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la gloria di Giovanna d'Arco e l'infamia dei carnefici


Nel 1420 la Francia era in preda ad intestine discordie, a guerre sanguinose che recavano nel suo seno gli stranieri. Epoca nella quale Giovanna d'Arco, ispirata e calda di sacro cristiano entusiasmo, si affacciava alla vita. Il 21 maggio dello stesso anno fu stipulato il trattato di Troyes con il quale Carlo VI di Francia piegava la schiena in favore di Enrico V re d'Inghilterra. 
L'accordo tra le parti stabiliva che la corona di Francia passasse a Enrico V e ai suoi eredi in perpetuo dominio. Il trattato di Troyes, sebbene mettesse fine a molte miserie di Francia, imponeva l'onta della schiavitù verso lo straniero ed era esecrato dalla maggior parte dei francesi. A Troyes fu previsto l'immediato matrimonio tra il re d'Inghilterra e la figlia del re di Francia, Caterina di Valois, oltre all'obbligo da parte dei reggenti francesi di ripudiare il figlio, Carlo VII il cosiddetto delfino. Enrico V manteneva il possesso delle terre di Normandia e fu nominato reggente assieme al duca di Borgogna. Gli Armagnacchi, partito che combatteva i Borgognoni, che rifuggivano lo straniero decisero di non aderire al trattato. Le schermaglie tra i due partiti di Francia si trasformarono in guerra. La fortuna sorrideva però a Enrico V, il quale andava consolidando il suo impero in Francia aumentando i sostenitori e le città sotto la sua corona. Nel 1422 spirò miseramente a Vincennes colpito da forte dissenteria. Lasciò le due corone al figlio, che allora contava otto mesi. Poche settimane dopo morì anche Carlo VI. La situazione in Francia era molto particolare poiché si avevano due Re: Carlo VII, il delfino diseredato che occupava il centro e il sud del regno, ed Enrico VI, che assieme agli alleati borgognoni occupava il nord e l'est di Francia.


Nel 1410 era nata a Domremy da umili genitori una fanciulla che, non sappiamo quando consapevolmente, cercherà di cambiare il corso della storia. Durante l'infanzia guidava per i campi le greggi, vivendo nell'innocenza della campagna e vedendo con affanno le miserie di Francia. Nella sua estrema semplicità credette improvvisamente d'aver udito la voce degli angeli. Estremamente devota prestò fede a quelle parole udite senza preavviso, decidendo di confidarsi con un parroco. L'uomo di chiesa decise di mantenere una posizione neutrale, non incoraggiandola ma nemmeno denigrandola. La giovane, insoddisfatta del comportamento del parroco, decise di rivolgersi direttamente al governatore della contea della Champagne, una delle poche terre rimaste fedeli al delfino di Francia. L'ardore dimostrato spaventò l'alto funzionario che credette la giovane di Domremy una pazza e financo un'invasata dal demonio. Per nulla demoralizzata da quell'insuccesso, Giovanna si recò due volte presso il capitano di Vaucouleurs e questi, forse spinto dal consenso che Giovanna sapeva raccogliere tanto tra il popolo quanto tra i suoi uomini, mutò parere sul suo conto, sino a convincersi (non prima di averla sottoposta ad una sorta di esorcismo da parte di un curato del luogo, Jean Fournier) della sua buona fede e ad affidarle una scorta che l'accompagnasse al cospetto del sovrano, come la ragazza chiedeva. Il re avvisato dell'arrivo della giovinetta, chiamata Giovanna d'Arco, si confuse tra la folla dei cortigiani ma la ragazza appena ammessa all'udienza, senza aver mai visto il delfino, lo riconobbe e lo distinse inginocchiandosi al suo cospetto. Carlo e i suoi cortigiani, sorpresi profondamente da questo comportamento, credettero che fosse un'inviata da Dio per salvare il trono di Francia, o forse non avendo più nulla su cui sperare decisero d'affidarsi ad una ragazza che udiva le voci degli angeli. Non mancarono a corte, o quello che rimaneva, vecchie matrone, eccitate da frati e preti, che insinuarono il dubbio che Giovanna fosse una fattucchiera e come tale avesse stretto un patto con il demonio. La ragazza dovette provare la sua fede sincera e fu costretta a prove umilianti, nelle quali la sua innocenza fu gravemente offesa. Ma Giovanna non ricusò nessuna prova, e da tutte ne uscì vittoriosa e costrinse nel silenzio le voci delle detrattrici, ma non quelle che udiva nella sua mente. Ricevette dal Re lo stendardo e brandita la spada, nella mano destra, si pose alla testa delle scarse ed avvilite truppe francesi incamminandosi verso la Loira per liberare Orleans dall'assedio inglese. Il suo entusiasmo si trasferì come una scossa elettrica alle sue schiere, trasformando ogni soldato in un leone. Orleans fu liberata.


Il conte di Dunois, comandante dei difensori d'Orleans, uscì con le sue truppe per unirsi a Giovanna, che rinfrancata nello spirito e nel corpo riuscì a liberare altre terre nelle vicinanze della stessa città. I trionfi trovarono grande coronamento nella famosa vittoria riportata a Patay, dove non solo sconfisse l'esercito invasore ma riuscì a fare prigioniero il conte di Talbot, generale delle schiere nemiche. Il coraggio tornò a ravvivare i francesi e la corte di Carlo VII si allietò quando Giovanna arrivò a deporre gli allori mietuti ai piedi del sovrano, incitandolo a seguirla a Reims, luogo ove sarebbe stato incoronato Re di Francia.
Il solo nome di Giovanna metteva ora paura agli inglesi, che precipitosamente si ritirarono sgombrando le città che occupavano, così Auxerre, Troyes, Chalon e Reims, che prima parteggiavano per i borgognoni, aprirono volontariamente le porte a Giovanna che precedeva l'arrivo di Carlo VII. Il 17 luglio 1429, dopo aver trascorso la notte in veglia di preghiera, il Delfino fece il suo ingresso nella cattedrale, tra la folla festante, insieme agli "ostaggi" della Santa Ampolla, quattro cavalieri incaricati di scortare la reliquia che dai tempi di Clodoveo era utilizzata per consacrare e incoronare il Re di Francia; pronunciò i giuramenti prescritti dinanzi all'officiante, l'arcivescovo Regnault de Chartres. Il ritornato Re di Francia fece coniare una medaglia per celebrare la sua consacrazione con la leggenda consilio firmata Dei.


Carlo VII iniziò a pensare che si fosse dischiusa la strada verso la capitale del regno, Parigi. Malgrado Giovanna d'Arco avesse mantenuto fede alle due promesse fatte al Re, di liberare Orleans dall'assedio inglese e di far consacrare lo stesso a Reims, e potesse tornare gloriosa nella sua piccola Domremy, si fece persuadere d'assediare Parigi.
L'operazione bellica non riuscì e Giovanna ferita, mentre tentava di scalare le mura, dovette desistere divenendo oggetto di scherno e sarcasmo di molte persone che a corte erano suoi nemici.
Il re e il conte di Dunois riuscirono a rinfrancarla e a persuaderla di dirigersi verso Compiègne, assediata dagli inglesi. I soldati francesi, visto il gran numero di soldati avversari, decisero d'abbandonare il terreno della battaglia lasciando Giovanna isolata ed alla mercé degli assedianti. Catturata viva fu consegnata a Giovanni di Lussemburgo. Il duca, in onta alla sua dignità, fece turpe mercato della giovinetta vendendola gli inglesi. Giovanna fu consegnata il 21 novembre 1430 a Crotoy, in qualità di prigioniera di guerra, e trasferita, tra novembre e dicembre, numerose volte in diverse piazzeforti, forse per timore di un colpo di mano dei francesi teso a liberarla. Il 23 dicembre dello stesso anno, sei mesi dopo la sua cattura dinanzi alle mura di Compiègne, Giovanna giunse infine a Rouen dove il duca di Belfort l'accusò d'eresia e di stregoneria.
Il processo iniziò con l'accusa di stregoneria per trasformarsi inseguendo l'accusa d'eresia.
La prima udienza si tenne pubblicamente il 21 febbraio 1431 nella cappella del Castello di Rouen. La carcerazione non aveva fiaccato lo spirito di Giovanna; sin dal principio delle udienze, richiesta di giurare su qualsiasi domanda, ella pretese, e ottenne, di limitare il proprio impegno a quanto concernesse la fede. Inoltre, alla domanda di Cauchon, vescovo francese fervente sostenitore degli interessi inglesi, di recitare il Padre Nostro rispose che lo avrebbe certamente fatto ma solo in confessione, modo sottile per ricordargli la sua veste di ecclesiastico.


Tra enormi patimenti, malattie ed impedimenti burocratici, finalmente fu pronunciata la sentenza con la quale fu condannata al rogo come eretica e fu abbandonata al braccio secolare il 16 maggio del 1431.
Quasi fosse poca cosa il supplizio del rogo, le autorità vollero esacerbare la situazione ponendo Giovanna in una gabbia ed esponendola agli insulti della plebaglia, accorsa numerosa per udire il crepitar del fuoco.
Dolorosamente periva la salvatrice della Francia, senza che il suo re nulla operasse per liberarla o scamparla all'immeritata fine.
Nel 1456 papa Callisto III, al termine di una seconda inchiesta, dichiarerà nullo il processo.
Nel 1909, sotto il pontificato di Pio X, sarà beatificata.
Nel 1920, sotto Benedetto XV, Giovanna sarà canonizzata e proclamata patrona di Francia.
Nel martirologio romano si legge che “a Rouen in Normandia santa Giovanna d'Arco, vergine, detta la pulzella d'Orleans, che, dopo aver combattuto coraggiosamente in difesa della patria, fu infine consegnata nelle mani dei nemici, condannata con iniquo processo e bruciata sul rogo”.
Quali sono i presunti miracoli che hanno condotto la ragazza che sentiva le voci degli angeli alla santità?
Per la beatificazione, furono riconosciute le guarigioni di due suore da ulcere incurabili e di una suora da una osteo-periostite cronica tubercolare. Per la canonizzazione furono riconosciute la guarigione istantanea e perfetta di altre due donne, una affetta da una malattia perforante la pianta del piede e l'altra da tubercolosi peritoneale e polmonare e da lesione organica dell'orifizio mitralico.
Da qualunque angolazione leggiamo la storia, resterà per sempre immortale la gloria di Giovanna e l'infamia dei suoi carnefici.


Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/

Bibliografia
P. Tamburini, Storia generale dell'inquisizione, Milano, Bastogi, 1862
L. Verona, M. P. Verona,Il processo di condanna di Jeanne La Pucelle. Dal manuscrit d'Orléans, Milano, Arcipelago Edizioni, 1992
T. Cremisi (a cura di), Il processo di condanna di Giovanna d'Arco, Milano, SE, 2000
G. Bogliolo, Giovanna d'Arco, Milano, RCS Libri, 2000
R. Garnier, Dunois le bâtard d'Orléans, Parigi, Éditions F. Lanore, 1999



FABIO CASALINI 

Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale, che si avvia a diventare un vero e proprio modello di diffusione della tradizione popolare, dell’arte meno conosciuta, dei misteri e delle leggende conosciuti o meno, in un felice connubio con le moderne tecnologie. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.

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