mercoledì

Ratko Mladic


« Le frontiere sono sempre state tracciate col sangue e le nazioni sono sempre state delimitate dalle tombe. »

(Ratko Mladić)

in serbo Ратко Младић; è un militare serbo.
È stato generale nell'Armata Popolare di Jugoslavia durante le guerre che portarono alla disgregazione della Jugoslavia, comandante delle forze armate in Croazia e, durante la guerra in Bosnia, capo di stato maggiore dell'Esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina.
Durante le Guerre nella ex-Jugoslavia è stato il braccio esecutivo dei dirigenti politici serbi: accusato di genocidio, crimini contro l'umanità, violazione delle leggi di guerra durante l'assedio di Sarajevo e per il massacro di Srebrenica dal Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia, è stato arrestato il 26 maggio 2011 dopo 16 anni di latitanza.

Primi anni

Ratko Mladić è nato il 12 marzo 1943 a Božinovići, villaggio del comune di Kalinovik a sud di Sarajevo, in piena guerra civile. In quegli anni il Regno di Jugoslavia era stato conquistato dai nazisti e trasformato nello Stato Indipendente di Croazia, governato dagli Ustascia che combattevano contro i Cetnici e i partigiani comunisti. Nel 1945 il padre di Mladić venne ucciso dagli Ustascia: la tragica scomparsa porterà Mladić a odiare croati e musulmani.

Prima carriera militare

Nel 1961, aiutato dal fatto di essere orfano, entrò alla Scuola militare di Zemun, successivamente nell'Accademia Militare KOV e alla Scuola ufficiali, diplomandosi con il massimo dei voti. Nel 1965 ottenne a Skopje il primo incarico, trovandosi a comandare un'unità composta da militari tutti più grandi di lui. Cominciando la sua scalata militare come sottotenente, si dimostrò un militare capace, arrivando a guidare prima un plotone, poi un battaglione e infine una brigata. Nel 1989 venne promosso alla testa del Dipartimento Educazione del Terzo Distretto Militare di Skopje.

Durante le guerre jugoslave

Nel 1991 si trovava in Kosovo a comando del "Corpo Pristina", che aveva il compito di controllare la frontiera con l'Albania. Dopo lo scoppio della Guerra in Croazia ottenne il grado di colonnello e gli venne conferito il comando del IX Corpo dell'Armata Popolare di Jugoslavia: successivamente fu inviato a Tenin, in Dalmazia, per guidare le forze contro i secessionisti croati. Il 4 novembre 1991 fu promosso a maggior generale. In questo periodo le forze sotto il suo comando partecipano alla guerra in Croazia e sostennero le formazioni paramilitari serbo-bosniache, tra cui la Polizia di Milan Martic.
Il 24 aprile 1992 Mladić fu promosso a tenente colonnello generale. Il 2 maggio dello stesso anno, un mese dopo la dichiarazione di indipendenza della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina, Mladić e i suoi ufficiali bloccarono la città di Sarajevo, sparando sul traffico che entrava e usciva dalla capitale bosniaca e tagliando le forniture di acqua e di elettricità. Iniziava così l'Assedio di Sarajevo, considerato il più grande assedio della storia moderna.
Nei quattro anni che seguirono, la città fu sottoposta a brutali bombardamenti e la popolazione dovette subire i numerosi attacchi dei cecchini. Il 9 maggio 1992 Mladić divenne vice-comandante del Distretto Militare dell'JNA con sede a Sarajevo e, appena il giorno dopo, assunse il titolo di comandante del Distretto.
Il 12 maggio 1992 il Parlamento serbo-bosniaco, per rispondere alla secessione proclamata della Bosnia, istituì l'Esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina; Mladić fu promosso Capo di Stato Maggiore dell'esercito, posizione che mantenne fino al 1996. Il 24 giugno 1994 fu promosso al rango di Colonnello generale con 80.000 uomini sotto il suo comando.
Nei tre anni di guerra che seguirono, le truppe di Mladić commisero diversi massacri contro i civili, stuprando migliaia di donne musulmane (stupro etnico) e istituendo campi di concentramento. La stagione di violenze culminò col Massacro di Srebrenica, compiuto insieme alle forze paramilitari comandate da Arkan (le "Tigri di Arkan"), e riconosciuto come genocidio dal Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia.
Il 4 agosto 1995, in seguito ad un massiccio attacco dei croati contro la Repubblica Serba di Krajina, Radovan Karadžić decise di destituire Mladić dal comando dell'esercito e di assumerne lui stesso il comando. Karadžić motivò la decisione con la perdita di due zone chiave nell'ovest della Bosnia, accusando il soldato per queste perdite. Mladić si rifiutò di lasciare il comando e il grande sostegno popolare di cui godeva costrinse Karadžić a ritornare sulla sua decisione l'11 agosto.
Mladić lasciò il comando dell'esercito a guerra finita, l'8 novembre 1996 su decisione del presidente della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina Biljana Plavšić.

Famiglia

Ratko Mladić è sposato con Bosa Mladić, dalla quale ha avuto due figli: Darko e Ana.
Ana venne ritrovata morta il 24 marzo 1994 a Belgrado, forse per suicidio. Alcuni dicono che si è suicidata per ciò che il padre stava commettendo in Bosnia, altri perché il fidanzato era morto in guerra per indiretta responsabilità di Mladić che lo aveva spedito al fronte. Il fatto fu un duro shock per Mladic.
Darko ha una figlia nata nel 2001 e un figlio nato nel 2006.

Accusa, latitanza e arresto

Il 24 luglio 1995 Ratko Mladić è stato accusato dal Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia, insieme a Radovan Karadžić, di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Il 16 novembre dello stesso anno a queste accuse si aggiunse quella di aver attaccato la zona di sicurezza vicino a Srebrenica.
Il primo atto d'accusa ufficiale Ufficio del Procuratore ICTY contro Ratko Mladić e Radovan Karadžić, confermato il 25 luglio 1995, accusava formalmente i due imputati di essere presumibilmente colpevoli di genocidio e crimini contro la popolazione civile sul territorio della Bosnia Erzegovina (caso numero IT-95-5). Un secondo atto accusatorio fu confermato il 16 novembre 1995 per gli eventi accaduti a Srebrenica nel luglio dello stesso anno (caso numero IT-95-18). I due atti d'accusa vennero riuniti nel luglio 1996 in un unico atto d'accusa (caso numero IT-95-5/18). Il 15 ottobre 2009, i casi Mladić e Karadžić furono scissi (Mladić caso numero IT-09-92). L'articolo 21 dello Statuto del Tribunale Internazionale decretava l'impossibilità dello svolgimento del processo in absentia, ovvero in assenza dell'imputato, ma ammetteva la possibilità per l'ICTY di confermare le accuse e l'impianto accusatorio nel caso di una ragionevole certezza della fondatezza delle accuse e delle responsabilità effettive.
Il governo statunitense ha anche offerto una taglia di 5 milioni di dollari per la cattura di Mladić, mentre la Serbia ha offerto la cifra di 1 milione di dollari.

Luogo della latitanza

Per molto tempo il luogo dove si era rifugiato Mladić, protetto da pochi fedelissimi e dalla sua famiglia, è rimasto sconosciuto.
Nel 1997 venne segnalato sulle spiagge del Montenegro; nel 2000 assistette ad una partita di calcio tra Cina e Jugoslavia a Belgrado. Altri lo segnalarono a Mosca, a Salonicco e ad Atene. Qualcuno afferma che abbia utilizzato il suo bunker di guerra situato a Han Pijesak vicino a Sarajevo.
Il 14 aprile 2010 il giornale serbo Kurir riprese la notizia di un giornale bosniaco secondo cui Mladić viveva in un'azienda agricola in compagnia di Zoran Obrenovic Maljic, capo della sua sicurezza in Voivodina, a circa ottanta chilometri a nord di Belgrado, per cercare di curare una forma depressiva tramite il lavoro.

2005

Nel 2005 la cattura di Mladić sembrava imminente; un sottufficiale disertore dell'esercito serbo-montenegrino affermò che una caserma militare nella periferia di Belgrado aveva ospitato l'ex generale e che alcuni di quelli che si riteneva fossero suicidi erano in realtà una copertura per eliminare testimoni scomodi. Voci affermavano che il governo serbo stesse trattando con Mladić in persona la sua consegna al Tribunale Internazionale, ma la questione si risolse in un nulla di fatto.

2006

Nel 2006 vi fu uno scontro diplomatico molto intenso fra l'Unione europea e la Serbia, a causa della mancata cattura del generale serbo bosniaco: l'UE infatti aveva posto come termine la data del 10 maggio, ma la sua cattura non si realizzò.
Secondo fonti serbe di quel periodo Mladić si nascondeva in Serbia: questa informazione è stata pubblicata più volte senza che si arrivasse però ad un'effettiva cattura che, secondo le medesime fonti, doveva essere ormai molto vicina.

2008

Il 10 novembre 2008 le forze di sicurezza serbe accerchiarono un centro di imbottigliamento di acqua minerale a Valjevo, nella speranza di catturare l'ex-comandante delle forze serbo-bosniache: l'operazione però risultò infruttuosa.
Il 2 dicembre 2008 le forze antiterrorismo serbe perlustrarono perfino la casa della moglie di Radovan Karadžić e la casa del figlio di Ratko Mladić, nella speranza di trovare materiale che conducesse alla cattura del boia di Srebrenica, ma senza alcun risultato.

2009

Il 25 agosto 2009 il procuratore serbo Vukčević affermò che la ricerca nei confronti di Goran Hadžić e di Mladić proseguiva, e che questi doveva essere arrestato entro la fine del 2009, altrimenti il ministro del Lavoro serbo di religione musulmana e cooperatore principale con il tribunale dell'Aja Rasim Ljajić si sarebbe dimesso; difatti pochi mesi dopo Ljajić, in linea con quanto affermato, si dimise il 30 dicembre 2009.
Il 3 novembre 2009 il presidente serbo Boris Tadić dichiarò che l'arresto di Mladić per la Serbia era un dovere: anche lo stato serbo riconosceva che il generale serbo-bosniaco aveva commesso numerosi crimini in tempo di guerra. Questa dichiarazione fu rilasciata un giorno prima dell'incontro con Serge Brammertz, previsto per mercoledì 4 novembre. Secondo un rapporto della CIA, sempre del novembre 2009, la cattura di Mladić era "al di là della portata delle autorità serbe" perché presumibilmente il ricercato si era rifugiato fuori del suo stato natio e, probabilmente, era protetto dai servizi segreti russi. Inoltre da fonti serbe (disponibili sul sito Radio Serbia) era stato comunicato che Ratko Mladić si sarebbe nascosto sulle montagne e che le autorità serbe erano pronte a chiedere aiuto ai paesi stranieri per conseguire la cattura del superlatitante.

2010

Il 23 febbraio 2010 i servizi segreti serbi perquisirono la casa di Mladić, sequestrando diverso materiale. Il 20 agosto 2010 il procuratore serbo per i crimini di guerra, Vladimir Vukčević, dichiarò che avrebbe tirato fuori Ratko Mladić dalla tana in cui si nascondeva e che, grazie al lavoro continuo delle autorità competenti, era stato possibile trovare alcune registrazioni delle chiamate telefoniche di Mladić, sequestrate nella sua casa a febbraio. Nell'intervista al quotidiano belgradese PRES, Vukčević riferì che aveva ascoltato le telefonate registrate segretamente dall'ex comandante dell'esercito della Repubblica Srpska, e che questo materiale audio era già stato inviato al tribunale. Il 7 ottobre 2010 Vukcević sottolineò che le reti di protezione di Mladić e Hadzić erano molto forti e che era estremamente difficile arrestarlo. Il 22 ottobre 2010, il presidente del Consiglio nazionale per la collaborazione con il tribunale dell'Aja, Rasim Ljajić, dichiarò al quotidiano belgradese Večernje novosti che, rispetto ad alcuni mesi prima, le autorità serbe adesso sapevano molto di più della latitanza di Ratko Mladić. Il 26 ottobre del 2010, secondo le informazioni Ansa, è stato riferito che a Belgrado erano impiegate non meno di 10.000 persone per giungere alla cattura di Ratko Mladić. Il 28 ottobre 2010, la Serbia decise di elevare l'ammontare della taglia per la cattura di Mladic da 5 a 10 milioni di euro.

2011: l'arresto

Il 26 maggio 2011 Ratko Mladić è stato arrestato grazie a una segnalazione anonima. Le iniziali incertezze (a causa anche dell'aspetto notevolmente invecchiato) circa l'identità del fermato, che si faceva chiamare Milorad Komadić, sono state definitivamente fugate dagli esiti del test del DNA. La televisione di Stato RTS, citando fonti serbe, ha comunicato che l'uomo fermato era Mladić; secondo la televisione privata B92, l'ex-combattente era stato catturato nel villaggio di Lazarevo, 80 chilometri a nord-est di Belgrado. Il 1º giugno 2011, Ratko Mladić è stato estradato a L'Aia per essere processato presso il Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia. Al 6 gennaio 2013 il processo è ancora in corso.

Il processo

Il Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia ha acquisito 18 quaderni contenenti gli appunti di Mladić, riguardanti gli anni della guerra. Da tali documenti emerge l'odio che egli provava nei confronti della comunità musulmana, oltre che nei confronti dell'Occidente, colpevole, a suo dire, di appoggiare i musulmani bosniaci per ottenere in cambio vantaggi dalle nazioni del Vicino Oriente. Tali documenti sono stati ritenuti dai giudici della corte una prova molto importante a carico dell'imputato, alla luce dell'autografia degli stessi.

fonte: Wikipedia

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