giovedì

l'avvelenatrice dell'antica Roma


Agli inizi del primo secolo una bambina vide la luce a stretto contatto con i sacerdoti dell'antica religione celtica. I druidi, tra i Celti della Gallia e delle isole Britanniche, si occupavano dei riti di culto comprendenti l'interpretazione degli auspici, la conservazione e la trasmissione del sapere tradizionale, l'amministrazione della giustizia civile e, ove richiesto, il sacrificio umano. L'influenza della casta sacerdotale non si limitava alla sfera religiosa, ma si allargava a tutti gli ambiti della vita sociale e culturale della tribù: i druidi erano maestri, giudici e consiglieri del re. In questo ambiente la bimba, che sarà conosciuta come Lucusta, crebbe forte, decisa e sapiente. Le nebbie del tempo avvolgono la conoscenza della sua infanzia. La ritroviamo adolescente a Roma, come schiava. 


L'Urbe era terra di complotti, corruzione, vizio e lussuria. Lucusta si ambientò bene e grazie alla conoscenza della farmacologia riuscì ad aprire un emporio sul Palatino. All'interno della bottega vendeva pozioni e veleni. In brevissimo tempo divenne un punto di riferimento per patrizi, matrone e senatori che necessitavano della sua arte per risolvere piccoli, o grandi, problemi quotidiani. La sua fama giunse all'orecchio di Agrippina Minore, Agrippina minor per distinguerla dalla madre Agrippina maggiore, moglie dell'imperatore Claudio, suo zio. Claudio adottò il figlio, di nome Nerone, che Agrippina ebbe dal precedente matrimonio con Gneo Domizio Enobarbo. L'imperatore Claudio morì improvvisamente dopo aver mangiato un piatto di funghi letali della specie Amanita phalloides, probabilmente procurati da Lucusta, il 13 ottobre del 54, mentre venivano celebrate le Fontinalia, festività in onore del dio Fons. L'imperatrice nascose il più possibile la notizia della morte ai figli naturali, trattenendoli nelle stanze del palazzo. Nel frattempo Nerone scese tra la folla annunciando la triste notizia e, grazie ad un discorso estremamente convincente, fu acclamato imperatore. La motivazione del gesto di Agrippina minor potrebbe trovare un fondamento nell'idea che la donna volesse vedere il proprio figlio, Nerone, sul trono di Roma mentre era ancora abbastanza giovane da dover seguire i consigli materni. 


Dopo la morte di Claudio fu promulgato un editto che bandiva astrologi, streghe e maghi dall'Italia, pena l'arresto. L'avvelenatrice, o colei che procurò lo strumento di morte, Lucusta fu accusata e condannata a morte per l'omicidio di Claudio. Nerone, venuto a conoscenza dell'imminente esecuzione capitale, mandò un tribuno del pretorio a salvare la donna. In cambio di ciò le fu ordinato di avvelenare Britannico, figlio naturale di Claudio e aspirante al trono. Nerone offrì a Lucusta la totale impunità da quel momento sino alla morte. Britannico, che ancora non aveva compiuto 14 anni, aveva denunciato pubblicamente l'illegittimità della successione di Nerone. La donna faticò per trovare la soluzione alle richieste. Il primo tentativo di avvelenamento del ragazzo si concluse con una scarica di diarrea. Quando Nerone fu informato del fatto si scagliò violentemente contro Lucusta, minacciandola di morte. L'avvelenatrice riprovò, utilizzando una capra per l'esperimento. Il povero animale morì nell'arco delle cinque ore successive. Nerone riteneva pericoloso quel lungo trascorrere del tempo. La donna decise per una soluzione diversa. La testò con un maiale, che spirò poco dopo. Giunse il momento di Britannico. Il ragazzo presenziava ad un banchetto e, poiché un servo assaggiava i suoi cibi e le sue bevande, per non alterare la consuetudine e non far trasparire il delitto con la morte di entrambi, la donna ricorse al seguente trucco: servirono a Britannico una bevanda ancora innocua ma calda, che subì l'assaggio del servo preposto a tale compito. Il ragazzo rifiutò la bevanda perché troppo calda. I congiurati versarono il veleno insieme all'acqua fredda. Britannico perse i sensi, si accasciò. I commensali si agitarono e, restando immobili, fissarono Nerone. L'imperatore, senza scomporsi, disse che si trattava del solito attacco di epilessia, di cui il ragazzo soffriva sin da bimbo, e che poi sarebbero ritornati la vista e gli altri sensi. Britannico morì rapidamente. Furono celebrati funerali senza onori e la salma fu sepolta in Campo Marzio. Nerone realizzò l'omicidio tenendo all'oscuro la madre. 


Lucusta fu ricoperta di onori. L'imperatore le permise di aprire una scuola dove poter insegnare i segreti dell'antica arte alle ragazze. L'assassina continuò la sua opera omicida senza incontrare ostacoli, divenendo l'avvelenatrice di corte. Fu chiamata ancora una volta da Nerone nel 68 quando scoppiò l'ultima rivolta contro di lui. La donna fornì del veleno all'imperatore affinché lo usasse per suicidarsi. La storia racconta che si pugnalò alla gola con l'aiuto del segretario Epafrodito. Prima di morire, secondo Svetonio, pronunciò la frase “quale artista muore con me”. Con la fine del suo protettore giunse, inevitabile, anche la caduta e l'oblio per Lucusta. Alcuni mesi dopo il suicidio, scenografico, di Nerone, Lucusta fu condannata a morte dall'imperatore Galba. La donna morì il 9 gennaio del 69 durante gli Agonalia dedicati a Giano. La morte cancellò il vero nome della donna, creando la leggenda di Lucusta. La morte, come la vita, è avvolta dalle nebbie della memoria. Secondo Apuleio di lei si diede un pubblico e ferocissimo spettacolo. La donna fu condotta in catene per tutta Roma e giustiziata. Non si conosce con quale metodo fu eseguita la condanna a morte. Una leggenda vuole che sia stata violentata da una giraffa ed in seguito fatta a pezzi da diversi animali feroci. Tale ipotesi appare altamente improbabile. Una seconda narrazione vuole che sia stata semplicemente strangolata e il cadavere incenerito dalle fiamme di un rogo. Comunque sia andata, Lucusta rappresentò una figura importante nei complotti e negli omicidi della Roma Antica.
Non è semplice trovare riferimenti a Lucusta nella storia. 
Una delle prime citazioni in letteratura è rintracciabile nelle Satire di Giovenale: “alle sue parenti inesperte insegna, meglio di Lucusta, come seppellire le spoglie grigie dei mariti tra le chiacchiere della gente”. Una seconda citazione, molto vicina ai tempi che viviamo, è rinvenibile ne Il conte di Montecristo, capolavoro di Alexandre Dumas. L'autore cita Lucusta come “una di quegli orribili e misteriosi fenomeno che ciascun secolo produce”. 
Cosa rimane di Lucusta?
La certezza che fu la prima assassina seriale documentata dalla storia.

Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/

Bibliografia
Alexandre Dumas, Il conte di Montecristo

Carlo Lucarelli, Massimo Picozzi, Serial killer. Storie di ossessione omicida, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2003

Cassio Dione Cocceiano, Storia romana

Decimo Giunio Giovenale, Satire

Dirk C. Gibson, Legends, Monsters, Or Serial Murderers?, Westport (Connecticut), Preager, 2012
Gaio Svetonio Tranquillo, Vite dei Cesari.

Michael Newton, The Encyclopedia of Serial Killers, New York, Infobase Publishing, 2006

Publio Cornelio Tacito, Annales.

Sara Waller, Serial Killers, Hoboken (New Jersey), John Wiley & Sons, 2010

Vincenzo Maria Mastronardi, Ruben De Luca, I serial killer, Roma, Newton Compton Editori, 2005

FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.

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