martedì

Prometeo





in greco antico Προμηθεύς, Promethéus, "colui che riflette prima", è una figura della mitologia greca, titano, figlio di Giapeto e di Climene. A questo eroe amico del genere umano sono legati alcuni antichissimi miti che ebbero fortuna e diffusione in Grecia. Egli è anche "cugino" di Zeus, essendo anche quest'ultimo figlio di un titano, Crono. Le tradizioni differiscono talvolta sul nome della madre. Viene citata Asia, figlia di Oceano o Climene, anch'ella un' Oceanina. Una leggenda più antica lo rendeva figlio di un Gigante, chiamato Eurimedonte, il quale lo aveva generato violentando Era, il che spiegherebbe l'avversione di Zeus verso Prometeo. Prometeo ha vari fratelli: Epimeteo, che è, in contrasto con lui, il "maldestro" per eccellenza, Atlante, Menezio. Prometeo si sposò a sua volta. Il nome di sua moglie varia egualmente secondo gli autori: il più delle volte è Celeno, o anche Climene. I suoi figli sono Deucalione, Lico e Chimereo, ai quali si aggiungono talvolta Etneo, Elleno e Tebe.

La sua azione, posta ai primordi dell'umanità, si esplicava in antitesi a Zeus, dando origine alla condizione esistenziale umana.

Prometeo figlio di Era aveva 5 coppie di gemelli che giurarono fedeltà su un toro sacrificato. All'inizio i fratelli erano virtuosi e saggi, ma si lasciarono prendere dall'avidità e allora gli dei mandarono una tempesta che distrusse il loro paese.

Atlante e Menezio, sopravvissero al diluvio, si unirono a Crono e ad altri Titani per combattere gli dei. Zeus, però, uccise Menezio con un fulmine e condannò Atlante a portare il Cielo sulle spalle per sempre.

Prometeo pur appartenendo ai ribelli Titani si schierò dalla parte di Zeus, dicendo di fare altrettanto al fratello Epimeteo; inoltre partecipò alla lotta solo quando oramai volgeva al termine. Come premio aveva ricevuto di poter accedere liberamente all’Olimpo. Infatti fu presente alla nascita di Atena dalla testa di Zeus, che fu molto gentile e buona con lui, insegnandogli le arti utilissime dell'architettura, dell'astronomia, della matematica, della medicina, della metallurgia, della navigazione.

Zeus, per la stima che riponeva in Prometeo, gli diede l'incarico di forgiare l'uomo che modellò dal fango e che animò con il fuoco divino.

Dell'amicizia che provava per gli uomini il titano diede testimonianza fin dalla prima volta che se ne dovette occupare: quando ricevette da Atena e dagli altri dei un numero limitato di "buone qualità", suo fratello Epimeteo («colui che riflette dopo»), senza pensarci tanto, cominciò a distribuirle agli animali. Prometeo rimediò subito rubando ad Atena uno scrigno in cui erano riposte l'intelligenza e la memoria e le donò agli umani.

Zeus in quel momento non era favorevole agli umani, anzi aveva deciso di distruggerlo: non approvava la gentilezza di Prometeo per le sue creature e considerava i doni del titano troppo pericolosi, perché gli uomini in questo modo sarebbero diventati sempre più potenti e capaci.

A quell'epoca, gli uomini erano ammessi alla presenza degli dei, con i quali trascorrevano momenti conviviali di grande allegria e serenità. Durante una di queste riunioni tenuta a Mekone (o Mecone), fu portato un enorme bue, del quale metà doveva spettare a Zeus e metà agli uomini. Il signore degli dei affidò l'incarico della spartizione a Prometeo che approfittò dell'occasione per vendicarsi del re degli dei.

Difatti ammazzò l'animale, lo tagliò a pezzi e ne fece due parti. Agli uomini riservò i pezzi di carne migliori, nascondendoli però sotto la disgustosa pelle del ventre del toro. Agli dei riservò le ossa che mise in un lucido strato di grasso. Fatte le porzioni, invitò Zeus a scegliere la sua parte, il resto andava agli uomini.

Zeus accettò l'invito e prese la parte grassa, ma vedendo le ossa abilmente nascoste, si arrabbiò lanciando una maledizione sugli uomini. Fu da allora che gli uomini sacrificando agli dei lasciarono a essi le parti immangiabili delle bestie sacrificate, consumandone la carne; ma i mangiatori di carne diverranno per questo mortali mentre gli dei rimarranno immortali. Lo sfrontato raggiro doveva essere punito e Zeus, senza colpire Prometeo, tolse il fuoco agli uomini e lo nascose.

La punizione di Prometeo e degli uomini

Prometeo si recò da Atena affinché lo facesse entrare di notte nell'Olimpo e appena giunto, accese una torcia dal carro di Elio e si dileguò senza che nessuno lo vedesse. Secondo altre leggende, egli ritrovò la torcia nella Fucina di Efesto, ne rubò qualche favilla e, incurante delle conseguenze, la riportò agli uomini. Venutolo a sapere, Zeus promise di fargliela pagare. Così ordinò ad Efesto di costruire una donna bellissima, di nome Pandora, la prima del genere umano, alla quale gli dei del vento infusero lo spirito vitale e tutte le dee dell'Olimpo la dotarono di doni meravigliosi.

Si racconta che Zeus la inviò da Epimeteo affinché punisse la razza umana, alla quale Prometeo aveva dato il fuoco divino. Epimeteo, avvertito dal fratello di non accettare regali da Zeus, la rifiutò; cosicché Zeus, più indignato che mai per l'affronto subìto prima dall'uno poi dall'altro fratello, decise di punire ferocemente il Titano e tutti gli uomini che egli difendeva. Il padre degli dei fece incatenare Prometeo, nudo, con lacci d'acciaio nella zona più alta e più esposta alle intemperie del Caucaso e gli venne conficcata una colonna nel corpo. Inviò poi un'aquila perché gli squarciasse il petto e gli dilaniasse il fegato, che gli ricresceva durante la notte, giurando di non staccare mai Prometeo dalla roccia.

Epimeteo, dispiaciuto per la sorte del fratello, si rassegnò a sposare Pandora, ma essa si rivelò tanto bella quanto stupida, perché sventatamente e per pura curiosità aprì un vaso che Epimeteo teneva gelosamente custodito, nel quale Prometeo aveva chiuso tutti i mali che potessero tormentare l'uomo: la fatica, la malattia, la vecchiaia, la pazzia, la passione e la morte. Essi uscirono e immediatamente si sparsero tra gli uomini; solo la speranza, rimasta nel vaso tardivamente richiuso, da quel giorno sostenne gli uomini anche nei momenti di maggior scoraggiamento.

La liberazione e l'immortalità del Titano

Come narrato nella tragedia perduta di Eschilo Prometeo liberato, dopo tremila anni, Eracle passò dalla regione del Caucaso, trafisse con una freccia l'aquila che lo tormentava e liberò Prometeo, spezzando le catene.

Secondo il racconto contenuto nella Biblioteca dello Pseudo-Apollodoro, durante un incontro tra Chirone ed Eracle, alcuni centauri attaccarono l'eroe. Questi per difendersi usò le frecce bagnate con il veleno dell'Idra, da cui non si poteva guarire. Chirone venne inavvertitamente graffiato da una delle frecce. Non potendo morire perché immortale, cominciò per lui una sofferenza atroce. Zeus quindi accettò la vita di Chirone che poté finalmente morire in cambio dell'immortalità di Prometeo.

Culto e devozioni

Prometeo ruba il fuoco, 1817, nell'interpretazione di Heinrich Friedrich FügerL'eroe benefattore dell'umanità godette di un culto molto diffuso ad Atene, tanto che la città gli dedicò delle feste pubbliche, dette «Prometheia», nelle quali si percorrevano le strade correndo con fiaccole accese per celebrare il più grande dono che Prometeo aveva fatto all'umanità: il fuoco.

Iconografia

Nelle opere artistiche, il Titano è generalmente raffigurato nudo e legato ad una roccia, mentre un'aquila gli divora il fegato. Nella scena si può scorgere una fiaccola accesa, simbolo della sua colpa e della sua punizione. Meno frequentemente l'eroe è ritratto davanti a una statua dalle fattezze umane, che talvolta poggia su di un piedistallo. In un'altra versione iconografica l'eroe, dopo aver rubato il fuoco, avvicina una torcia accesa alla statua per darle la vita. La commistione dei due episodi, in realtà indipendenti tra loro, è stata letta in chiave allegorica: la figura della statua rappresenta l'uomo toccato dalla grazia divina.

fonte: Wikipedia

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