti, basati su informazioni fornite da alcuni storici (Mongitore, Maurolico, Pizolanti, Candioto, Amico), hanno proposto come luogo di nascita del matematico: Gela in Sicilia., su tale ipotesi il dibattito rimane comunque aperto.
Euclide è citato anche nella Divina Commedia di Dante, Inferno', IV, 142, nel Cerchio Primo del Limbo, tra gli "Spiriti Magni".L'anno e il luogo della sua morte sono ancora sconosciuti.

Gli Elementi

Euclide, cui venne attribuito l'epiteto di στοιχειωτής (compositore degli Elementi), formulò la prima rappresentazione organica e completa della geometria nella sua fondamentale opera: gli Elementi, divisa in 13 libri.I primi 4 parlano della planimetria elementare; il 5º ed il 6º delle principali proprietà dei segmenti e dei poligoni relativi alle proporzioni; dal 7º al 10º libro dell'aritmetica dei numeri razionali ed irrazionali; gli ultimi libri della geometria solida.
Ogni libro inizia con un gruppo di proposizioni che possono essere considerate come una specie di definizioni che servono a chiarire i concetti successivi; esse sono seguite da altre proposizioni che sono invece veri e propri problemi o teoremi: questi si differenziano fra di loro per il modo con cui vengono enunciati e per la frase rituale con cui si chiudono: "come dovevasi fare" per i problemi, "come dovevasi dimostrare" per i teoremi.
Questo testo è stato tramandato grazie alla prima ricostruzione che ne fece Teone di Alessandria, circa 700 anni dopo Euclide, e alle traduzioni arabe (ad esempio quelle di Alhazen, ossia Ibn al-Haytham, nato nel 965). Intorno al 1120, una copia del testo arabo (o una copia di una copia) fu tradotta in latino da Adelardo di Bath. Nel 1270, la traduzione di Adelardo fu riveduta, anche alla luce di altre fonti arabe (a loro volta derivate da altre versioni greche del manoscritto di Teone) da Campano di Novara. Questa versione (o una copia di una copia) venne stampata a Venezia nel 1482.
Successivamente, sono state ritrovate altre versioni greche del manoscritto di Teone e una copia greca che probabilmente è precedente a quella di Teone. La ricostruzione attuale si basa sulla versione del filologo danese J. L. Heiberg risalente al 1880 e su quella dello storico inglese T. L. Heath del 1908. La prima traduzione in lingua cinese dal latino fu opera del gesuita Matteo Ricci, nel 1607.
La prima edizione italiana è dovuta al matematico italiano Federigo Enriques e risale al 1935. Nel 1970 compare nei tipi della UTET un'altra versione italiana, tradotta da Lamberto Maccioni e commentata da Attilio Frajese.
Secondo alcune fonti, gli Elementi non è tutta opera del solo Euclide: egli ha raccolto insieme, rielaborandolo e sistemandolo assiomaticamente, lo scibile matematico disponibile nella sua epoca. La sua opera è stata considerata per oltre 20 secoli un testo esemplare per chiarezza e rigore espositivo, e può considerarsi il testo per l'insegnamento della matematica e della precisione argomentativa di maggior successo della storia, ovvero il testo più letto dopo la Bibbia.Gli Elementi non sono un compendio della matematica dell'epoca, bensì un manuale introduttivo che abbraccia tutta la matematica "elementare", cioè l'aritmetica (la teoria dei numeri), la geometria sintetica (dei punti, delle linee, dei piani, dei cerchi e delle sfere) e l'algebra (non nel senso moderno dell'algebra simbolica, ma di un equivalente in termini geometrici).Di quest'opera non ci sono pervenute copie dirette; nella versione che ci è pervenuta, il trattato euclideo si limita a presentare una sobria e logica esposizione degli elementi fondamentali della matematica elementare.Molte edizioni antiche contengono altri due libri che la critica più recente attribuisce rispettivamente a Ipsicle (II secolo a.C.) e a Isidoro di Mileto (IV secolo d.C.).

Visione moderna

Nel 1899 David Hilbert si pone il problema di dare un fondamento assiomatico rigoroso alla geometria, ossia di descrivere la geometria euclidea senza lasciare nessun assioma inespresso. Giunge così a definire 28 assiomi, espressi nel suo lavoro Grundlagen der Geometrie (fondamenti di geometria). Molti di questi assiomi sono assunti implicitamente da Euclide negli Elementi: ad esempio, Euclide non dice mai espressamente "esiste almeno un punto esterno alla retta", o "dati tre punti non allineati, esiste un solo piano che li contiene", eppure li utilizza implicitamente in molte dimostrazioni.
Prendendo spunto da Hilbert, e ispirandosi allo spirito di Euclide, il matematico "virtuale" Nicolas Bourbaki, frutto della collaborazione di alcuni dei migliori matematici attivi dal 1935 al 1975, compone la monumentale opera "Elementi di matematica", in 11 volumi e decine di migliaia di pagine, dando una trattazione assiomatica ai vari rami della matematica. Tuttavia, per il teorema di incompletezza di Gödel, nessuna assiomatizzazione della matematica che contenga almeno l'aritmetica può essere completa.

Altre opere

Euclide fu autore di altre opere:
i Dati, strettamente legati ai primi 6 libri degli Elementi
i Porismi, in 3 libri, giunti fino a noi grazie al riassunto che ne fece Pappo di Alessandria
i Luoghi superficiali, andato perduto
le Coniche, andato perduto
l'Ottica
la Catottrica
i Fenomeni, descrizione della sfera celeste
Sezione del Canone, trattato di musica
Introduzione armonica, trattato di musica
Da lui prendono il nome la geometria euclidea e gli spazi euclidei.

I "Teoremi di Euclide"

Solo nei 13 libri degli Elementi Euclide enuncia e dimostra ben 465 Proposizioni o Teoremi, senza contare i lemmi e i corollari. A questi vanno aggiunte le Proposizioni contenute in altre opere. I due teoremi che nei manuali scolastici di geometria vanno sotto il nome di primo e secondo teorema di Euclide, sono in realtà dei semplici corollari della Proposizione 8 del VI libro, che nel testo originale è così enunciata:
« Se in un triangolo rettangolo si conduce la perpendicolare dall’angolo retto alla base, i triangoli così formati saranno simili al dato, e simili tra loro. (Traduz. a cura di Maria Teresa Zapelloni nell’edizione di Federigo Enriques, Vol.II, 1930). »
Quelli che seguono sono invece i due enunciati chiamati "Teoremi di Euclide" nei manuali moderni.

« In un triangolo rettangolo ogni cateto è medio proporzionale tra la l'ipotenusa e la sua proiezione sull'ipotenusa »
Lo stesso teorema si può esprimere geometricamente come segue:
« In un triangolo rettangolo il quadrato costruito su un cateto è equivalente al rettangolo che ha per dimensioni la sua proiezione sull'ipotenusa e l'ipotenusa stessa »
La proporzione invece è i:c = c:p (con i=ipotenusa e c=cateto p=proiezione del cateto)

« In un triangolo rettangolo l'altezza relativa all'ipotenusa è medio proporzionale tra le proiezioni dei cateti sull'ipotenusa »
Il secondo teorema può anche essere espresso come:
« In ogni triangolo rettangolo il quadrato costruito sull'altezza relativa all'ipotenusa è equivalente al rettangolo avente i lati congruenti alle proiezioni dei cateti sull'ipotenusa »
I 5 postulati di Euclide

Tutta la geometria di Euclide si poggia su cinque postulati che il matematico Playfair (1795) espose nel seguente modo:
È sempre possibile tracciare una retta tra due punti qualunque;
È sempre possibile prolungare una linea retta;
È sempre possibile costruire una circonferenza di centro e raggio qualunque (ossia è sempre possibile determinare una distanza maggiore o minore);
Tutti gli angoli retti sono tra loro congruenti;
Data una retta ed un punto esterno ad essa esiste un'unica retta parallela passante per detto punto.
Il quinto postulato è conosciuto anche come postulato del parallelismo ed è quello che distingue la geometria euclidea dalle altre, dette non euclidee.
Negando il quinto postulato nella versione datane da Playfair possono ottenersi due diverse geometrie: quella ellittica (nella quale non esistono rette passanti per un punto esterno alla retta data ad essa parallele) e quella iperbolica (nella quale esistono almeno due rette passanti per un punto e parallele alla retta data). L'enunciato originale di Euclide (dato alla voce quinto postulato) era invece compatibile con la geometria ellittica.

Opere di Euclide e traduzioni

Acerbi Fabio (a cura di), Euclide, Tutte le opere. Testo greco a fronte, Bompiani, Milano 2007
Incardona, F. (1998), (a cura di), Euclide: Ottica. Immagini di una teoria della visione, Roma, Di Renzo Editore, Ristampa 2011.
Frajese A., Maccioni M. (a cura di), Euclide, Gli elementi, Utet, Torino, prima edizione 1976, ristampa 1996
Enriques Federigo (a cura di), Gli Elementi di Euclide e la critica antica e moderna, 3 Voll., Bologna, 1912-1935.

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