martedì

Angela Romano di anni 9, fucilata dai bersaglieri


Castellammare del Golfo è una città di oltre 15.000 abitanti in provincia di Trapani. Sicilia. Oggi basa la sua economia sul turismo, sulla viticoltura e sulla pesca. La storia che voglio raccontarvi affonda le sue radici nelle immediatezze dell'Unità d'Italia. La proclamazione del Regno d'Italia fu l'atto formale che sancì la nascita del Regno d'Italia. Avvenne con un atto normativo del Regno di Sardegna con il quale Vittorio Emanuele II assunse per se e per i suoi successori il titolo di Re d'Italia. Il 17 marzo è ricordato annualmente come Anniversario dell'Unità d'Italia. Pochi mesi dopo, il 30 giugno del 1861, anche in Sicilia fu introdotta la leva obbligatoria, autorizzata sui nati nel 1840. La legge era odiata dai siciliani poiché, da un lato, non erano abituati all'arruolamento obbligatorio e, dall'altro, sotto il dominio dei Borbone non esisteva nessuna normativa che obbligava i giovani alla leva. Molti uomini scapparono. Per quanto concerne Castellammare del Golfo, molti giovani si rifugiarono sulle montagne, venendo meno all'obbligo voluto dal nuovo Re d'Italia. La protesta reazionaria contro la coscrizione obbligatoria si manifestò anche nelle province del Regno di Napoli, ma in maniera meno vigorosa rispetto alla Sicilia.


Per meglio comprendere quanto avvenne, affidiamoci agli scritti di G. De Sivo – Storia delle Due Sicilia dal 1847 al 1861 – che narrano di quei terribili momenti: «…..in molte parti corse sangue: a Castellammare stracciarono i decreti dalle mura; a Licata il dì del sorteggio scagliaronsi sugli uffiziali municipali, e alcuni ne morirono; Canicattì tumultuò sul finir d'agosto 1861, sedato con sangue da accorsi soldati. Non passava dì che non cadessero soldati piemontesi». Malgrado la reazione della politica, i tumulti non si placarono. Nel dicembre del 1861 si verificarono nuovi disordini a Palermo, Adernò, Paternò, Sciacca e Mazara del Vallo. Cui seguirono il primo gennaio del 1862 le dimostrazioni di Catania e Messina. Il giorno successivo insorse anche Castellammare del Golfo. Quattrocento giovani, capeggiati da Francesco Frazzitta e Vincenzo Ghiofalo, entrarono in paese ed assalirono l'abitazione del Commissario di leva e l'abitazione del Comandante della Guardia Nazionale. Le cronache ricordano che il tutto avvenne innalzando una bandiera rossa. I rivoltosi trucidarono i commissari governativi e bruciarono le loro case. Ancora una volta ci affidiamo agli scritti di G. De Sivo: «…..A Castellammare del Golfo, comune di tredicimil'anime, l'anarchia agitando gli spiriti infuriò. Già da' cantoni aveano stracciati i primi decreti per la leva; al censimento della popolazione si fremè; ma quando in dicembre si videro strappare i figli, s'esaltarono l'ire. Al capo d'anno 1862 radunatisi armati in molti al villaggio Fraginesi, s'accostarono sul vespro alla città tirando in aria, e gridando: Abbasso la leva, Fuori Vittorio Abbasso i pagnottisti, Viva la repubblica! Il giudice s'ascose; ma il delegato di polizia Gaspare Fundarò, il comandante Francesco Borruso e certi uffiziali nazionali fecero resistenza; morì il comandante con la figlia e due uffiziali, arse loro case, quelle del medico Calandra e d'Asaro. I sollevati altri uccisero, altri percossero, presero i denari al precettore de'dazii, arsero le carte comunali, del delegato, del giudicato e de' doganieri, strapparono le bandiere e l'arme di Savoia, tolsero a' carabinieri le divise, e inermi li scacciarono via. La dimane, sentendo la necessità d'avere un capo, vollero Pietro Lombardo ottimo cittadino, che non volente, pure accettò, a patto si cessasse ogni delitto; sl ebbero grazia il delegato di polizia e il sindaco, sul punto che al grido di morte a liberali erano immolati. Poscia cantarono il Te Deum per la repubblica. Accostandosi soldati da Alcamo li affrontarono; uccisero Antonino Varvaro comandante i militi a cavallo, un Bocchini sergente, e sei altri; presero feriti un tenente di linea Cesaroni e altri quindici soldati, fugarono il resto».


A questo punto le autorità della Sicilia chiesero aiuti. Il governo inviò nell'isola le truppe della brigata Alpi al comando di Pietro Quintini, generale dei bersaglieri e famoso per i suoi metodi spicci. Il 3 gennaio giunse, via mare, nella zona di Castellammare del Golfo. Dopo aver subito alcune perdite tra gli ufficiali ed i soldati, riuscì, grazie al supporto dell'artiglieria delle navi, a reprimere i tumulti sia a Castellammare del Golfo che a Marsala. A Castellammare del Golfo, le scarne cronache riportano che diversi cittadini furono passati per le armi. La cieca violenza dei bersaglieri di Quintini si abbatté su handicappati e bambini. Vi riporto l'elenco delle vittime di Castellammare del Golfo: Marco Randisi, storpio ed analfabeta, di anni 45. Angela Catalano, zoppa ed analfabeta, di anni 50. Benedetto Palermo, sacerdote, di anni 46. Mariana Crociata, cieca ed analfabeta, di anni 30. Antonino Corona, handicappato, di anni 70. Angela Calamia, handicappata ed analfabeta, di anni 70. Angela Romano, di anni 9.
Angela Romano 9 anni, fucilata dai bersaglieri del generale Pietro Quintini.
Dall'elenco dei caduti per mano del valoroso esercito piemontese, possiamo comprendere che Quintini trovò unicamente persone completamente estranee alle vicende, che – probabilmente – si erano appartate in campagna per non essere confuse con i rivoltosi. E – sempre probabilmente – non trovando nessuno su cui sfogare la rabbia, i bersaglieri uccisero ciechi, handicappati, un prete ed una bambina di nove anni.
Dove non riuscì l'uomo, riuscì la natura. 
Pietro Quintini generale dei bersaglieri morì a Terni il giorno 8 febbraio del 1865 in seguito ad una caduta da cavallo.


Vorrei ricordare che Angelina, come gli altri fucilati, non comprendeva la lingua dei soldati che gli puntarono il fucile. 
Vorrei ricordare che Angelina, come gli altri fucilati, non comprendeva le ragioni per le quali i rivoltosi erano scesi in piazza. 
Erano tutte persone con problemi fisici ed età avanzata, per cui esentate dall'obbligo di leva. 
Eppure i bersaglieri fecero fuoco.
Eppure i bersaglieri presero la bambina, la strattonarono, la tirarono ed infine l'appoggiarono al muro.
In seguito fecero fuoco.
Fecero fuoco su una bambini di 9 anni, del tutto estranea alle motivazioni per le quali i bersaglieri, comandati da Pietro Quintini, giunsero in Sicilia.
Questa è una delle tante storie che appartengono a tutti noi.
Angelina Romano vive nel ricordo di molte persone.

Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/

Bibliografia

G. Oddo, Il Brigantaggio o la dittatura dopo Garibaldi, 1865 

G. De Sivo, Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, 1868 

Cesare Cesari, Il Brigantaggio e l’opera dell’esercito italiano dal 1860 al 1870, 1920 

Aldo De Jaco, Il brigantaggio meridionale: cronaca inedita dell'Unità d'Italia, Editori Riuniti, 1969

Gaetano Cingari, Brigantaggio, proprietari e contadini nel Sud (1799-1900), Reggio Calabria, Editori Riuniti, 1976


FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.

venerdì

e se la teoria dei microbi fosse sbagliata?


Uno dei padri fondatori della “Teoria dei Germi della Malattia” fu il chimico francese (e non medico) Louis Pasteur. (foto a destra)

Il concetto da lui codificato, e cioè che i batteri sono la causa di malattie specifiche, è stato ufficialmente accettato come il fondamento della medicina allopatica e della microbiologia verso la fine del 1800 in Europa e poi nel mondo intero. 

Tale teoria ovviamente fu accolta a braccia aperte dall’establishment medico-scientifico e dal nascente cartello farmaceutico che si stava organizzando attorno all’Associazione dei medici americani (A.M.A.), perché diede origine non solo alle vaccinazioni di massa ma anche allo sviluppo dei farmaci di sintesi.
Analizzando l’evoluzione delle teoria microbica è doveroso inquadrala nella sua giusta prospettiva filosofica e porla nel contesto di filosofia biologica che dominava in quel periodo. Il XIX° fu infatti il secolo del grande sviluppo scientifico, nel quale avvenne il grande capovolgimento delle idee sulla malattia, la salute, la guarigione, la biologia stessa. Fu il secolo per esempio della teoria evoluzionistica di Charles Darwin. Di conseguenza quando il francese Louis Pasteur e il tedesco Robert Koch fecero la loro comparsa con la teoria dei microbi, avvenne la perfetta fusione con la filosofia biologica: nacque il germe maligno che invadeva il corpo, annientava le difese, si moltiplicava nei tessuti, proliferava, causava infezioni, malattie e distruggeva alla fine l’organismo. Cosa può desiderare di più una medicina sintomatica basata su una velenosa e tossica farmacopea, sempre più nelle mani delle lobbies? ...



E le case farmaceutiche possono desiderare qualcosa di meglio, di malattie provocate da un “essere” non visibile ad occhio umano che può essere ucciso solo da veleni chimici?

Secondo la batteriologia moderna, i microbi sono ovunque, onnipresenti, vivono costantemente assieme a noi e dentro di noi. Viviamo tra loro, siamo totalmente e completamente dipendenti dai batteri.
Sono con noi dalla nascita alla morte.

Se analizzassimo al microscopio una qualsiasi sezione del corpo, la pelle, le membrane mucose, le cavità, ecc. vedremmo milioni di questi microrganismi: il tratto gastrointestinale del neonato, per esempio, non presenta batteri, ma nel giro di qualche ora se ne riempie. Quindi i batteri costituiscono una realtà positiva e non possono essere la causa della malattia, almeno non nel senso convenzionale del termine: possono complicare certamente le malattie, ma non ne sono la causa! La vita senza batteri sarebbe impossibile su questo pianeta: agiscono infatti da “spazzini” riducendo la struttura molecolare complessa in una più semplice, operano fenomeni di scissione.

Nel terreno i batteri fissano l’azoto presente nell’aria e lo convertono in nitrato necessario per l’assorbimento delle piante che poi grazie a questo potranno fornire le importantissime proteine vegetali… 

L’essere umano assimila le sostanze nutritive (vitamine, minerali, oligoelementi) che sono alla base della vita, contenute negli alimenti, perché il nostro intestino contiene circa 120000 miliardi di microrganismi (la cosiddetta “flora batterica”). 

I batteri, come è stato detto prima, fungono da veri e propri “spazzini” che riducono i tessuti morti o malati e non hanno alcuna influenza invece sui tessuti e sulle cellule vive! Il fatto che i microbi siano incapaci di penetrare i tessuti sani dovrebbe illuminarci sul fatto che qualunque sia il ruolo che giocano i batteri nella produzione di alcuni tipi di malattia, sono sempre fattori secondari e mai primari. Non possono annidarsi nell’organismo, se non quando questo è stato sufficientemente alterato da altre cause per permettere questa intrusione.

Non sono la causa della malattia, anche perché dal punto di vista igienistico, la malattia non è qualcosa che arriva dall’esterno o che è provocata da qualcosa, è un processo biologico che viene messo in atto dal corpo stesso, con l’obiettivo di eliminare le tossine che stanno inquinando pericolosamente l’organismo stesso. 

Tutto questo lo aveva scoperto un contemporaneo di Pasteur, il francese Antoine Béchamp (foto). Questo batteriologo fece delle scoperte così straordinarie che “giustamente” vennero dimenticate dalla scienza proprio perché quest’ultima ha appoggiato in toto Pasteur. 

Béchamp ha spiegato il processo della fermentazione per quello che è: un processo di digestione di microrganismi; è stato il primo a descrivere il sangue non come liquido ma come tessuto fluente. Béchamp ha scoperto i microzimi (chiamati anche somatidi) e che i germi, sicuramente sono il risultato e non la causa della malattia. 

Ma nelle Università si studia Pasteur e non Béchamp…

(Foto: pleoformismo batteri)

I microbi mutanti

Intorno agli anni ’30 e ’40 del secolo scorso, il dottor Royal Raymond Rife con il microscopio che prese il suo nome, ha dimostrato che i germi sono il risultato delle malattie e non la causa.

Ma non si limitò a questo, perché riuscì a dimostrare la capacità dei microrganismi di modificarsi dal livello (o forma) di batterio a quello di fungo per giungere all’ultimo stadio: la muffa. 

Il dottor Rife identificò ben 10 famiglie nello spettro dei microrganismi, all’interno delle quali, un membro qualsiasi poteva trasformarsi in qualcos’altro a seconda del terreno biologico. Quindi i batteri sono in grado di operare mutazioni in presenza di talune condizioni interne dell’organismo e infatti, ricerche scientifiche hanno dimostrato che cambia prima l’organismo e secondariamente i batteri. In Scozia nell’Università di Edimburgo per esempio, attraverso l’osservazione di pazienti è stato dimostrato che la flora batterica cambiava nel giro di poche ore parallelamente allo stato di salute del paziente stesso. Nel giro di minuti o qualche ora i batteri dentro e sul corpo si trasformavano proprio per il cambiamento verificatosi all’interno dell’organismo.

Dai somatidi ai virus?

Dal punto di vista biologico i virus non soddisfano i requisiti che deve possedere un organismo vivente: non respirano, non digeriscono e non hanno alcun metabolismo. Sono semplicemente delle molecole di DNA (informazione) ricoperte da una membrana proteica. Quindi biologicamente parlando i virus non sono esseri viventi, non possono interagire con le cellule vive, ma solo con quelle morte.

Parlare quindi di “virus vivo” o di “virus morto” è un falso biologico. Quando invece sentite parlare di “virus attenuati” (come nel caso dei vaccini) sappiate che l’attenuazione si ottiene ricoprendo la proteina tossica (cioè il virus) di formaldeide che è già di per sé una sostanza cancerogena. 

Con il suo microscopio il dottor Rife dimostrò che nel sangue di ogni essere vivente vi sono dei piccoli puntini chiamati “somatidi” o “microzimi”. I somatidi sono microscopiche forme di vita subcellulare in grado di riprodursi. Se l’ambiente che circonda le cellule, cioè il terreno biologico, diventa acido, inquinato dalle tossine, questi puntini si legano tra loro e si modificano in virus, batteri o funghi a seconda della situazione. Il loro lavoro, come abbiamo visto, è quello di ripulire il terreno dai tessuti morti e inquinati. Se invece il terreno biologico è alcalino, i somatidi non si trasformano e i batteri non possono proliferare.

Dr. Claudio Colombo

Fonte: www.medicinapiccoledosi.it

fonte: https://crepanelmuro.blogspot.com/

Alcuni articoli correlati:

La ricerca dimenticata del Dr. Rife: Le frequenze che curano "l'incurabile"

domenica

le vere cause del debito pubblico italiano



Un grande Nino Galloni, uno dei migliori economisti in circolazione, ci spiega in questo video quali soluzioni pragmatiche servirebbero per uscire dal mantra dell'austerity che ha distrutto l'Italia.
Partiamo da 2 dati oggettivi che sono sempre stati occultati dai media e dalle Università, in quanto espressioni delle lobby di potere.
L'Italia ha circa la metà dei dipendenti pubblici nelle amministrazioni in proporzione alla popolazione ed è il paese in Europa che sfrutta maggiormente i lavoratori ai salari più infami.
Non solo, cosa è successo nell'81???


A partire dal 1981 la Banca d’Italia ha “divorziato” dal Tesoro e non è più intervenuta nell’acquisto di titoli di Stato. Ciò che non viene detto, però, è che quella lontana decisione contribuì a produrre non solo l’enorme debito pubblico ma anche il primo attacco ai salari.
L’attuale debito pubblico italiano si formò tra gli anni ’80 e ’90, passando dal 57,7% sul Pil nel 1980 al 124,3% nel 1994.
Tale crescita, molto più consistente di quella degli altri Paesi europei, non fu dovuta ad una impennata della spesa dello Stato, che rimase sempre al di sotto della media della Ue e dell’eurozona e, tra 1991 e 2005, sempre al di sotto di quella tedesca.
Nel 1984 l’Italia spendeva – al netto degli interessi sul debito – il 42,1% del Pil, che nel 1994 era aumentato appena al 42,9%. Nello stesso periodo la media Ue (esclusa l’Italia) passò dal 45,5% al 46,6% e quella dell’eurozona passò dal 46,7% al 47,7%.
Da dove derivava allora la maggiore crescita del debito italiano?
Dalla spesa per interessi sul debito pubblico, che fu sempre molto più alta di quella degli altri Paesi. La spesa per interessi crebbe in Italia dall’8% del Pil nel 1984 all’11,4%, livello di gran lunga maggiore del resto d’Europa.
Sempre nello stesso periodo la media Ue passò dal 4,1% al 4,4% e quella dell’eurozona dal 3,5% al 4,4%.

Nel 1993 il divario tra i tassi d’interesse fu addirittura triplo, il 13% in Italia contro il 4,4% della zona euro e il 4,3% della Ue.
La crescita dei debiti pubblici dipende da molte cause, soprattutto dalla necessità di sostenere le crisi e la caduta dei profitti privati che, dal ’74-75, caratterizzano ciclicamente i Paesi più avanzati. Tuttavia, è evidente che politiche sbagliate di finanza pubblica possono rendere ingestibile la situazione del debito, come è avvenuto in Italia.
Visto che l’entità dei tassi d’interesse sui titoli di stato, ovvero quanto lo Stato paga per avere un prestito, dipende dalla domanda dei titoli stessi, l’eliminazione di una componente importante della domanda, quale è la Banca centrale, ha avuto l’effetto di far schizzare verso l’alto gli interessi e, quindi, di far esplodere il debito totale.
Inoltre, la mancanza del cordone protettivo della Banca d’Italia espose il nostro debito alle manovre speculative degli investitori internazionali. Fu quanto accadde nel 1992, quando gli attacchi speculativi alla lira costrinsero l’Italia ad uscire dal Sistema monetario europeo e a svalutare. Insomma, non solo Steltzner ha torto riguardo alla Banca d’Italia, ma è il principio stesso dell’“autonomia” della Banca centrale, da lui tanto tenacemente difeso, ad aver dato per trent’anni in Italia gli stessi risultati negativi che ora sta producendo nell’eurozona.

Ci si potrebbe chiedere a questo punto quale fu la ragione del divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro.
Ce lo spiega il suo autore, l’allora ministro del Tesoro Beniamino Andreatta.
Uno degli obiettivi era quello di abbattere i salari, imponendo una deflazione che desse la possibilità di annullare “il demenziale rafforzamento della scala mobile, prodotto dall’accordo tra Confindustria e sindacati”. Infatti, nel 1984 con gli accordi di San Valentino la scala mobile fu indebolita e nel 1992 definitivamente eliminata. Anche oggi, come allora, le presunte “necessità” di bilancio pubblico sono la leva attraverso cui ridurre il salario, in Italia e in Europa. Con la differenza che oggi l’attacco si estende al salario indiretto, cioè al welfare.

giovedì

il mostro di Ravenna, tra mito e leggenda


“Al dì 8 marzo. Come in Ravenna è nato di una monica et un frate un mamolo a questo che te scrivo. Haveva la testa grossa, coon un corno nella fronte et una bocca grande; nel petto tre lettere come vedi qua: YXV, con tre peli allo petto una gamba pelosa con una zampa de diavolo, l’altra gamba de homo con un occhio in mezzo alla gamba; mai homo se recorda simile cosa. Lo governatore della terra mandàne nella carta a papa Iulio secondo."
Ravenna otto marzo 1512, un bambino “mostruoso” viene messo al mondo da una monaca gravida di un frate.  L’aspetto del fanciullo incute terrore e sgomento tra i testimoni.  Papa Giulio II, ordina che venga subito abbandonato nel bosco, e che la sua sorte sia lasciata in mano a Dio.  La notizia sfugge da Ravenna ed in poco tempo raggiunge le più importanti corti europee, iniziano a girare rappresentazioni, disegni ed iconografie della creatura, giungono studiosi, e nascono nuove descrizioni; al mostro vengono aggiunte caratteristiche diverse, giunte da ogni parte del vecchio continente. 


Un farmacista noto di Firenze, Luca Landucci, descrive così la bestia: “Dove sono le poppe aveva dal lato ritto un fio, e dall’altro aveva una croce più in giù, nella cintola, due serpe, e dov’è la natura era di femmina e di maschio.” 
Questi tipi di nascita, in epoca passata, erano fonte di credenza della manifestazione del divino nelle vicende dell’uomo, esse erano presagi di sventura, annunciavano l’inizio di un periodo di forti travolgimenti, di crisi o di crolli di imperi, teste e corone. 
In questo caso, la nascita di quella creatura segnò l’inizio di una delle guerre più cruente e sanguinarie della storia. 
L’undici aprile del 1512, nel giorno di Pasqua, nei pressi di Ravenna l’esercito francese, guidato dal condottiero Gaston de Foix, sfidò le truppe della Lega Santa, comandata dal viceré di Napoli Raimondo de Cardona e da Pietro Navarro. 


Alla sanguinosa battaglia, dove caddero all’incirca 20 mila uomini, fu utilizzata per la prima volta nella storia l’artiglieria da campo, che rivoluzionò il tradizionale metodo di combattimento medioevale, basato sulla difesa e fortificazioni ma soprattutto dalla nobile etica della cavalleria; le armi d’artiglieria colpivano indistintamente uomini, donne, bambini e soldati. 
Alla guerra parteciparono i più grandi condottieri d’Europa: Antonio di Leyva, Fabrizio I Colonna, Fernando d’Avalos Marchese di Pescara, Ettore Fieramosca, Romanello da Forlì, Giovanni Capoccio, Raffaele de’ Pazzi, Francisco de Carvajal, Fanfulla da Lodi nell’esercito della Lega Santa; Carlo III di Borbone, Teodoro Trivulzio, il cavalier Baiardo, Odet de Foix, Federico Gonzaga, Jacques de La Palice, Yves d’Alegre, Alfonso I d’Este, Gaston de Foix da parte francese. 


L’esito della battaglia fu devastante a livello umano, i Francesi ottennero la vittoria insieme ad Alfonso d’Este, Ravenna indifesa segnò la resa senza condizioni, ma brutalmente fu presa d’assalto. 
Fu saccheggiata dei suoi tesori, furono rubati i suoi ori sacri, le chiese vennero spogliate delle loro opere artistiche, le donne furono violentate, gli uomini uccisi. 
Una barbaria indescrivibile pulsò in quegli uomini privi di ogni limite. 
Più di 2000 civili persero la vita. 
Sebastiano Menzocchi descrive così questa atrocità: “…l’esercito francese e il marchese di Ferrara dette l’assalto et batteria a Ravenna et la prese, entrano dentro ed mese tutta la terra a sacho, ammazzando gente asai peggio dei Turchi tolsero le mogli a loro mariti, et le figlie a padri et alle dolenti et afflitte madri, che, peggio che più nanzi non esplicare, le suddette mogli et figlie eran condutte in presenza et vista delli mariti et padri a svergognarle et violarle, ligando li mariti spogliava nude le innocente et infelice donne operando in loro ogni disonestà et scelleratezza, poi eseguiti gli effetti inhumani et bestiali, ammazzavano lì mariti et le donne svergognate le menavano di poi al campo, quando non havean facultà né denari da pagare le taglie, et anche rescosse le trattava come prima senza avere rispetto né a Dio né ai Santi…”. 
Testimoni oculari dicono di aver avvistato tra le mura violentate di Ravenna, la creatura demoniaca gioire e ridere nel vedere morire la città che l’aveva condannata alla morte in un bosco. 
Il giovane condottiero Francese Gaston de Foix morì sul campo di battaglia trafitto da una picca. 
A soli 22 anni, entrò nella storia come un dei più grandi generali mai esistiti. 


Il suo feretro fu trasportato fino a Milano, dove il suo corpo fu sepolto nel Duomo della città. 
La monumentale tomba fu affidata allo sculture Agostino Busti detto il Bambaia che mai terminò. 

Il Vasari descrive così l’opera non compiuta: «ell'è tale quest'opera che mirandola con stupore stetti un pezzo pensando se è possibile che si facciano con mano e con ferri sì sottili e maravigliose opere, veggendosi in questa sepoltura, fatti con stupendissimo intaglio, fregiature di trofei, d'arme di tutte le sorti, carri, artiglierie e molti altri instrumenti da guerra, e finalmente il corpo di quel signore armato e grande quanto il vivo, quasi tutto lieto nel sembiante così morto, per le vittorie avute. E certo è un peccato che quest'opera, la quale è degnissima di essere annoverata fra le più stupende dell'arte, sia imperfetta e lasciata stare per terra in pezzi, senza essere in alcun luogo murata, onde non mi maraviglio che ne siano state rubate alcune figure e poi vendute e poste in altri luoghi.»

Simone De Bernardin

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/

Simone De Bernardin nasce a Verbania sul Lago Maggiore il due settembre 1989. Fin dalla tenera età, dimostra di essere un bambino molto introspettivo, riflessivo e creativo, passa le sue giornate a inventare, osservare, riflettere e a domandarsi i perché dell’esistenza e tutto ciò che riguarda la vita e la natura. Verso la fine delle scuole elementari, comincia a scrivere appunti, riflessioni e poesie su ciò che gli accade e su ciò che lo circonda raccogliendole tutte in un grosso raccoglitore dove continua tutt’oggi a scrivere. Il primo anno di scuola media riceve la sua prima macchina fotografica con la quale comincia a scattare e a sperimentare la fotografia e da subito s’innamora del bianco e nero per la sua capacità espressiva di cogliere l’essenza delle cose.Studia fotografia e comincia a realizzare immagini e poesie che toccano temi tipici del Romanticismo di cui egli si sente attratto e che ne condivide i principi quali, il tema dell’infinito, il sentimento, il mistero, l’inconscio, la natura e il rapporto tra vita e morte. Nel 2012, realizza la sua prima mostra fotografica, presso il Comune di Verbania, e successivamente partecipa al concorso Il Segno dove viene segnalato come giovane artista, esponendo le sue opere a Venezia presso Palazzo Zenobio e successivamente a Milano presso la Galleria Zamenhof. Nel 2013 raccoglie un'insieme di sue poesie in un libriccino dal titolo Animam Meam. Nel 2014 termina il suo primo romanzo Lettere.

lunedì

la magia nera al potere: José Lòpez Rega - La Mistica Rosa e Licio Gelli







José López Rega, noto come el Brujo (lo stregone), nacque a Buenos Aires il 17 ottobre 1916 e lì vi morì il 9 giugno 1989. E’ stato un politico argentino, famoso come segretario privato di Juan Domingo Peròn sul quale esercitò una potente influenza, come sulla sua terza moglie, Isabelita. La madre di Lopez Rega morì durante il parto; Il ragazzo era educato, attento nei modi e rispettoso ma introverso. Nel corso del 1944 dopo vari tentativi infruttuosi di dedicarsi al canto lirico, le esigenze economiche lo portarono ad arruolarsi nella polizia federale. Con l'aiuto del capo della polizia Filomeno Velazco entrò nel corpo di guardia del palazzo presidenziale, la Casa Rosada, sede dell'esecutivo di governo. Nessuno poteva immaginare che questo strano personaggio sarebbe diventato una delle figure più influenti e nefaste della politica argentina. Aveva una biblioteca che copriva un intero muro ed era particolarmente interessato alle questioni spirituali ed esoteriche. Si sposò a ventisette anni e per tutta la sua vita si sarebbe interessato al canto lirico e all’esoterismo. Nel Natale del 1951, nella città di Paso de los Libres, nella provincia di Corrientes, Lopez Rega incontrò Victoria Montero, una veggente che aveva già incontrato Eva Peròn, e fu lei a iniziarlo sul sentiero spirituale. Per anni Rega frequentò questa veggente, e attraverso di lei conobbe alcuni massoni e membri della setta Umbanda che lo avrebbero accompagnato nei suoi progetti politici. López Rega frequentò per gran parte della sua vita cerchie legate a un esoterismo "impuro", un misto di religiosità e magia. Per lui l'azione politica era solo uno strumento per la realizzazione di disegni cosmici di portata universale: si considerava un prescelto, non della politica ma delle misteriose imprese dell’ombandismo (che vedremo poi), della "rosa mistica", I Rosacroce, e della loggia Anael, sede di esperienze occultiste e politicamente vicina all’estrema destra. Grazie alla sua posizione nella polizia federale, diventò parte della guardia che proteggeva il palazzo presidenziale durante il primo mandato di Perón. Sebbene all'inizio non avesse stretti contatti con il leader politico e sua moglie, crebbe tra loro una relazione di amicizia. I legami definitivi tra questo misterioso personaggio e Juan Domingo Perón furono decisi da strane coincidenze.  Maria Estela Martìnez detta Isabelita, la terza moglie di Peròn, era legatissima alla famiglia di José Cresto, originario di Corrientes, che aveva fondato una scuola di spiritualisti a Buenos Aires. In quella casa la donna aveva trovato protezione, formazione spirituale e affetto negati dai suoi genitori biologici che lei detestava. Un clima esoterico comune dunque facilitò l'incontro di Lopez Rega con la terza moglie di Perón. Era il 1965 e l'incontro con Isabel aprì una via che portò López Rega alla residenza di Madrid di Peròn, in esilio. In Spagna dove Peròn appunto era in esilio, in breve tempo divenne suo segretario particolare. Pare che José López Rega sia stato iniziato al Rito Umbanda (di origine afroamericana) durante un viaggio fatto in Brasile nel 1963. Una persona che fino ad oggi mantiene l'anonimato, ha raccontato in un documentario sul canale televisivo argentino via cavo "Infinito", come è stato l'atto di iniziazione all'umbandaismo di José López Rega. Racconta questo testimone, che diverse persone erano in uno spazio aperto e stavano per uccidere un bue, e quindi squartarlo. José López Rega, indossava una veste bianca, e fu bagnato dal sangue del bue, che gli fu versato addosso. Dopo di ciò, Lopez Rega andò in una capanna e restò lì, chiuso a chiave, per sette giorni, senza lavarsi perché questo era un requisito essenziale per l'iniziazione al Rituale Umbanda. Il settimo giorno cominciarono a chiamarlo "FRATELLO DANIEL", e conficcò a terra una croce rovesciata, simbolo dell'Anticristo. In quel momento apparvero alcune donne nere che iniziarono a ballare. Dopo la sua iniziazione Umbandista, José López Rega fece ripetuti viaggi in Brasile, più precisamente a Porto Alegre, città che, secondo le cronache, è uno dei centri più importanti di questa setta esoterica. López Rega era "fratello" della Loggia massonica P-2 (Propaganda Due), del Venerabile Maestro Licio Gelli. Il suo nome fu ritrovato negli elenchi che contenevano i dettagli dei membri della loggia, dopo un raid che la polizia italiana fece nel marzo 1981 nella sua residenza ad Arezzo, che si chiamava "Wanda", lo stesso nome della moglie di Gelli. In questi elenchi, José López Rega appare catalogato con il "Codice H 15.77, Fascicle 0591". Era anche conosciuto, per la sua passione per l'esoterismo, col soprannome di "Stregone".

Lopez Rega ritornò in Argentina nel 1973 per conto di Peròn, quando Héctor José Càmpora fu democraticamente eletto presidente, e fu nominato ministro per il benessere sociale. Quando poi fece ritorno lo stesso Perón, Rega, tramite l'organizzazione terroristica da lui fondata, la Alianza Antocomunista Argentina, la Tripla A, organizzò un massacro di sostenitori di sinistra di Peròn contrapponendosi a Campòra.  Vi fu una crisi di governo e Cámpora rassegnò le dimissioni. Il genero di Lopez Rega, Raùl Alberto Lastiri, anch'egli membro della P2, divenne presidente ad interim e organizzò le elezioni. Il 23 settembre  1973 Peròn, candidato con le destre, vinse con il 62% dei voti, nominando vice presidente sua moglie Isabelita, che gli successe alla sua morte, e Rega come ministro.  Lopez Rega si definiva "veggente" e "futurologo". Con un gruppo di amici intimi della loggia RAMATIS affermava di avere dei fluidi magnetici che trasmetteva a Isabelita che chiamava ‘Madre America’. Fu anche uno scrittore di testi esoterici: Astrologia esoterica del 1962 pubblicato dalla Rosa dei Libri, Alpha y Omega
Un mensaje para la humanidad 
del 1963 sempre per la Rosa dei Libri, e El Sabio Hindú del 1977 pubblicato in Florida negli Stati Uniti.
Il 24 marzo 1976, Isabelita fu deposta da un colpo di Stato militare, e la giunta al potere organizzò immediatamente un piano di brutale repressione e di ogni opposizione politica. Lopez Rega viaggiò all'estero, dalla Spagna alla Svizzera, dove visse fino al 1986. Poi, scoperto da un fotoreporter, fuggì alle Bahamas, visitando spesso Miami. Arrestato negli Stati Uniti, fu estradato in Argentina, per rispondere dei crimini perpetrati dalla sua Tripla A. Morì a Buenos Aires nel 1989 in attesa di processo.

fonte: http://larapavanetto.blogspot.com/

giovedì

storie di alberi e... magia


Chi ha visto Avatar è rimasto sicuramente affascinato dall'idea di un mondo in cui gli alberi comunicano tra di loro e interagiscono con le persone. 
Forse la realtà qui sulla terra non è così distante da quel mondo di fantasia; negli anni numerosi studi hanno dimostrato che le piante sono esseri sensibili in grado di comunicare.

Qualche anno fa di Guillermo Murphy e Susan Dudley (http://www.amjbot.org/content/96/11/1990.full.pdf) hanno dimostrato che i vegetali sono organismi sociali, che possono perfino mostrare comportamenti altruistici tra di loro.

Clinton Francis del National Science Foundation (NSF) National Evolutionary Synthesis Center, ha provato che gli alberi sono sensibili ai rumori elevati che possono influire negativamente sulla loro crescita con conseguenze che perdurano per decenni anche quando la fonte del rumore è scomparsa.

Stefano Mancuso, responsabile del LINV, assieme ai ricercatori dell’University of Western Australia Monica Gagliano, Michael Renton e Martial Depczynski hanno dimostrato che le piante sono in grado di apprendere e di conservare memoria delle informazioni e che le piante sono inoltre capaci di percepire il pericolo e di sapere esattamente cosa “fare” per evitare i predatori ...


Uno dei fenomeni più affascinanti legato al mondo vegetale, e forse anche il più sorprendente, è poi la loro capacità di cantare e comporre musica. Questa capacità è stata sondata e studiata dai ricercatori della Federazione di Damanhur. Vi sono anche alberi che sembrano in grado di spostarsi come le walking palm tree (Socratea exorrhiza) che si trovano in america latina.

Insomma il mondo vegetale è molto più sensibile e vivo di quello che siamo abituati a credere.

Noi esseri umani viviamo in simbiosi con il mondo vegetale per ottenere l’ossigeno che è necessario alla nostra sopravvivenza, ma l’influenza che le piante hanno sul nostro benessere, è forse a livello più profondo. In un libro pubblicato recentemente, “Blinded by Science” (www.blindedbyscience.co.uk) l’autore Matthew Silverstone, prova scientificamente che gli alberi migliorano molti aspetti della nostra salute come: malattie mentali, disturbo di deficit di attenzione e iperattività (ADHD), livelli di concentrazione, tempi di reazione, depressione e diminuzione di emicrania. Quindi la scienza ci conferma che “abbracciare” gli alberi ha un effetto positivo sulla nostra salute.

L’uomo ha sempre percepito che il mondo vegetale è molto più vivo ed interconnesso al nostro di quello che appare a prima vista, così gli alberi hanno da sempre ispirato miti e leggende. Lo scrittore e botanico francese Jacque Brosse nel suo libro Storie e leggende degli alberi spiega bene come in diverse civiltà e in periodi diversi gli alberi siano stati considerati come manifestazioni delle divinità e portatori di vita.

Nella cultura classica ci sono numerosi riferimenti ad alberi dedicati a divinità, alberi sacri dimore di dei e ninfe, e il rispetto dei boschi in passato era quindi molto importante. Forse dovremmo recuperare un po’ di questo rispetto.


Per farci riflettere sul rapporto che ci lega intimamente al mondo vegetale riporto qui di seguito un racconto affascinante dello scrittore “Jone Chioccarello” che ci aveva già stupito con le avventure autobiografiche raccontate nel suo libro “un sentiero verso l’ignoto”.

“… Mio padre era morto da appena un mese e per far fronte alla condizione economica alquanto disagiata che avevo ereditato, oltre al mio lavoro, me ne inventavo continuamente di tutti i colori per di racimolare qualche soldo in più. 

Avevo ereditato dal nonno una faggeta, un bosco di circa un ettaro con una grandissima quantità di alberi d’alto fusto ( alcuni giganteschi che personalmente non abbatterò mai). Cercavo di vendere della legna perché rendeva molto bene e allora il sabato pomeriggio e la domenica mi dedicavo a fare il boscaiolo, aiutato da un mio operaio, da un amico e da mio suocero, tutte persone abbastanza esperte di boschi e di alberi.


Era il 1981 e verso il venti di marzo avevo tolto il gesso al piede fratturato. Pochi giorni di riabilitazione erano stati più che sufficienti perché non potevo permettermi di ascoltare dolori o guardare gonfiori, dovevo solo stringere i denti e andare avanti. La luna si presentava idonea al taglio degli alberi e mi rimanevano gli ultimi due sabati e domeniche per l’abbattimento, prima della chiusura del taglio, così mi dovetti incollare alla motosega senza tanti indugi. Il primo week end abbiamo lavorato solo io e Graziano, il mio dipendente. Abbiamo messo al suolo circa settecento quintali di alberi, il mio intento era quello di abbatterne circa duemila: i tronchi diritti andavano in segheria per lavoro e il rimanente come legna da ardere.
Il sabato successivo erano venuti anche Mario e mio suocero Girolamo, che si dedicavano alla ramatura e all’accatastamento dei rami, mentre io e Graziano continuavamo il taglio. Ad un certo punto della mattinata , dopo che entrambi avevamo finito la miscela delle motoseghe abbiamo optato per una pausa per rifocillare lo stomaco e riposare un pò i muscoli. C’era un sole stupendo che filtrava attraverso i rami del bosco già pieni di gemme belle gonfie in fase di apertura, la temperatura era decisamente primaverile, non si sentiva un filo d’aria, anzi, lavorando sodo sudavamo avendo solo la camicia. Si udiva solamente il canto dei fringuelli e di qualche capinera, il bosco sembrava un angolo di paradiso, e mentre facevamo lo spuntino ci scambiavamo i nostri pareri inerenti a quella tranquillità che sembrava irreale.
Dopo aver trascorso una mezzora di relax, ci siamo rimessi all’opera riempiendo il serbatoio delle motoseghe, ma con grandissima sorpresa, al primo tentativo di messa in moto tutti i faggi attorno a noi hanno iniziato a muoversi in maniera molto strana, sembrava che un tornado li attorcigliasse su se stessi. Si sentiva un’atmosfera cupa. Ad un certo punto il movimento delle cime è cambiato, i rami hanno perso il movimento rotatorio, mentre sembrava che i rami si fossero animati di una nuova volontà e che cercassero di muoversi per intrecciarsi fra di loro come per darsi la mano, per tenersi come i bambini quando fanno il girotondo, sferzavano l’aria come delle piccole frustate; si udiva un sibilare continuo, come quando si agita velocemente un ramo di salice e la situazione era diventata alquanto spaventosa, ci sembrava di essere in un incubo, tutti e quattro con la testa verso l’alto a guardare attoniti quel mistero che si era sprigionato solamente attorno a noi, e non riuscivamo a capire cosa stava succedendo.


Mario è stato il primo a dimostrare la sua paura, inginocchiandosi facendo il segno della croce e mormorando alcune parole che non sono riuscito a sentire perché la portata del fenomeno era inquietante. Mio suocero che era accanto a me, mi ha messo una mano sulla spalla dicendo ”è una cosa che fa paura, mi sento il cuore in gola, qua c’è da farsela addosso”, Graziano che stava affilando la catena, dopo essersi bloccato ha semplicemente detto “non sarà mica la fine del mondo?”. Io che avevo la pelle d’oca anche lungo la spina dorsale e le mandibole inchiodate dalla tensione guardavo e pensavo: “questo potrebbe essere un duro rimprovero fatto anche con ragione”, a quel punto mi sono avvicinato ad un faggio, l’ho abbracciato, sentivo le sue vibrazioni che partivano dalle radici, le ho interpretate come paura, paura di essere tagliati forse, ma sentivo che attraverso quel tronco scorreva tanta energia, io quel faggio l’ho stretto a più non posso e poi l’ho baciato, mi sono poi girato e ho detto ad alta voce ,”da oggi il taglio è chiuso e non riaprirà più se non per pura necessità, perché anche la natura che ci circonda ha il sacrosanto diritto di vivere!”.

Da li a pochi secondi tutti gli alberi avevano smesso la loro singolarissima comunicazione che ci aveva lasciati tutti quattro con il morale in fondo alle scarpe. Ne abbiamo parlato però per molto tempo, perché un caso simile deve essere per forza comunicato ad altri e l’ultimo che ha smesso di raccontarlo è stato mio suocero perché probabilmente si è reso conto che non esiste niente di impossibile. Io, per conto mio penso a qualsiasi cosa o possibilità, cerco di analizzare tutto senza farmi sfuggire niente mettendo a confronto anche le più piccole stupidaggini.

Sono quindi del parere che in quel momento si sia aperta una porta o un possibile condotto di comunicazione tra la (madre) terra che io ritengo viva e il celo, o meglio il cosmo. E’ come se si fosse aperta una valvola di sfiato di una enorme pentola a pressione. Noi quattro che non so se siamo stati i fautori dell’innesco, ci siamo trovati nel bel mezzo di quell’anomalo vortice avvolti in una atmosfera da brividi, uno più inebetito dell’altro a guardare un fenomeno inspiegabile. Quell’angolo di natura è poi diventato il mio bosco “sacro” e lo paragono a molti luoghi della terra simili al mio, tipo le tombe dei giganti e i nuraghi in Sardegna, Stonehenge, le piramidi di Giza o del Messico, il Machu Picchu, Lourdes e tantissimi luoghi di energia, non, dove c’è qualcosa di misterioso e irreale che ti avvolge; e senza lasciarsi prendere dalla suggestione, basta chiudere gli occhi e respirare lentamente a pieni polmoni si può sentire anche l’aria con vibrazioni diverse e il cervello che si svuota dalle problematiche e incomincia a star bene e sorridere come stessimo viaggiando in un’altra dimensione, comunque sta sempre il fatto che quei faggi dovrebbero aver attinto l’energia da una fonte immensa ed inesauribile aumentando le loro funzione vitali in una comunicazione da brividi che rasenta l’inverosimile o l’umano.”

Ci sono persone dotate di particolare sensibilità in grado di percepire cose inaccessibili ai più. Queste persone sono dotate di un sesto senso che li mette in grado di rapportarsi con energie e consapevolezze diverse e le esperienze che ne ricevono sono a volte sconcertanti.

Alcune di queste persone riescono a gestire la loro abilità e grazie alle loro esperienze e capacità vengono riconosciute dalla società come persone speciali: medium, stregoni o veggenti. In altri casi queste esperienze possono essere talmente scioccanti da far destabilizzare chi le subisce. Per questa ragione chi è in grado di interagire con queste energie deve necessariamente essere dotati di una grande forza e stabilità interiore per poterle reggere.


Lo scrittore Jone Chioccarello è una di queste persone speciali, che proprio a causa delle sue capacità si è trovato spesso testimone involontario di comunicazioni particolari, quasi fosse una calamita che attrae situazioni bizzarre.

Alcune di queste sue avventure autobiografiche ci hanno spaventato, commosso o divertito nel libro “Un sentiero verso l’ignoto”. I suoi racconti a volte sconvolgenti ed agghiaccianti sono sempre vissuti con una serenità e una pace interiore, che forse è il segreto che gli permette di non perdere la propria lucidità ed equilibrio mentale di fronte a situazioni destabilizzante. Dopo averci deliziato con l’aneddoto del faggeto (che possiamo leggere qui) torna con un’altra toccante storia dedicata sulla natura che ci dovrebbe far riflettere :

“...voglio raccontare un altro episodio che mi è successo alcuni anni dopo, questa volta non con alberi enormi, ma con alberelli da appartamento, un ficus beniamino e una pianta di limoni. Un fatto anomalo che anche se non a livello del precedente è comunque interessante.
Non so come dire ma a volte mi sento come il “prezzemolo”, che cresce in maniera incontrollata e a volte è anche infestante; sembra che io arrivi di proposito dove ci sono delle anomalie. Mi sembra di essere un mezzo per condividere forse con altri, molti fenomeni inspiegabili e probabilmente anche irripetibili.

Un sabato sera mi sono recato a casa di un mio dipendente per prendere accordi e definire alcune modalità per il lavoro che dovevamo riprendere il lunedì mattina. Suono il campanello e mi viene ad aprire la moglie. A malincuore ho visto che il suo viso portava i segni di freschissime percosse. Ho domandato cosa fosse successo, lei scuotendo la testa e asciugandosi le lacrime “ stavo preparando la cena, e dieci minuti fa, lui con tono imperativo mi ha imposto di andare dal tabaccaio a comperagli le sigarette. Gli ho fatto notare che stavo a cuocendogli la cena, mi sono arrivati in faccia due ceffoni così sonori che ho ancora un orecchio che mi brucia e mi fischia, comunque siedi che dovrebbe arrivare a momenti”.
Mi sono accomodato in una comoda e soffice poltrona che aveva il ficus dal lato sinistro e l’alberello di limoni a destra. Dopo pochi secondi mi sono sentito accarezzare dietro al braccio sinistro. Era estate e indossavo una maglietta senza maniche, ho fatto un leggero sussulto pensando ad un insetto, ma come mi sono girato ho visto che il ficus “benjamin” aveva le foglie dal mio lato che tremolavano tutte come ci fosse una leggera brezza.

Mi sembrava una cosa stranissima, ho avuto per un attimo la sensazione che volesse parlarmi e che chiedesse protezione. A questo punto ritengo doveroso fare un quadretto di Carlo (il mio dipendente): appena trent’anni, disintossicato da poco dall’alcool dopo un gravissimo coma etilico, un tipo egoista che molto spesso lasciava trasparire dai suoi atteggiamenti e discorsi parecchia cattiveria e a volte anche crudeltà. Una cosa che non mi piaceva perché sembrava odiasse il mondo intero.

Non so se la cosa fosse da imputare all’abuso di alcool oppure il suo carattere così negativo fosse dovuto a un difetto nel DNA, comunque sta di fatto che nutriva ammirazione solo per sua madre e penso che questo possa bastare.
Ho chiamato sua moglie e le ho fatto notare il fenomeno, lo stupore l’ha assalita immediatamente confermando lei stessa che si trattava di una stranezza. In quel momento abbiamo udito Carlo chiudere il basculante del garage e aprire il portoncino che dava nella tromba delle scale. 

Come ha iniziato a salire i gradini è iniziato il vero spettacolo. Al rumore dei passi, i due alberelli hanno incominciato a vibrare, le foglie agitandosi sembravano indirizzarsi verso di me come attirate de un aspirapolvere, quella scena mi ha fatto stringere il cuore e ho passato le mie mani dentro ai loro ramoscelli accarezzando quella paura. Anna si è portata le mani alle guance sussurrando “non è possibile che la cattiveria di quello zoticone possa far paura anche a loro.

Intanto i passi di Carlo si avvicinavano, quattro rampe di scale e un lungo corridoio condominiale, sono stati sufficienti per intuire una situazione tutt’altro che positiva. Anna ha incrociato le labbra con un dito in segno di silenzio eclissandosi in cucina e chiudendo la porta, ho dato uno sguardo alle piante e mi sentivo avvolto dal loro terrore e nello stesso istante Carlo ha infilato la chiave nella serratura. Quello è stato un attimo intenso, mi è sembrato che la stanza si fosse svuotata, come se fossero spariti i rumori e anche la forza di gravità, è durato un istante fino all’apertura della porta, e in quel frangente gli alberelli si sono bloccati.

Dopo averlo salutato l’ho subito aggredito con una domanda a bruciapelo “cosa fai a questi poveri alberelli che li trovo malconci?” E lui con tono sprezzante “ppfff questi quattro stecchi sono il mio divertimento, scotto loro le foglie con l’accendino, spengo le sigarette sulla loro corteccia, trapasso loro le foglie con un filo per unirne alcune e ci appendo piccoli pesi, e poi guarda “…. Ha tirato fuori da dietro la poltrona una batteria da 12 volt,“ con questa?!, pianto due ferri nella terra, abbevero per bene e poi attacco i cavi, dovresti vedere che bello, se ci sono dei lombrichi escono in superficie. Che dire?! Mente contorta, atteggiamenti sadici e violenti con tutti o cos’altro?

Fatto sta che anche la due povere pianticelle erano terrorizzate dal suo comportamento carico di cattiveria e me l’hanno dimostrato abbondantemente.
Qua si potrebbe rimanere a fare commenti forse inutile e anche infinite deduzioni per molto tempo, io mi fermo a raccontare l’essenziale di un episodio che merita moltissima attenzione. Mi auguro che quanto scritto sopra serva per far riflettere almeno qualcuno, ricordando e sottolineando che dove c’è vita c’è energia, e si può sempre attingere qualche insegnamento."


fonte: https://crepanelmuro.blogspot.com/