sabato

metanolo di vino





Lo scandalo del vino al metanolo, fu una truffa perpetrata mediante adulterazione di vino da tavola con il metanolo che si verificò in Italia nel 1986.

Fatti

Il fatto accadde il 17 marzo 1986 quando l'ingestione del prodotto adulterato causò l'avvelenamento e l'intossicazione di parecchie decine di persone, per la maggior parte risiedenti in Lombardia, Piemonte e Liguria cui provocò danni personali gravissimi (cecità, danni neurologici) ed in 23 casi la morte. Le vittime avevano bevuto vino proveniente e prodotto dalle cantine della ditta Ciravegna di Narzole in provincia di Cuneo, vino a cui i titolari, padre e figlio Ciravegna, avevano aggiunto dosi elevatissime di metanolo per alzare la gradazione alcolica, ignorandone la tossicità per l'organismo. D'altra parte il metanolo si ottiene in maniera naturale dalla fermentazione dell'uva, e quantità esigue di esso sono quindi considerate normali nella misura compresa tra 0,6 e 0,15 ml su 100 ml di alcol etilico complessivo, ma una dose eccessiva può rivelarsi letale, come nel caso occorso. Dalla metà di dicembre 1985 al marzo 1986 fu infatti impiegata una quantità di metanolo di circa 2 tonnellate e mezzo. Il metanolo era un elemento più a buon mercato dello zucchero in quanto, all'epoca, sgravato dall'imposta di fabbricazione. Il vino avvelenato prodotto dai Ciravegna venne imbottigliato e successivamente commercializzato dalla ditta Vincenzo Odore di Incisa Scapaccino in provincia di Asti. Nel Marzo 1986, dopo i primi tre decessi, dalla procura partirono comunicazioni giudiziarie per le ipotesi di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose, violazione dell'art. 22, comma 2, lett. d) del D.P.R. 12 febbraio 1965, n.162, e di lì a pochi giorni scattò l'arresto per i titolari Ciravegna. Tra tutte le persone coinvolte, Giovanni Ciravegna è stato infatti successivamente identificato come il principale responsabile, Già nel 1984 l'Ispettorato centrale repressione frodi (ICRF) di Treviso fece visita alla ditta contestando un uso improprio ed eccessivo di metanolo. A seguito del controllo e delle analisi condotte fu eseguito un sequestro preventivo e parti' contestualmente una denuncia della quale non si ebbe più traccia, tanto che i titolari continuarono a produrre vino indisturbati fino all'accadimento dell'evento drammatico.

Conseguenze, indagini e condanne

Il ricovero ospedaliero di una donna intossicata, salvatasi ma rimasta non vedente, permise nel 1986 di scoprire che numerose aziende vinicole vendevano del "vino" prodotto con miscele di liquidi e alcol metilico sintetico, un composto inodore usato per lacche e vernici. In tutto furono una sessantina le aziende coinvolte, secondo le indagini coordinate dalla Procura di Milano, che in capo a cinque settimane fece piena luce sullo scandalo. Questo ebbe pesanti ripercussioni anche sul mercato del vino italiano in generale: solo l'anno prima l'export italiano era cresciuto del 17% in quantità e del 20% in valore; il 1986 si chiuse con una contrazione del 37% degli ettolitri e la perdita di un quarto del valore incassato l'anno prima. A differenza di altri paesi usuali importatori di vino italiano, in Germania addirittura la fornitura italiana venne bloccata per settimane alla dogana, in quanto le autorità tedesche non si fidarono dei controlli messi in atto da parte dei laboratori italiani, e dunque affidarono a propri istituti d'analisi le verifiche a campione sugli stock, che peraltro corrisposero al 100% con i risultati dei controlli effettuati in Italia.
Le ditte ufficialmente inquisite a seguito dello scandalo furono: Ditta Odore Vincenzo di Incisa Scapaccino (Asti); Ditta Ciravegna Giovanni di Narzole (Cuneo); Ditta Fusco Antonio di Manduria (Taranto); Ditta Giovannini Aldo di Quincinetto (Torino); Ditta Baroncini Angelo di Solarolo (Ravenna); Industrie enologiche Bernardi Primo S.n.c. di Mezzano Inferiore (Parma); Ditta Piancastelli Roberto di Riolo Terme (Ravenna). Furono inoltre interessate dalle sofisticazioni tre province della Toscana, rispettivamente quella di Firenze, Pisa e Lucca. Nel 1992 si concluse il processo di primo grado, presso la prima sezione della Corte d'Assise di Milano, con condanne sino a 16 anni di reclusione. In particolare Giovanni e Daniele Ciravegna, i due principali imputati, sono stati condannati rispettivamente a 14 e 4 anni di carcere. Giovanni Ciravegna, dopo essere uscito dal carcere nel 2001 sfruttando alcuni cavilli legali, è tuttora produttore di vino in proprio e vive nella sua casa nelle Langhe. A seguito dell'inchiesta, altre bottiglie di vino al metanolo furono rintracciate inoltre presso le aziende vinicole di Veronella e Monteforte d'Alpone, in provincia di Verona, e Gambellara, in provincia di Vicenza. Il titolare dell'azienda di Veronella verrà successivamente arrestato.

La questione dei mancati risarcimenti alle vittime

In merito ai risarcimenti per le vittime del metanolo, attualmente l'associazione Vittime del metanolo si batte per veder riconosciuto il diritto a indennizzi per le famiglie colpite, che ad anni di distanza non sono ancora stati riconosciuti, anche se ci sono state interrogazioni parlamentari e diverse iniziative in merito. Gli imputati inoltre, ed in particolare i Ciravegna, che avrebbero dovuto pagare pesantissime sanzioni pecuniarie, si sono sempre dichiarati ufficialmente "nullatenenti", escamotage con il quale sono riusciti ad oggi ad evitare il pagamento di qualsiasi somma per i risarcimenti.

A vent'anni di distanza, nuovi scandali per sofisticazione dei vini

Lo scandalo del vino all'acido e la truffa del Brunello "taroccato"

A seguito dello scandalo del vino al metanolo ci fu una profonda sensibilizzazione nell'opinione pubblica e segno tangibile di questo rinnovato interesse per la sicurezza alimentare fu la nascita e la diffusione capillare su tutto il territorio italiano dei NAS (Nucleo anti-sofisticazione) dei Carabinieri a controllo e tutela della qualità dei prodotti, sequestri e alla contestazione del reato di sofisticazione alimentare.

Lo scandalo del Brunello e del Chianti adulterati

Clamore sta destando l'inchiesta in Toscana sulla presunta truffa del Brunello contraffatto che ha investito anche il Chianti DOCG e IGT, in cui risultano implicate 42 aziende attualmente indagate, e in particolare la magistratura ha apposto i sigilli alle ditte Antinori, Frescobaldi, Banfi, Argiano per consentire le indagini. Nella fattispecie, le Fiamme Gialle avrebbero scoperto diverse vasche in cui sarebbero stati compiuti veri e propri shake di vini, prima dell'imbottigliamento e poi spacciati come Brunello. In particolare si presume l’utilizzo di Cabernet, Merlot e Syrah per ammorbidire il Brunello. Inoltre secondo le indagini sarebbero state utilizzate uve e vitigni non permessi dal disciplinare di produzione. I primi sviluppi in merito all'inchiesta sul Brunello e sul Chianti sono emersi il 10 dicembre 2009, quando la Guardia di Finanza di Siena ha rilasciato un comunicato dove riferisce che a seguito dei minuziosi controlli effettuati "il GIP presso il Tribunale di Siena ha accolto le richieste di sequestro preventivo avanzate per le ipotesi di reato di associazione a delinquere e frode in commercio aggravata". In base al comunicato ufficiale le persone coinvolte sono dunque 17, tra cui enologi e imprenditori vinicoli e 42 le aziende vinicole interessate presso cui sono state eseguite altrettante perquisizioni e sequestri.

Il caso del vino all'acido: "Velenitaly"

Secondo alcuni media vi sarebbero stati, nel solo 2008, 70 milioni di ettolitri di vino a basso costo a rischio, venduto in tutta Italia . Si sono sollevate tuttavia feroci contestazioni e un coro di critiche verso gli articoli di denuncia da parte de L'Espresso, accusato di "lanciare il sasso e non fare i nomi", di "inventarsi" scandali ad hoc e di mandare in crisi senza motivo un intero settore. Il ministro Emma Bonino, in un'intervista del 7 aprile 2008, parlò addirittura di "autolesionismo", pur ammettendo la possibilità dell'esistenza di un rischio per i cittadini. Tuttavia, proprio sull'onda di questa denuncia, scattò nel 2008 l'operazione Vendemmia sicura, peraltro già partita nel dicembre 2007, che in prima istanza vide coinvolte circa 20 aziende di cui 8 solo al Nord. Le indagini verterono su situazioni che avrebbero messo potenzialmente a repentaglio la salute dei consumatori come verificarono gli stessi inquirenti, infatti dopo gli esami effettuati sul vino sequestrato negli stabilimenti di Veronella, le procure di Verona e Taranto contestarono il reato di adulterazione. Si sarebbe trattato più precisamente della presenza nel vino di sostanze quali l'acido cloridrico e l'acido solforico, e non sono escluse altre sostanze gravemente dannose per la salute. Nell'aprile del 2008, l'allora ministro per le Politiche agricole Paolo De Castro, in merito all'intera vicenda e alle inchieste delle procure di Taranto e Verona, parlo' di "capillari indagini del Corpo Forestale dello Stato e dell'Ispettorato Controllo Qualita'" e di "pochi malfattori, tra l'altro gia' noti alle forze dell'ordine per analoghe vicende pregresse (che) non fanno certo l'immagine di un intero settore". La vicenda è stata oggetto di un'interrogazione da parte della Commissione Europea e la stampa specializzata si è successivamente riferita allo scandalo indicandolo come Velenitaly, in quanto scoppiato poco prima che fosse inaugurato il Vinitaly. L'operazione "Vendemmia sicura" si concluse nel 2008, con un bilancio di 140.000 ettolitri di vino sofisticato, numerose ispezioni presso soggetti e cantine in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Umbria, Lazio e Puglia, circa 200 violazioni accertate di cui 111 penali, e 566 persone segnalate dai Carabinieri. Nel novembre 2008 è stato disposto il dissequestro per circa 8.600 ettolitri di vino sofisticati per aggiunta di zuccheri estranei, a seguito di una disposizione della Procura della Repubblica di Taranto.

Scandali internazionali del vino

Nel giugno 2009 si è avuta notizia di un simile scandalo a Bali, dove sono morte almeno 25 persone per circostanze del tutto analoghe. Nel dicembre 2010 in Cina sono state arrestate 6 persone accusate di aver adulterato il vino, inducendo le autorità locali a chiudere decine di aziende vinicole e a ritirare dal mercato centinaia di bottiglie, già presenti sugli scaffali dei diversi magazzini. La notizia è stata riportata dall'Agenzia di Stato e dalla televisione di stato cinese

fonte: Wikipedia

domenica

Levi Strauss



nato Löb Strauß, è stato un imprenditore tedesco naturalizzato statunitense, fondatore del noto marchio di abbigliamento Levi Strauss & Co.
Levi Strauss nacque in una famiglia di ebrei bavaresi (il padre era Hirsch Strauss e la madre Rebecca Haas). Partito dal porto di Bremerhaven, lasciò, come molti connazionali, la Germania per giungere negli Stati Uniti, sbarcando a New York. Qui i due fratelli maggiori, Jonas e Louis, avevano impiantato con successo un'industria di abbigliamento. Dopo avervi passato appena due giorni, si trasferì da un altro parente immigrato, lo zio Daniel Goldman, che teneva un ranch a Louisville in Kentucky. Vi passò altri cinque anni, durante il quale imparò la lingua, sperando di diventare un uomo d'affari indipendente, sebbene avrebbe dovuto succedere allo zio nella gestione del ranch. Nel 1847 anche la madre e due sorelle raggiunsero New York per aiutare i Jonas e Louis nella loro fiorente attività.
A partire dal 1850, Löb inglesizzò il proprio nome in Levi e nel 1853 divenne cittadino americano. Quindi si trasferì a San Francisco, in California, regione che attraversava un momento di forte sviluppo dovuto al fenomeno della corsa all'oro: sperava infatti di impiantarvi un'industria tessile che potesse sfruttare la richiesta di particolari tessuti utili al lavoro nelle miniere, ai carri dei pionieri (i conestoga) e alle vele delle imbarcazioni. Così, con il cognato David Stern, aprì l'ingrosso Levi Strauss & Co. Levi era tra l'altro solito fare il venditore ambulante per le miniere, trasportando la propria mercanzia su un carro e per i minatori inventò un nuovo tipo di indumento, oggi noto come salopette. Più tardi utilizzò allo scopo la tela detta serge de Nîmes, oggi nota con la sua contrazione denim.
Il 20 maggio 1873, il sarto Jacob Davis condivise con Strauss il brevetto del suo tessuto, rafforzato attorno alle tasche con rivetti di rame.
Levi morì nel 1902 e fu sepolto a Colma. Lasciò l'azienda ai quattro nipoti Jacob, Louis, Abrahm e Sigmund Stern.

fonte: Wikipedia

Howard Hughes




Howard Robard Hughes, Jr. è stato un imprenditore, regista, aviatore e produttore cinematografico statunitense.
È famoso per aver ideato, progettato e costruito, tra i suoi diversi aeroplani, l'Hughes H-4 Hercules, comunemente noto come Spruce Goose, e per il suo autodistruttivo ed eccentrico comportamento negli ultimi anni di vita. Tra i film più conosciuti da lui prodotti o diretti figurano Gli angeli dell'inferno (1930), di cui curò la regia e che dedicò interamente al mondo dell'aviazione, Lo sfregiato (1932), e Il mio corpo ti scalderà, (1943), un western che fece scalpore per il debutto della conturbante attrice Jane Russell.
Hughes fu una personalità complessa, contraddittoria ma - a detta di molti - estremamente geniale e dotata di grande iniziativa. Originario - forse - della cittadina texana di Humble (anche se ufficialmente risulta nato a Houston), soffrì in realtà a lungo di disturbi mentali (dovuti quasi certamente ad una forma di sifilide contratta in gioventù), con violente e frequenti crisi di ossessione compulsiva che lo costringevano ad autorecludersi nella propria abitazione.
A quello che veniva considerato fra gli anni trenta e gli anni quaranta l'uomo più ricco e potente degli Stati Uniti, sono state attribuite relazioni con diverse attrici, fra cui Katharine Hepburn, Bette Davis, Jean Harlow e Ava Gardner. Fu sposato dal 1957 al 1971 con l'attrice Jean Peters. Hughes ebbe diversi guai con l'establishment politico e industriale, probabilmente proprio a causa del proprio carattere eccentrico. Dal 1948 al 1955 ebbe il controllo dell'importante major cinematografica RKO Pictures, che dovette però poi cedere in virtù delle leggi antitrust.
Ugualmente, sorte non migliore ebbe la sua casa di produzione di aerei, la Hughes Aircraft, entrata prepotentemente in competizione sul mercato aeronautico USA e per la quale il produttore investì una grande fortuna. Né la compagnia aerea TWA. Si vide spesso preclusa la corsa all'Oscar - evidentemente a causa dei dissapori con diversi membri della MPAA (Motion Picture Association of America) - e trascorse gli ultimi anni di vita in giro per il mondo, con frequenti soste in cliniche di lusso. Morì durante un volo di trasferimento dal Messico verso l'ospedale metodista di Houston, dove si sarebbe dovuto sottoporre a un nuovo ricovero.
Vita, opere, passione e (geniale) follia di Howard Hughes sono state spesso rievocate per il cinema e per la televisione (ma anche il mondo dei fumetti si è occupato di lui). In tempi recenti la figura del produttore-aviatore è stata raccontata - con enfatico ardore ma anche, a detta dei critici, con sufficiente aderenza alla realtà - nel film The Aviator del 2004, diretto da Martin Scorsese ed interpretato da Leonardo DiCaprio, premiato con tre Golden Globe e cinque Oscar. È stato anche protagonista indiretto del film L'imbroglio - The Hoax, girato da Lasse Hallström nel 2006, in cui un giornalista, interpretato da Richard Gere, inventa un libro-intervista proprio su Hughes. Prima di lui fu Orson Welles nel film F for Fake del 1975 a raccontare le immaginarie vicende di un falsario sedicente biografo del magnate texano

fonte: Wikipedia