domenica

Renato Caccioppoli



è stato un matematico italiano. Ebbe una "influenza decisiva sullo sviluppo della analisi matematica in Italia".

Era figlio di Giuseppe (1852-1947), noto chirurgo napoletano, e della sua seconda moglie Sofia Bakunina (1870-1956), figlia del rivoluzionario russo Michail Bakunin.

Dopo aver trascorso la sua infanzia ad Avella presso le zie e conseguito il diploma di Istituto Tecnico e la Maturità Classica, nel 1921 si iscrisse alla Facoltà di Ingegneria, ma nel novembre 1923 passò a Matematica. Subito dopo aver conseguito la laurea, nel 1925, diventò assistente di Mauro Picone che proprio in quell'anno fu chiamato all'Università di Napoli dove rimase fino al 1932. Picone scoprì subito le sue doti e lo spinse alla ricerca in Analisi matematica. Nel corso dei successivi cinque anni Caccioppoli pubblicò una trentina di lavori su argomenti sviluppati in completa autonomia che gli fecero ottenere un premio ministeriale per la matematica e nel 1931, vincendo il concorso a soli 27 anni, la cattedra di Analisi algebrica all'Università di Padova. Nel 1934 tornò a Napoli per coprire la cattedra di Teoria dei gruppi; successivamente passò alla cattedra di Analisi Superiore e dal 1943 a quella di Analisi Matematica.

Nel 1931 divenne socio corrispondente dell'Accademia di Scienze Fisiche e Matematiche di Napoli, passando a socio ordinario nel 1938, nel 1944 socio ordinario dell'Accademia Pontaniana, nel 1947 divenne socio corrispondente dell'Accademia Nazionale dei Lincei e socio nazionale nel 1958. Fu anche socio corrispondente dell'Accademia Patavina di Scienze, Lettere ed Arti. Negli anni dal 1947 al 1951 diresse, insieme a Carlo Miranda, la rivista Giornale di Matematiche fondata da Giuseppe Battaglini. Nel 1948 entrò come membro del comitato di redazione degli Annali di Matematica e dal 1952 fu membro del comitato di redazione di Ricerche di Matematica.

Nel maggio del 1938 tenne un discorso contro Hitler e Mussolini, in occasione della visita del dittatore nazista a Napoli: insieme alla compagna, Sara Mancuso, fece suonare l'inno nazionale francese da un'orchestrina, dopodiché iniziò a parlare contro il fascismo e il nazismo in presenza di agenti dell'OVRA. Fu nuovamente arrestato, ma sua zia, Maria Bakunin, all'epoca docente di Chimica all'Università di Napoli, riuscì a farlo scarcerare convincendo le autorità dell'incapacità di intendere e di volere del nipote. Caccioppoli fu così internato, ma continuò gli studi di Matematica e a suonare il pianoforte. La sua attività di convinto antifascista si espresse anche in atti di sarcastica presa in giro contro il regime. È noto, ad esempio, che durante l'epoca fascista, a seguito del divieto per gli uomini di passeggiare con cani di piccola taglia (secondo i fascisti per "salvaguardia della virilità"), era solito camminare, come forma di contestazione, per le principali strade di Napoli con un gallo al guinzaglio.

Nel dopoguerra si avvicinò al Partito Comunista Italiano.

Nel 1953 l'Accademia di Lincei gli conferì il Premio Nazionale di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali.

Negli ultimi anni le delusioni della politica e l'abbandono della moglie, unite forse all'affievolirsi della sua vena matematica, lo portarono all'alcolismo. La crescente instabilità aveva acuito le sue "stranezze", al punto che, l'8 maggio 1959 la notizia del suicidio con un colpo di pistola alla testa nella sua casa di Palazzo Cellammare, non colse di sorpresa quanti lo conoscevano.

Attività scientifica

I suoi lavori più importanti, su un totale di circa ottanta pubblicazioni, riguardano l'analisi funzionale e il calcolo delle variazioni.

A partire dal 1930, si dedicò allo studio delle equazioni differenziali, utilizzando per primo l'approccio topologico-funzionale. Proseguendo su questa strada, nel 1931 estese il teorema del punto fisso di Brouwer, applicando i risultati ottenuti sia dalle equazioni differenziali ordinarie sia da quelle alle derivate parziali.

Nel 1932 introdusse il concetto generale dell'inversione della corrispondenza funzionale, mostrando che una trasformazione tra due spazi di Banach è invertibile solo se è invertibile localmente e se le uniche a divenire successioni convergenti sono le successioni compatte.

Tra il 1933 e il 1938 applicò i suoi risultati alle equazioni ellittiche, stabilendo i limiti maggioranti per le loro soluzioni, generalizzando il caso bidimensionale di Bernstein. Contemporaneamente studiò gli insiemi di funzioni definiti in Cn, dimostrando nel 1933 il teorema fondamentale sulle famiglie normali di variabili complesse: se una famiglia è normale rispetto ad ogni variabile complessa, lo è anche rispetto all'insieme delle variabili.

Nel 1935 Caccioppoli dimostrò l'analiticità per le soluzioni delle equazioni ellittiche di classe C2, dando così lo spunto per la risoluzione del diciannovesimo problema di Hilbert (vedi problemi di Hilbert). La dimostrazione fu poi data, nel 1957, dal matematico italiano Ennio De Giorgi, allora borsista presso l'IAC. Proprio all'IAC De Giorgi e Caccioppoli si incontrarono ripetutamente.

Il 1952 vide pubblicata la summa dei suoi lavori sull'area di una superficie e sulla teoria della misura, con l'articolo Misura e integrazione degli insiemi dimensionalmente orientati, (Rendiconti dell'Accademia Nazionale dei Lincei, s. VIII, v.12). L'articolo riguarda specialmente la teoria degli insiemi dimensionalmente orientati, vale a dire un'interpretazione delle superfici come frontiere orientate di insiemi nello spazio. Vengono anche introdotti gli insiemi approssimanti in media tramite domini poligonali a perimetro limitato, noti oggi col nome di Insiemi di Caccioppoli.

I suoi ultimi lavori, datati tra il 1952 e il 1953, riguardano le funzioni pseudoanalitiche, da lui introdotte estendendo alcune proprietà delle funzioni analitiche.

Grazie alla sua opera e ai suoi allievi, tra cui l'amico e collega Carlo Miranda, Mario Curzio, Renato Vinciguerra, Donato Greco, don Savino Coronato si forma a Napoli un'importante scuola di matematici.

Onorificenze

In sua memoria sono intitolati:

Il Dipartimento di Matematica e Applicazioni dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II"
Il Premio Caccioppoli, assegnato dall'Unione Matematica Italiana
Il v° Liceo Scientifico statale di Napoli, e il liceo scientifico statale di Scafati (SA)
L'asteroide 9934 Caccioppoli.

Al cinema e nella letteratura

Nel 1992 la sua personalità tormentata è stata ricordata al cinema con un film diretto da Mario Martone e coprodotto da Rai Tre, Morte di un matematico napoletano, in cui il suo ruolo fu sostenuto da Carlo Cecchi, e da un libro del giornalista Piero Antonio Toma, dal titolo Renato Caccioppoli, l'enigma.

Lo scrittore Luciano De Crescenzo, nel suo libro Storia della filosofia greca. Da Socrate in poi del 1986, cita Renato Caccioppoli come docente di un suo esame, al termine del quale ricevette un "21 di scoraggiamento".

sabato

Vittorio Vidali


è stato un politico e antifascista italiano, conosciuto anche come Vittorio Vidale, Enea Sormenti, Jacobo Hurwitz Zender, Carlos Contreras, "Comandante Carlos" fu convinto assertore della linea politica strategica internazionale impostata da Stalin e legato ai servizi segreti sovietici, fondatore del V Reggimento delle Brigate Internazionali durante la guerra civile spagnola e, in seguito, deputato della Repubblica Italiana eletto nelle file del PCI.

Biografia

Prima dell'avvento del Fascismo

Estremamente attivo, fin da giovanissimo, come militante politico dell'ala massimalista dei socialisti, a poco più di vent'anni fu tra i fondatori del Partito Comunista d'Italia e fra gli organizzatori degli Arditi rossi di Trieste comandati da Vittorio Ambrosini. Nel suo dossier, stilato dalla polizia fascista, venne definito un "bolscevico". Abbandonò il paese dopo l'ascesa al potere di Benito Mussolini, nel 1922. I servizi informativi fascisti continueranno a registrare i suoi movimenti anche come esule all'estero, nel tentativo di organizzarne la cattura o l'eliminazione. In un rapporto segreto del SIM (il controspionaggio del Regio Esercito) redatto nel '38 e rinvenuto presso l'Archivio di Stato, si afferma riguardo alla sua attività nella guerra civile spagnola:

Ministero della Guerra Comando del Corpo di Stato Maggiore - S.I.M. Prot. 3/15917 oggetto: Vittorio Vidali commissario politico nell'esercito rosso Roma 8 giugno 1938 - XVI° Al Ministero dell'Interno Dir. Gen. della P.S. Roma

Svolge attività di propaganda comunista nelle file dell'esercito rosso, nella sua qualità di commissario politico, il connazionale Vittorio Vidali di Giovanni, nato a Muggia il 3 marzo 1901, alias Enea Sormenti, meglio conosciuto tra le truppe rosse come "comandante Carlos". Sul suo conto risulta:

- è un rivoluzionario che ha conosciuto tutte le carceri, ha visto tutti i paesi e ha combattuto un po' ovunque;

- il padre era operaio nei cantieri San Marco di Trieste, ed egli trascorse la sua giovinezza e svolse la sua attività sovversiva in detta città; prese parte ai moti del 1920 nel cantiere San Marco;

- si recò poi in Germania, ad Algeri, ed in fine a New York dove divenne amico di Vanzetti;

- organizzò, nel 1926, in America il 1º congresso antifascista; continuando i suoi viaggi si recò in Russia e poi in Messico;

- nel 1934 giuse in Spagna; all'inizio del movimento nazionale si interessò per organizzare le prime truppe e fra queste il 5º reggimento;

- prese parte a tutte le operazioni e combattimenti come commissario politico e come capo della sezione operazioni ed organizzazione dello stato maggiore centrale;

- fu commissario politico della divisione "Lister" e partecipò alla battaglia di Guadalajara come commissario ispettore;

- dopo Guadalajara fu nominato commissario addetto alla propaganda nel campo nemico.

È iscritto alla pagina 689 della rubrica delle persone ricercate e sospette col provvedimento "da arrestare".

D'ordine Il Capo Sezione Ten. Col. Santo Emanuele

Verificato 17 giu. 1938 Schedario Cas. Pol. Centr. Protoc. 47653: 17 giu. 1938

I servizi per il Comintern

Dopo l'espulsione si trasferì a Mosca, dove fu arruolato nell'NKVD e si fece conoscere per la sua intensa attività sentimentale; una caratteristica che gli procurò un richiamo ufficiale da parte dei suoi superiori (Cacucci 1999). Usando il Socorro Rojo Internacional come copertura, il Comintern lo inviò in Messico per disciplinare il Partito Comunista Messicano. Lì inizio la sua relazione con la fotografa militante comunista Tina Modotti, amica di Diego Rivera.

L'omicidio di Julio Mella

Vi fu diceria che l'interesse di Vidali per la Modotti sia collegato all'omicidio del suo amante, Julio Antonio Mella, uno dei fondatori del Partito Comunista Cubano, invece l'esecutore dell'omicidio fu Lòpez Baliña, l'assassinio fu organizzato da Magriñat; il mandante fu Gerardo Machado. Mella fuggì dalla dittatura di Gerardo Machado per unirsi, seppur brevemente, al Partito Comunista Messicano.

Alcuni omicidi politici, a volte di altri comunisti, sono stati attribuiti alla "mano sanguinaria" di Vidali. Il volto del famoso agente è stato impresso anche nel murales "In the Arsenal" di Diego Rivera. Infatti sull'estrema destra del murales c'è Tina Modotti che porta un cinturone di munizioni e guarda innamorata Julio Antonio Mella, mentre il volto di Vidali, parzialmente nascosto, fissa sospettosamente da sotto un cappello nero come se scrutasse oltre le sue spalle. La diceria che fu assassinato da Vidali era avvalorata dal fatto che Mella era stato espulso dal partito per essersi associato con i trotzkisti, fatto ovviamente non gradito a Vittorio Vidali fedele alla politica del periodo del Comintern e quindi avverso ai trotzkisti. Mella si era ricongiunto al partito appena due settimane prima della sua morte, sebbene questo fatto sia oscuro. Non è l'unica volta che a Vidali furono attribuiti omicidi non commessi ed il più eclatante è quello relativo al Caso Tresca. L'omicidio di Mella mostra la complessità dei problemi e delle lotte intestine alla sinistra comunista che spesso venivano acutizzate con omicidi affibbiati all'una o all'altra parte in contesa come nel Caso Tresca. La posizione ufficiale dell'attuale governo Cubano è che Mella venne ucciso su ordine di Machado, ma è ampiamente riconosciuto che Tina Modotti era un operativa stalinista in numerosi paesi, anche a Cuba, per cui a Cuba stessa circolano ancora voci che fosse Vidali il responsabile dell'assassinio di Mella, data la difficoltà di movimento senza crear sospetti che avrebbero avuto gli uomini di Machado a Città del Messico. Secondo Abers (2002) ad aggiungersi al mistero ci sarebbero Magriñat e Rivera (appena tornati da Cuba) che avevano avvertito Mella di essere in pericolo anche se non si conosce da quale provenienza loro avessero ipotizzato il pericolo.

La Guerra Civile Spagnola

Vidali, assieme alla Modotti, lasciò il Messico alla volta della Spagna sconvolta dalla Guerra Civile, per combattere sul fronte repubblicano, nell'ambito del quale organizzò il V Reggimento, noto anche come reggimento di ferro, che diventerà una delle unità combattenti più efficienti e motivate fra i ranghi delle forze antifranchiste.

« A Madrid il Partito socialista costituisce i battaglioni "Largo Caballero" e "Octubre", del quale è nominato comandante Fernando De Rosa. Vittorio Vidali organizza per il Partito comunista il Quinto Reggimento, unità di élite dell'esercito spagnolo, che formò alcuni dei capi più validi come Enrique Lister, un tempo cavapietre, e Juan Modesto, ex taglialegna. »

La lotta all'interno delle Brigate Internazionali tre le frange anti-staliniste e quelle anti-trotzkista ebbe in Vidali uno dei suoi esponenti più noti. Da qui le voci sulla sua partecipazione agli omicidi di molti anti-stalinisti, in collaborazione con l'agente della GPU Iosif Grigulevich, cosa possibile visti gli accadimenti del periodo ma basati su congetture. D'altronde nella Spagna Repubblicana molte delle "morti accidentali" di attivisti di sinistra, specialmente di quelli del POUM o di anarchici (fra cui Andreu Nin, capo del POUM e Camillo Berneri), avvennero per mano degli stalinisti e, per quanto non vi siano prove definitive, permangono sospetti che Vidali sia stato implicato in questi omicidi o ne fosse a conoscenza, in tal senso però operavano in quel momento non solo gli agenti di Mosca ma anche lo spionaggio tedesco, gli agenti di Franco e organizzazioni come l'OVRA. Su questi fatti Vidali ha sempre smentito ogni addebito.

In Messico e in Italia

Alcuni affermano il coinvolgimento di Vidali, rientrato in Messico, nel tentativo di assalto alla residenza di Trotsky a Città del Messico insieme con Grigulevich ed il pittore messicano David Alfaro Siqueiros avvenuto il 24 maggio del 1940. Tuttavia non si è mai potuto dimostrare che Vidali avesse responsabilità in merito e il fatto che l'assassinio di Trotsky, avvenuto poi il 24 agosto per mano dell'infiltrato stalinista Ramón Mercader, si sia consumato quando Vidali era in Messico può essere soltanto una mera coincidenza. Riguardo a questi fatti Vidali contesterà le insinuazioni e affermerà in seguito:

« Un'operazione voluta da Stalin, organizzata, preparata e condotta a termine dalla polizia segreta sovietica che tentò [...] di coinvolgermi nel più fosco e clamoroso complotto di quegli anni: per isolarmi, per tentare di distruggermi politicamente, dal momento che non era riuscita, grazie a Elena Stasova, a Togliatti, a dirigenti del Comintern come Tom Bell, ad avermi nelle sue mani. »

(Tratto da Comandante Carlos, 1983)

Vittorio Vidali tornò nel 1946 a Trieste per diventare un importante esponente del Partito Comunista del Territorio Libero di Trieste ed ha anche ricoperto la carica di deputato nazionale per il Partito Comunista Italiano dal 1958 al 1963. In funzione antititoista, dal 1948 al 1955, fece assumere al PCI triestino posizioni marcatamente antijugoslave che portarono ad una forte assimilazione dell'elemento sloveno presente all'interno del PCI di Trieste; dopo che sul giornale "Il lavoratore" Vidali aveva affermato ancora una volta la necessità della "scomunica" del 1948 a Tito, il 31 maggio 1955 la segreteria nazionale del PCI sconfessa l'operato del Segretario triestino.

L'immagine

Le circostanze riguardanti Vittorio Vidali, insieme ai suoi viaggi attraverso la Cuba pre e post rivoluzione, in Turchia, Messico e Spagna danno una chiara idea di quanto fossero spregiudicati i movimenti e le azioni messe in atto da parte di militanti comunisti che avevano come base operativa Mosca, che essendo ben distanti dal vivere la realtà sovietica del momento non erano forse in grado di valutare sia la degenerazione stalinista sia la spaccatura che lo stalinismo stava, tramite calunnie e menzogne, operando all'interno della sinistra.

Sulla morte di Tina Modotti

Altra diceria riportata senza alcuna base storica relativa al rapporto Modotti-Vidali è che Tina Modotti in Spagna avesse detto a Valentin Gonzales, detto el Campesino, che aveva appena deciso di non uccidere Vidali (el Campesino fu fra i più valorosi comandanti delle Brigate Internazionali, internato poi in un gulag staliniano):

« Avresti dovuto sparargli, lo odio. Dovrò seguirlo fino alla morte »

(Tina Modotti)

cosa che effettivamente avvenne, infatti morì a Città del Messico il 5 gennaio 1942 e Diego Rivera, quando lo seppe, accusò Vidali di averla uccisa.

Mentre dal sito dedicato a Tina Modotti viene asserito

« Nella notte del 5 gennaio 1942, dopo una cena con amici in casa dell'architetto Hannes Mayer, Tina Modotti muore, colpita da infarto, dentro un taxi che la sta riportando a casa. Come già era accaduto dopo l'assassinio di Julio Antonio Mella, la stampa reazionaria e scandalistica cerca di trasformare la morte di Tina in un delitto politico e attribuisce responsabilità a Vittorio Vidali. »

E Pablo Neruda indignato per le accuse fatte a Vidali compone un poemetto per la morte di Tina in cui denuncia anche lo sciacallaggio fatto sulla sua morte.

Opere

Lo sviluppo economico di Trieste e la questione nazionale, Roma, Istituto poligrafico dello stato, 1953.
Diario di Cuba o Patria o muerte, venceremos, Milano, Vangelista, 1973.
La guerra antifascista, Milano, Vangelista, 1973.
Diario del XX Congresso, Milano, Vangelista, 1974.
Spagna lunga battaglia, Milano, Vangelista, 1975.
Dal Messico a Murmansk, Milano, Vangelista, 1975.
Il 5º reggimento, Milano, La Pietra, 1976.
Giornale di bordo, Milano, Vangelista, 1977.
Missione a Berlino, Milano, Vangelista, 1978.
La caduta della repubblica, Milano, Vangelista, 1979.
Tina Modotti: fotografa e rivoluzionaria, Milano, IE, 1979.
Orizzonti di libertà, Milano, Vangelista, 1980.
Ritorno alla città senza pace. Il 1948 a Trieste, Milano, Vangelista, 1982.
Ritratto di donna. Tina Modotti, Milano, Vangelista, 1982.
Comandante Carlos, Roma, Editori Riuniti, 1983.

fonte: Wikipedia

giovedì

Marcial Maciel




Marcial Maciel Degollado è stato un presbitero messicano di confessione cattolica.

La congregazione clericale dei Legionari di Cristo e il movimento d'apostolato Regnum Christi lo considerano il loro fondatore, sebbene nel 2011 un altro legionario, Alfredo Torres Villanueva, abbia rivendicato la paternità del Regnum Christi e abbia negato qualsiasi ruolo di Maciel nella sua fondazione.

Il 19 maggio 2006, dopo un'indagine canonica durata più di un anno, la Congregazione per la Dottrina della Fede gli inflisse la pena della rinuncia a ogni ministero pubblico e gli impose una vita riservata di preghiera e di penitenza per gli atti di pedofilia compiuti su seminaristi della sua congregazione e per averne successivamente assolti alcuni in confessione. La decisione fu approvata personalmente da papa Benedetto XVI.

Il 1º maggio 2010, al termine della seconda visita apostolica inviata ai Legionari di Cristo, la Santa Sede dichiarò che «I gravissimi e obiettivamente immorali comportamenti di P. Maciel, confermati da testimonianze incontrovertibili, si configurano, talora, in veri delitti e manifestano una vita priva di scrupoli e di autentico sentimento religioso». Inoltre «La condotta di P. Marcial Maciel Degollado ha causato serie conseguenze nella vita e nella struttura della Legione, tali da richiedere un cammino di profonda revisione», riguardante il carisma, la spiritualità, le Costituzioni, la formazione dei seminaristi, la struttura di governo e l'apostolato.

Benedetto XVI definì Maciel «un falso profeta» che ha condotto una vita «al di là di ciò che è morale: un'esistenza avventurosa, sprecata, distorta».

Scrivere la biografia di Marcial Maciel significa distinguere la realtà dal mito che egli volle costruire su se stesso.

Marcial Maciel Degollado nacque il 10 marzo 1920 a Cotija (Michoacan, Messico) da una famiglia di medi proprietari terrieri.

Negli anni venti il Messico visse una grave persecuzione religiosa, che culminò con la Guerra Cristera. Nel 1927 la guerra cristera si estese nel Michoacan e i Maciel fuggirono da Cotija, trasferendosi dapprima a Jamay (Jalisco) e poi a Zamora (Michoacán) «ove rimasero per un lungo periodo, dal momento che tutta la famiglia era in pericolo». Uno zio materno di Maciel, Jesús Degollado Guízar, era infatti un capo cristero e i Maciel temettero ritorsioni delle truppe governative. Solo a guerra terminata, nel 1929, i Maciel fecero ritorno a Cotija de la Paz. È quindi improbabile che Maciel abbia assistito (come da lui più volte raccontato e come riportato nelle biografie ufficiali) al martirio di José Sánchez del Rio, un cristero quindicenne ucciso a Sahuayo dalle truppe governative il 10 febbraio 1928 e beatificato da papa Benedetto XVI nel 2005.

Secondo la biografia ufficiale nel maggio del 1934 ricevette la vocazione al sacerdozio. Nel 1936 entrò nel seminario minore di Veracruz, che risiedeva clandestinamente a Città del Messico ed era diretto dallo zio Rafael Guizar y Valencia, vescovo di Veracruz, canonizzato da Benedetto XVI nel 2006. Nel giugno dello stesso anno, sempre secondo la biografia ufficiale, ricevette la vocazione a fondare un nuovo ordine religioso. Alla morte dello zio (ma su sua disposizione) nel 1938 fu dimesso dal seminario. Entrò allora in quello della diocesi di Chihuahua, dov'era vescovo un altro suo zio, Antonio Guizar y Valencia. Come seminarista della diocesi di Chihuahua fu ammesso al seminario interdiocesano di Montezuma (Nuovo Messico, Stati Uniti), retto dai gesuiti.

Nel 1939 Maciel fu espulso anche dal seminario della diocesi di Chihuahua. Si rivolse a un altro suo zio, Francisco Gonzalez Arias, vescovo di Cuernavaca. Poté così continuare gli studi a Montezuma come seminarista della diocesi di Cuernavaca, ma nel 1940 fu espulso definitivamente dagli stessi gesuiti. Maciel ha sempre spiegato queste espulsioni come conseguenza dei suoi tentativi (malvisti dai superiori) di riunire alcuni seminaristi per fondare la sua congregazione. I biografi indipendenti le hanno invece spiegate come conseguenza della scoperta, da parte dei superiori, delle sue tendenze omosessuali.

Maciel continuò la preparazione al sacerdozio sotto la supervisione dello zio Francesco Gonzalez Arias. Il 3 gennaio 1941 fondò a Città del Messico la Scuola apostolica dei Missionari del Sacro Cuore e della Vergine Addolorata. La maggioranza dei seminaristi originari lasciò successivamente la congregazione. Ricevette l'ordinazione sacerdotale nel 1944 nella basilica di Nostra Signora di Guadalupe a Città del Messico dallo stesso zio Gonzalez Arias, nonostante non avesse completato gli studi canonici.

Nel giugno del 1946 Maciel fu ricevuto in udienza da papa Pio XII. Nel settembre dello stesso anno il rettore della Pontificia Università di Comillas (Santander, Spagna), il gesuita Francisco Baeza, fece un viaggio in America Latina per offrire borse di studio a giovani seminaristi. Grazie all'amicizia con Martin Artajo (ministro degli esteri del regime franchista), Maciel riuscì a portare in Spagna il primo gruppo di giovani seminaristi. Nel 1948, per ragioni ancora non chiarite, i gesuiti allontanarono Maciel e i suoi seminaristi da Comillas.

Maciel ottenne nel 1948 dal vescovo di Cuernavaca, Alfonso Espino y Silva, l'erezione canonica come congregazione di diritto diocesano. Maciel era stato avvertito che la Santa Sede stava per inviare una comunicazione, che ne disponeva il rinvio sine die e ottenne dal vescovo di anticipare la cerimonia di due settimane. La comunicazione della Santa Sede giunse quando ormai era troppo tardi.

Nel 1949 la congregazione fondata da Maciel cambiò nome in Legionari di Cristo su suggerimento di Pio XII. Nel 1950 inaugurò il Collegio Maggiore a Roma e nel 1954 la sua prima scuola, il collegio Cumbres a Città del Messico, grazie alle donazioni di una ricca ereditiera, Flora Barragan de Garza.

Nel 1958 fu inaugurato, alla presenza del nunzio apostolico in Spagna mons. Ildebrando Antoniutti, il noviziato in Salamanca e fu consacrata a Roma dal cardinale vicario Clemente Micara la chiesa di Nostra Signora di Guadalupe, eretta parrocchia nel 1960 e basilica minore nel 1990. Nel 1949 o nel 1959 fu fondato il movimento d'apostolato Regnum Christi e nel 1964 aprì l'Università Anáhuac a Città del Messico.

Col Decretum laudis di papa Paolo VI, nel 1965 la congregazione dei Legionari di Cristo diventò di diritto pontificio.

Nel 1966 la congregazione fondò la prima scuola Mano Amiga, destinata all'educazione di bambini poveri, poi riunite nella Fundacion Altius[19]. Nel 1970 Paolo VI affidò ai Legionari di Cristo la Prelatura di Quintana Roo nella penisola dello Yucatán e le missioni tra le popolazioni maya.

Nel 1971 fu fondata la prima Scuola della fede a Città del Messico. Con il Decretum laudis del 1983 la Santa Sede approvò in via definitiva le Costituzioni dei Legionari di Cristo (per i dubbi su questa approvazione vedi la sezione Le Costituzioni e gli abusi amministrativi).

Nel 1987 Maciel fu operato a Houston (Texas) per un'emorragia cerebrale. Si riprese, ma pur conservando la sua autorità dovette accettare un maggiore ruolo degli altri superiori nel governo della congregazione. Nel 1979, 1990 e 1993 accompagnò Giovanni Paolo II nelle sue visite in Messico, ma non in quelle del 1999 e del 2002.

Nel 1991 fu fondato il Collegio Maria Mater Ecclesiae di Roma e nel 1993 il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, destinati a preparare religiosi, sacerdoti diocesani e laici. Nel 2005 fu fondata l'Università Europea di Roma.

Maciel fu nominato membro dell'Assemblea Ordinaria del Sinodo dei vescovi per la formazione dei candidati al sacerdozio (1990), membro della IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano (1992), consulente permanente della Congregazione per il Clero (1994), membro dell'Assemblea Speciale per l'America del Sinodo dei vescovi (1997) e membro del Sinodo dei vescovi sulla vita consacrata e la sua missione nella Chiesa (1997).

Nel 2004 la Santa Sede concesse il decreto di approvazione definitiva degli Statuti del movimento Regnum Christi e affidò ai Legionari di Cristo la gestione dell'Istituto Pontificio Notre Dame di Gerusalemme.

Il 19 maggio 2006, al termine di un'indagine canonica durata più di un anno, il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale William Joseph Levada, sanzionò Maciel per gli atti di pedofilia compiuti su seminaristi della sua congregazione e per averne successivamente assolti alcuni in confessione.

Marcial Maciel Degollado morì il 30 gennaio 2008. I Legionari di Cristo indicarono come località della morte prima Houston e poi Jacksonville. José Manuel Vidal e Idoia Sota spiegano questa doppia indicazione come conseguenza delle false identità usate da Maciel (che fu Raúl Rivas come compagno di Norma Baños e padre di Norma Hilda Rivas Baños, mentre fu Jaime Alberto González Ramírez per l'altra compagna Blanca Estela Lara, da cui ebbe altri due figli). L'avvocato José Bonilla, patrocinante per un breve periodo nel 2009 di due figli di Maciel, affermò che a ciascuna identità corrispose un distinto atto di morte. Secondo quanto si apprende dalla stampa, Marcial Maciel sarebbe morto disperato.

Gli scritti di Maciel

A Maciel sono attribuiti alcuni scritti che, nel migliore dei casi, non sono solo opera sua:

La formazione integrale del sacerdote cattolico (I edizione del 1990), che raccoglierebbe l'esperienza dell'autore nella formazione dei seminaristi è invece opera di altri legionari, tra cui Gonzalo Miranda
Il Salterio de mis dias è un plagio del Salterio de mis horas, scritto nel 1941 da un repubblicano cattolico spagnolo, Luis Lucia Lucia. Con una nota interna dell'8 dicembre 2009, il segretario generale della congregazione, Evaristo Sada, ha confermato il plagio.
La mia vita è Cristo, pubblicato nel 2004 non è la trascrizione di un'intervista che Jesus Colina avrebbe fatto a Maciel, ma secondo Regain Network sarebbe una FAQ scritta da più persone.
Molte lettere di Maciel sono state scritte in tutto o in parte da altri legionari e membri del Regnum Christi.

Un carisma e una spiritualità problematici

Verso la fine degli anni '90, da più parti (per esempio da associazioni come Regain Network) si sollevarono dubbi sull'originalità del carisma e della spiritualità dei Legionari di Cristo e del Regnum Christi. La scoperta che gli scritti di Maciel non erano solo suoi fu un elemento a favore di chi sosteneva la tesi che Maciel non fosse un vero fondatore.

Maciel dette una definizione chiara e definitiva del carisma solo nei suoi ultimi anni come superiore generale, affermando che il carisma dei Legionari di Cristo e del Regnum Christi era la ricerca dell'autenticità nell'esercizio del comandamento della carità evangelica tra gli uomini. La carità però non è un carisma, ma una virtù cristiana. Il suo successore Alvaro Corcuera scrisse nel 2009 che i frutti del carisma erano l'amore a Cristo, alla Vergine Maria, alla Chiesa cattolica, al papa e alle anime, che però sono alla base della religione cattolica e quindi comuni a qualsiasi cattolico. Nel 2010 il segretario generale, Evaristo Sada, dette una definizione del carisma e della missione del Regnum Christi in contraddizione con altre espressioni precedenti. Sada scrisse che il Regnum Christi non era una vocazione (come sempre precedentemente sostenuto), ma un semplice strumento per vivere più profondamente la fede cattolica.

Nel marzo del 2009 la Santa Sede inviò ai Legionari di Cristo una seconda visita apostolica, terminata nell'aprile del 2010. Il compito dei visitatori apostolici non era stabilire se Maciel fosse stato un pedofilo e se fossero vere le notizie sui suoi figli. Per la Santa Sede questo era già noto: a Maciel nel 2006 era stata inflitta una pena espiatoria e una paternità di Maciel era già stata riconosciuta dagli stessi Legionari di Cristo. Si trattava di comprendere il rapporto tra la personalità e la vicenda umana di Maciel in quanto fondatore e la Congregazione dei Legionari di Cristo cioè, per usare le parole della Santa Sede, le «conseguenze nella vita e nella struttura della Legione».

La visita apostolica certificò i delitti di Maciel, permettendo una maggiore comprensione del comunicato del 2006 e della natura canonica di quell'invito a una vita riservata di preghiera e di penitenza e alla rinuncia a ogni ministero pubblico. Ma certificò anche «la necessità di ridefinire il carisma della Congregazione dei Legionari di Cristo, preservando il nucleo vero, quello della "militia Christi", che contraddistingue l'azione apostolica e missionaria della Chiesa e che non si identifica con l'efficientismo a qualsiasi costo».

I Legionari di Cristo e il Regnum Christi definiscono la loro spiritualità come cristocentrica, ma il cristocentrismo non è un carattere originale o peculiare di uno specifico istituto, essendo connaturato alla vita consacrata in quanto tale. La spiritualità dei Legionari di Cristo e del Regnum Christi è racchiusa nelle lettere e negli altri scritti attribuiti a Marcial Maciel, e nelle registrazioni di suoi interventi, materiale su cui continua ad avvenire la formazione dei legionari e dei membri consacrati e laici del Regnum Christi. La formazione è anche integrazione: tutti hanno l'obbligo di aderire internamente ed esternamente, affettivamente ed effettivamente, alla dottrina del fondatore.

Le lettere di Maciel sono raccolte in ordine cronologico e non esiste né una loro edizione sistematica, né una loro traduzione completa in lingue diverse dall'originale spagnolo. Regain Network ha sostenuto che la mancanza di una pubblicazione sistematica, in cui si definisca e analizzi il carisma e la spiritualità della congregazione e del Regnum Christi, nasconda la loro mancanza di originalità e la loro labilità. I Legionari di Cristo hanno risposto che una pubblicazione sistematica non era possibile finché il fondatore fosse stato in vita, perché la fondazione non poteva considerarsi conclusa.

Le lettere di Maciel sono distinte in pubbliche (indirizzate a tutti i legionari, consacrati o laici del Regnum Christi) e private (indirizzate a singoli: molte lettere private sono però diventate pubbliche). Maciel non fu l'unico autore delle lettere, ma formò un gruppo di redattori che, per scriverle, fecero uso di testi di altri autori cattolici e, per quelle private, anche di informazioni fornite dai direttori spirituali dei destinatari, violando l'obbligo di discrezione. Questi ghostwriter preparavano anche le risposte che Maciel dava nei suoi periodici incontri con i legionari e le consacrate del Regnum Christi. Le domande erano selezionate e preparate in precedenza. Qualcosa di simile successe anche con altri superiori.

La missione

Dubbi furono sollevati anche sulla missione dei Legionari di Cristo e del Regnum Christi. La loro missione è l'estensione del Regno di Cristo nella società secondo le esigenze della giustizia e della carità cristiana. Però già nel 1942 un sacerdote lucchese, Don Giuseppe Casali, aveva fondato in Italia un'associazione chiamata Regnum Christi, che «riunisce preti e laici che hanno voglia d’impegnarsi per collaborare alla crescita in terra del regno di Dio». I dubbi nascono dalle analogie tra la missione e alcune attività del Regnum Christi e quelle dell'associazione fondata 17 anni prima da Don Casali. L'analogia è completata dal fatto che il Regnum Christi di Maciel include la congregazione dei Legionari di Cristo e quindi anch'esso «riunisce preti e laici».

Inoltre nella missione e nelle attività dei Legionari di Cristo e del Regnum Christi si sono verificati nel tempo cambiamenti anche improvvisi e contraddittori, che seguono più o meno fedelmente i cambi di pontificato e di priorità della Chiesa cattolica. Questa circostanza è spiegata dalla congregazione come effetto del carisma di obbedienza al papa, mentre i commentatori indipendenti la spiegano come effetto della strategia di Maciel di cercare la benevolenza dal papa regnante, conquistare simpatie nella Curia Romana e cavalcare le mode religiose del momento, remunerative in termini di donazioni e adesioni.

In alcuni casi la congregazione e il Regnum Christi hanno copiato o parassitato attività di altri, estromettendone i fondatori, come nel caso di Familia.

La Santa Sede è intervenuta anche sulla conduzione delle attività di apostolato, dichiarando che l'efficientismo che le caratterizza è un elemento estraneo a un'autentica attività pastorale.

Il caso Maciel

La prima visita apostolica

Le prime accuse contro Maciel risalgono al 1942. Lo si desume da una sua lettera del 1957, inviata da Caracas ai legionari in Roma, in cui si lamenta di essere stato vittima di 15 anni di calunnie. Maciel raccontò anche di aver subito tra il 1942 e il 1956 periodiche aggressioni, ad opera di esaltati o di persecutori massoni e comunisti. Solo qualcuna di queste aggressioni è documentata. Per i biografi indipendenti, invece, gli aggressori (tra cui almeno un sacerdote) avevano scoperto i suoi abusi.

Nel 1944 il padre di Luis de la Isla (un seminarista minore legionario) denunciò Maciel al vescovo di Cuernavaca, Francisco Gonzales Arias (che era zio di Maciel), per aver abusato del ragazzo numerose volte. Inizialmente Gonzalez Arias fu intenzionato a sciogliere la neonata congregazione, ma poi cambiò idea e la denuncia non ebbe alcun esito. Luis de la Isla lasciò la congregazione, mentre vi rimasero altri due suoi fratelli, Carlos e Jesús.

Nell'agosto del 1954 un seminarista legionario, Federico Dominguez (che era stato dal 1948 al 1953 il segretario di Maciel), inviò una lettera al vicario generale dell'arcidiocesi di Città del Messico, Francisco Orozco Lomelì, informando che Maciel faceva uso di sostanze stupefacenti, adottava uno stile di vita non conforme ai voti religiosi; violava l'obbligo di discrezione in materia di coscienza e aveva usato «trucchi e oscure manovre» per difendersi dalle accuse dei gesuiti di Comillas. Maciel, con frequenti regali, si era fatto degli amici nella Curia Romana, che lo informavano delle accuse contro di lui Dominguez rivelò che Maciel lo aveva incaricato di raccogliere notizie sulla sua vita, ma che le aveva manipolate in modo da costruire una biografia romanzata, che ne alimentasse il mito. Fu il primo a parlare dell'esistenza di un archivio riservato accanto a quello ufficiale della congregazione.

Nella primavera del 1956 il prefetto della Congregazione per i religiosi, il cardinale Valerio Valeri, sorprese Maciel nella clinica romana Salvator Mundi, dove era ricoverato per una terapia di disintossicazione dalla droga, assistito da due legionari, Juan José Vaca e Neftalí Sanchez.

In agosto, Orozco Lomelí chiese al sacerdote Luis Ferreira Correa, allora vicario generale della congregazione e rettore della scuola apostolica di Città del Messico, «una relazione dettagliata» sul «modo di procedere e di essere del M.R.P. Maciel». Con l'aiuto di Federico Dominguez, Ferreira Correa dattiloscrisse una lettera di 13 pagine, che si apre con la rivelazione della pedofilia di Maciel. Ferreira Correa riporta i nomi di cinque studenti della scuola apostolica vittime dei continui abusi sessuali di Maciel dal 1944, tra cui Luis de la Isla, ma sottolinea che le vittime possono essere più numerose. Prosegue descrivendo lo stato di grave dipendenza dalla morfina in cui versava Maciel, che si applicava frequenti iniezioni e talvolta si procurava le dosi con false ricette e tramite gli stessi studenti della scuola apostolica.

Ferreira Correa racconta del ruolo della droga nell'apparente carismaticità di Maciel, delle sue frequenti assenze, della sua facilità nel procurarsi falsi passaporti. La tossicodipendenza di Maciel era così grave da non essere un mistero per molti legionari, inclusi alcuni membri del consiglio generale dell'epoca (tra i più importanti il maestro dei novizi della Casa di Roma Rafael Arumí e Jorge Bernal, vescovo cattolico dal 1974), ma Maciel era infine riuscito a imporre il silenzio sulle sue condizioni di salute. Ne erano informati anche i fratelli di Maciel: in concreto Blanca María, Francisco e Olivia, che gli aveva procurato alcune dosi. Ne erano informati l'arcivescovo di Morelia, Luis María Altamirano y Bulnes, e quello di Yucatán, Fernando Ruiz y Solózarno, con i quali Ferreira Correa si era consultato. La relazione informa che Maciel era «molto noto in determinati circoli sociali di Città del Messico», descrivendolo come una personalità menzognera, manipolatrice e simulatrice, con scarsa propensione per la vita spirituale e religiosa.

Nello stesso mese il vescovo di Cuernavaca, Sergio Méndez Arceo, e quello di Città del Messico, Miguel Darío Miranda Gómez, chiesero con due distinte lettere al segretario della Congregazione per i religiosi della Santa Sede, Arcadio Larraona, la rimozione di Maciel da superiore generale dei Legionari di Cristo e un'inchiesta riguardo tre accuse: tossicodipendenza, abusi sessuali e mendacità.

Il 15 settembre Maciel introdusse nella regola della congregazione il voto privato di discrezione o carità. Il voto si aggiungeva ai tre canonici di povertà, obbedienza e castità: vietava ai legionari di criticare l'operato o la persona del superiore (ed a maggior ragione Maciel) e li obbligava ad avvertire il superiore nel caso in cui un confratello lo avesse fatto.

La grande benedizione

Fino a tutti gli anni novanta, le cronologie della vita di Marcial Maciel e delle vicende della congregazione prodotte dai Legionari di Cristo non contengono riferimenti alla prima visita apostolica. Il 1949 è indicato come l’anno in cui «comincia a configurarsi ciò che sarà il Movimento Regnum Christi».
Nel 1997 il "caso Maciel" torna agli onori delle cronache. Negli anni 2000 nelle fonti primarie legionarie, a indicare il triennio 1956-1959, compare l'espressione grande benedizione, descritta come una persecuzione permessa da Dio a maggior gloria della congregazione durante la quale Maciel fu esiliato da Roma a causa di accuse infondate. Evaristo Sada, già segretario generale dei Legionari di Cristo, fa risalire l’espressione allo stesso Maciel, secondo il quale Dio aveva saputo trarre solo cose buone dagli eventi di quegli anni. Il Regnum Christi è presentato come il primo frutto della grande benedizione: nel 1959 «prenderà avvio il progetto della fondazione».
Nel 2010 la Santa Sede comunica che i comportamenti di Maciel si sono configurati talora come veri delitti. La grande benedizione scompare dalle fonti primarie legionarie, ma a maggio del 2012 continuava a mancare qualsiasi riferimento alla prima visita apostolica.
Il 19 settembre Arcadio Larraona inviò la documentazione riguardante Maciel al prosegretario di Stato Domenico Tardini, affinché papa Pio XII ne fosse informato. Il 20 settembre il cardinale Valeri decise la rimozione di Maciel, ma non rese pubblica la decisione. Maciel la nascose, continuando a raccogliere fondi in Spagna e in Messico per la costruzione della Basilica di N.S. di Guadalupe a Roma. La guida della congregazione fu assunta dai sacerdoti legionari Antonio Lagoa e Rafael Arumí, due ex seminaristi diocesani di Comillas, fedeli a Maciel.

In ottobre il cardinale Valeri dispose una visita apostolica, nominando visitatore apostolico Anastasio Ballestrero, superiore generale dei Carmelitani. Nonostante la rimozione, Maciel continuò a guidare la congregazione tramite Lagoa e Arumí. Si informava sulla visita apostolica, violando il divieto di entrare a Roma, cercava di influire sul suo esito e suggeriva dove spostare i seminaristi che sembravano voler collaborare.

Ballestrero non trovò riscontri alle accuse, ma definì i seminaristi reticenti, a disagio e preventivamente preparati a sostenere il colloquio con lui. Negli anni '90 alcuni di loro, tra i quali Josè Barba e Juan Josè Vaca, dichiararono di aver mentito al visitatore apostolico per devozione a Maciel e per rispetto del voto privato di discrezione o carità. Ballestrero scoprì però irregolarità canoniche e amministrative, consigliando la sostituzione definitiva di Maciel. Consigliò inoltre di riportare la congregazione in Messico sotto la supervisione dell'episcopato locale, di nominare un nuovo superiore generale esterno alla congregazione, che fosse unicamente la Santa Sede ad autorizzare l'ingresso di nuovi seminaristi, di modificare radicalmente le Costituzioni e di abolire i voti privati.

Nell'ottobre del 1957 il cardinale Valeri sostituì Ballestrero con due nuovi visitatori apostolici, Alfredo Bontempi, rettore del Pontificio Collegio Nepomuceno, e il francescano Polidoro van Vlierberghe, che scrissero relazioni favorevoli a Maciel.

Il 9 ottobre 1958 Pio XII morì e la visita apostolica non giunse mai a una formale conclusione. Il 13 ottobre, durante il periodo di interregno tra la morte di Pio XII e l'elezione di Giovanni XXIII (avvenuta il 28 ottobre), la Congregazione per i religiosi comunicò al cardinale Clemente Micara, vicario generale per la diocesi di Roma, che nulla ostava al reintegro di Maciel, seppure con alcune limitazioni e comunque sotto la supervisione di delegati esterni. Fu un provvedimento irrituale, che comunque non sarebbe potuto essere preso durante l'interregno. Il 12 dicembre Micara intervenne all'inaugurazione della basilica di N.S. di Guadalupe e il 6 febbraio del 1959 dispose il reintegro di Maciel senza limitazioni e senza supervisori, ponendo di fatto fine alla visita apostolica.

Alla base della decisione di Micara c'era il desiderio di costruire nuove chiese a Roma e Maciel era uno dei pochi ad aver il denaro per farlo. Già alcuni anni prima Maciel gli aveva donato una notevole somma di denaro. Non è chiaro se Micara conoscesse le accuse fatte a Maciel. Un rapporto della Curia romana del 1962 affermò che la visita apostolica non era potuta procedere oltre per «le raccomandazioni e l’intervento di alte personalità». Un altro rapporto del 1964 affermò che «le conclusioni sembrano non corrispondere alla logica dei fatti».

Il provvedimento disciplinare del 2006

Il sacerdote legionario Juan Jose Vaca fu il superiore provinciale degli USA dal 1971 al 1976. Nel 1976, nel lasciare la congregazione, scrisse una lunga lettera a Maciel, rinfacciandogli 13 anni di abusi sessuali iniziati quando era adolescente. La lettera conteneva anche una lista di altri 20 seminaristi legionari, anche loro vittime di abusi sessuali da parte di Maciel. Quattro di questi sono tra gli otto ex legionari che accuseranno Maciel nel 1997. Nel 1978 e nel 1989 Vaca rinnovò le stesse accuse in due esposti riservati inviati alla Santa Sede, che non ebbero alcun esito.

Nel 1995, un mese prima di morire, un altro legionario, Juan Manuel Fernandez, già rettore dell'università Anahuac dal 1981 al 1984, dettò una memoria al sacerdote Alberto Athiè, che lo assisteva durante il ricovero, accusando anche lui Maciel di abusi sessuali. Athiè gli promise che si sarebbe fatto carico di ottenere giustizia.

Nel 1997 due giornalisti statunitensi, Jason Berry e Gerald Renner, raccolsero in un articolo pubblicato sul Hartford Courant le testimonianze di una decina di ex legionari. Essi accusarono Maciel di aver abusato sessualmente di loro e di un'altra decina di seminaristi (gli abusi iniziarono quando erano minorenni) e di aver assolto alcuni di loro in confessione, violando il canone 977 del codice di diritto canonico. Pochi mesi dopo, due di loro, contattati dai legionari, ritrattarono le accuse, mentre altri otto ripetettero le stesse accuse in una lettera indirizzata a papa Giovanni Paolo II. L'anno successivo incaricarono l'avvocato canonista Martha Wegan di istruire presso la Congregazione per la dottrina della fede il processo canonico contro Maciel.

Athié nel frattempo fece avere al prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Joseph Ratzinger, il resoconto del suo colloquio con Fernandez, tramite Carlos Talavera, vescovo di Coatzacoalcos (Messico). Ratzinger rispose che il caso era delicato per le amicizie di Maciel nella Curia romana e che bisognava avere la pazienza di attendere il momento opportuno per istruire il processo canonico.

Maciel negò le accuse e altrettanto fece nel 2002. Contemporaneamente iniziò una campagna di delegittimazione degli accusatori, definiti ex legionari ingrati e rancorosi. Maciel poté contare anche sull'appoggio dell'allora Segretario di Stato, il cardinale Angelo Sodano, che intervenne personalmente per bloccare il processo canonico.

Nel 2004 il sacerdote legionario Patricio Cerda consegnò un dossier al cardinale Jorge Medina Estevez, prefetto emerito della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Nel suo dossier Cerda aveva raccolto quesiti su alcune norme delle Costituzioni, che sembravano contrarie al diritto canonico e le testimonianze di almeno otto casi di pedofilia compiuti da legionari e consacrati laici del Regnum Christi. Lo stesso Cerda era stato testimone di uno di questi abusi. In alcuni casi gli autori erano recidivi: le loro tendenze erano note ai superiori della congregazione, che non li avevano denunciati né alla Santa Sede, né alle autorità civili, e si erano limitati a trasferirli senza provvedimenti disciplinari. Il dossier conteneva anche le testimonianze di altri legionari sull'abilità di Maciel e di altri superiori nel conquistarsi le simpatie e l'amicizia di prelati influenti della Curia romana con regali e favori. Queste amicizie erano molto utili, quando arrivavano alla Santa Sede denunce su abusi sessuali o pratiche amministrative improprie che riguardavano Maciel o la congregazione. Il dossier di Cerda confermava a distanza di 50 anni il contenuto della lettera di Dominguez del 1954 e di quella di Ferreira Correa del 1956.

Medina Estevez fece in modo che Cerda fosse ricevuto da Ratzinger. Verso la fine del 2004 Ratzinger ottenne da Giovanni Paolo II l'autorizzazione a riaprire il caso Maciel e incaricò delle indagini il promotore di giustizia Charles Scicluna.

Nel gennaio del 2005 Maciel lasciò la carica di direttore generale dei Legionari di Cristo: gli successe Alvaro Corcuera. Nel maggio dello stesso anno i Legionari di Cristo resero pubblico un fax della Segreteria di Stato della Santa Sede, allora guidata dal cardinale Angelo Sodano. La Segreteria di Stato informava che non era in corso, né era previsto nessun processo canonico contro Maciel. Il fax era privo di firma. In realtà l'indagine dipendeva dalla Congregazione per la dottrina della fede e non dalla Segreteria di Stato, ed era regolarmente in corso.

L'indagine di Scicluna durò poco più di un anno e raccolse le testimonianze di almeno 30 ex seminaristi legionari, che accusavano Maciel di abusi sessuali e psicologici. Nel frattempo Ratzinger successe a Giovanni Paolo II con il nome di Benedetto XVI. Il 19 maggio 2006, il successore di Ratzinger alla guida della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale William Joseph Levada, sulla base della relazione di Scicluna, tenendo conto sia dell'età avanzata di Maciel, sia della sua salute cagionevole, decise di rinunciare al processo canonico e di invitarlo ad una vita riservata di preghiera e di penitenza e alla rinuncia ad ogni ministero pubblico. Il comunicato della Santa Sede non specificava se l'indagine di Scicluna avesse accertato l'autenticità delle accuse, ma faceva intendere che erano state ritenute credibili e dichiarava che la decisione era stata personalmente approvata da Benedetto XVI. Si trattava di una sospensione a divinis. Il comunicato terminava ringraziando i Legionari di Cristo e il Regnum Christi per il loro benemerito apostolato, indipendentemente dalla persona di Maciel.

I Legionari di Cristo emisero a loro volta un comunicato, in cui si affermava che Maciel ribadiva la sua innocenza e accettava le disposizioni della Santa Sede "con fede, con totale serenità e con tranquillità di coscienza, sapendo che si tratta di una nuova croce che Dio, il Padre della Misericordia, ha permesso che soffra e dalla quale otterrà molte grazie per la Legione di Cristo e per il Movimento Regnum Christi".

Il provvedimento fu presentato ai legionari e ai laici del Regnum Christi come un'ulteriore persecuzione contro Maciel, una specie di nuova "grande benedizione", di cui Benedetto XVI era ignaro complice.

Nel marzo del 2010 Scicluna, in un'intervista al quotidiano Avvenire, confermò che il provvedimento della Santa Sede era stato una condanna e che in nessun modo la rinuncia al processo e l'emanazione di provvedimenti amministrativi e disciplinari (come l'obbligo a condurre una vita ritirata e di preghiera a motivo dell'età avanzata degli accusati) potevano essere considerati delle assoluzioni.

Nonostante il divieto della Santa Sede, Maciel conservò il controllo della congregazione fino a quando negli ultimi tempi non ebbe una progressiva demenza senile. Continuò a visitare varie case dei Legionari di Cristo e delle consacrate laiche del Regnum Christi, finché le condizioni di salute non lo costrinsero a risiedere in Florida (a Miami, o secondo altre versioni a Jacksonville), spesso in compagnia della figlia che vive in Spagna e di sua madre.

Il culto della personalità

La devozione al fondatore fa parte della spiritualità degli ordini religiosi cattolici. Maciel la trasformò in un culto della sua personalità. Volle che ogni suo atto come fondatore fosse fotografato e filmato. Ogni sua parola doveva essere registrata. Fece fondare una casa cinematografica per produrre documentari sulla sua vita e filmati promozionali. Tutto doveva essere costantemente riproposto ai legionari e ai laici del Regnum Christi e conservato in un archivio dedicato alla storia della congregazione e del suo fondatore. La sua casa natale a Cotija de la Paz fu trasformata in un museo. I legionari e i laici del Regnum Christi lo veneravano come un santo vivente e si riferivano a lui chiamandolo Nuestro Padre o Mòn Pére. Il culto della personalità fece sì che essi alimentassero a loro volta il mito. Tra loro un ruolo fondamentale lo svolsero i legionari Rafael Arumì e Alfredo Torres.

Maciel si servì anche della madre Maura Degollado per alimentare il culto della sua personalità. I legionari e i laci del Regnum Christi la chiamavano Mamà Maurita, quasi fosse la loro madre. Fece anche iniziare la sua causa di beatificazione, che continua tuttora. Incaricò un legionario di scriverne una biografia e di raccogliere notizie di miracoli attribuiti alla sua intercessione.

I figli

A Marcial Maciel è attribuita la paternità di sei figli, cinque biologici e uno adottivo, nati dalle relazioni con quattro donne diverse. I Legionari di Cristo hanno riconosciuto la paternità per tre di loro.

A metà del 2008 il Direttore generale dei Legionari di Cristo, Alvaro Corcuera, iniziò a visitare le case della congregazione e delle consacrate laiche del Regnum Christi, per informare che Maciel aveva avuto una relazione con una donna, da cui nel 1988 era nata una figlia. Nel febbraio del 2009 la congregazione rese pubblica la notizia che iniziava a circolare in rete. La madre della ragazza dichiarò in un'intervista di essere stata minorenne quando conobbe Maciel.

La ragazza e la madre dispongono in Spagna di un patrimonio immobiliare valutato tra gli 8 e i 12 milioni di euro, fatto acquistare da Maciel tra il 1984 e il 1995 tramite il sacerdote legionario Alfredo Torres, distraendo fondi dai beni della congregazione. Tra la congregazione e la madre della ragazza c'è stato un accordo extragiudiziale già prima della morte di Maciel, che ha assicurato loro un'ulteriore rendita vitalizia ed altre importanti proprietà in cambio del loro silenzio.

Nell'agosto del 2009 un avvocato messicano, Josè Bonilla, dichiarò alla CNN di rappresentare tre ragazzi messicani, che sostengono anche loro di essere figli di Maciel. L'avvocato rivelò l'esistenza di altri due figli, una ragazza francese già deceduta e un ragazzo inglese. Nel settembre dello stesso anno Bonilla, la madre e i tre ragazzi incontrarono il visitatore apostolico incaricato del Messico.

Nel marzo del 2010 la madre e i ragazzi comparvero in un'intervista dell'emittente radiofonica messicana Noticias MVS, ripresa anche dalla CNN. La madre chiarì che, dei tre ragazzi, solo due erano figli naturali di Maciel, mentre il maggiore (frutto di una precedente relazione della donna) era stato adottato. Uno dei ragazzi accusò Maciel di aver abusato sessualmente di lui quando aveva 7 anni. I Legionari di Cristo accusarono la donna e i ragazzi di aver tentato di estorcere loro del denaro.

L'avvocato Bonilla dichiarò che la presunta estorsione era una richiesta di indennizzo stragiudiziale prevista dalle leggi messicane, ma declinò il patrocinio dei ragazzi. Il caso arrivò alla Camera dei deputati messicana: alcuni deputati dei tre principali partiti di governo e di opposizione sollecitarono l'apertura di un'inchiesta federale sui Legionari di Cristo, mentre altri (i cui figli frequentavano scuole della congregazione) preferirono non prendere posizione.

Alle madri dei suoi figli Maciel si presentò con false identità, sotto le quali i suoi figli furono registrati alla nascita. Nessuna, almeno per un certo periodo, sapeva chi fosse realmente, né che fosse un sacerdote.

La seconda visita apostolica

Nel marzo del 2009 la Segreteria di Stato della Santa Sede annunciò l'invio di una visita apostolica ai Legionari di Cristo, cioè l'inizio di un'indagine sulla vita nella congregazione, le sue Costituzioni e la sua amministrazione. La decisione fu interpretata come una valutazione della Santa Sede sull'incapacità dei legionari di risolvere da soli gravi problemi interni, perché la portata della visita apostolica andava molto oltre gli scandali sessuali di Maciel.

Furono nominati cinque visitatori apostolici: Ricardo Watty Urquidi, vescovo di Tepic, per il Messico; Charles Joseph Chaput, arcivescovo di Denver, per gli Stati Uniti; Giuseppe Versaldi, vescovo di Alessandria, per l'Italia; Ricardo Ezzati Andrello, arcivescovo di Concepción, per il centro e sud America; Ricardo Blázquez Pérez, arcivescovo di Valladolid, per l'Europa. La visita apostolica iniziò ufficialmente nel luglio del 2009 e si concluse nel maggio del 2010, con la decisione di commissariare la congregazione.

Il lavoro dei visitatori apostolici non fu facile, sia per il grande numero di legionari e laici del Regnum Christi che chiesero di parlare con loro, sia per l'atteggiamento della congregazione, che, al di là delle apparenze e delle dichiarazioni ufficiali, non collaborò con "la verità e la trasparenza, in un clima di dialogo fraterno e costruttivo" richiesti dalla Segreteria di Stato.

La "teoria del pedofilo solitario"

Il 25 marzo 2010 i superiori generali e provinciali dei Legionari di Cristo emisero un comunicato Sulle presenti circostanze della Legione di Cristo e del Movimento Regnum Christi.

Vi si ammise per la prima volta che Maciel era stato un pedofilo (aveva compiuto abusi sessuali ripetuti e continuati su seminaristi della congregazione), aveva avuto "una relazione prolungata e stabile con una donna", da cui era nata una figlia (già riconosciuta nel 2009) e aveva avuto altri due figli dalla relazione con un'altra donna (intervistati dalla radio messicana Noticias MVS poche settimane prima).

Il comunicato, concordato con i legali e gli esperti di comunicazione della congregazione fu un primo passo verso la verità. Conteneva però omissioni e punti controversi. Esso ribadiva la cosiddetta "teoria del pedofilo solitario": la crisi profonda della congregazione era dovuta unicamente ed esclusivamente agli atti del suo fondatore e quindi, rimossa la sua figura, tutto si sarebbe risolto.

Il comunicato serviva anche a non esporre la congregazione a richieste di risarcimento da parte delle vittime ed a depistare dal reale oggetto della visita apostolica (che era la congregazione e non Maciel). Inoltre per evitare il commissariamento e la sostituzione dei superiori, fu proposta la convocazione di un capitolo generale straordinario.

Nonostante il comunicato, non cambiò l'atteggiamento verso le vittime di Maciel diffuso all'interno della congregazione e presso i laici del Regnum Christi.

Il caso oltre Maciel

Bugie, silenzi e complicità

La congregazione dei Legionari di Cristo era un eccellente biglietto da visita per Maciel: moderna ed insieme ortodossa, in continua espansione in tempi di crisi delle vocazioni, iperattiva sul piano pastorale e capace di raccogliere notevoli finanziamenti. Dietro questa facciata, Maciel nascose la sua doppia vita di pedofilo e di tossicodipendente, le sue relazioni sentimentali, le sue paternità, l'abuso dei beni della congregazione e gli abusi amministrativi e psicologici denunciati da ex legionari ed ex consacrate laiche del Regnum Christi.

Maciel però non avrebbe potuto vivere e nascondere la sua doppia vita per oltre 60 anni, se non avesse goduto di complicità, protezioni, coperture ed omertà all'interno e all'esterno dei Legionari di Cristo e del Regnum Christi. I suoi accusatori, i biografi indipendenti e la stampa le hanno sempre denunciate, trovando autorevole conferma nel comunicato con cui il 1 maggio 2010 la Santa Sede annunciò l'esito della seconda visita apostolica.

Non è facile distinguere chi (ovviamente ignorando la verità) nutrì una sincera ammirazione per Maciel e la sua congregazione, da chi (conoscendo o no la verità) difese e coprì Maciel, nascondendo informazioni, ostacolando il processo canonico e vanificando le visite apostoliche, perché c'era con lui, con altri superiori della congregazione e con alcuni legionari uno scambio di favori e regali. Questa rete di protezione è in parte ancora attiva.

All'interno della congregazione

Nel febbraio del 2009, il portavoce in Italia della congregazione, il sacerdote legionario Paolo Scarafoni, comunicò il riconoscimento di una figlia di Maciel, ribadendo che nessuno sapeva nulla, che erano fatti emersi di recente e che parlare di doppia vita di Maciel era un'affermazione che non si poteva condividere.

Anche dopo il riconoscimento di una figlia di Maciel, all'interno della congregazione e del Regnum Christi fu diffusa una "versione ufficiale" che non corrispondeva alla verità. In nessuna comunicazione (nemmeno nel comunicato del 25 marzo 2010) furono indicati i reali motivi dell'invio della seconda visita apostolica, né essa fu comunicata nella sua realtà di ispezione vaticana. I legionari ricevettero invece una FAQ di risposte predefinite da dare a chiunque facesse loro domande sulla questione, compresi i visitatori apostolici. La nomina del delegato apostolico non fu presentata come un commissariamento, ma come un segno dell'affetto del Papa per la congregazione.

Nell'agosto del 2009, l'avvocato messicano Josè Bonilla dichiarò alla CNN che alcuni superiori dei Legionari di Cristo (tra cui Alvaro Corcuera, Luis Garza ed Evaristo Sada) e i legionari più vicini a Maciel (in particolare i segretari personali) erano al corrente della doppia vita di Maciel da molti anni.

Nel novembre del 2009 il vicario generale dei Legionari di Cristo, Luis Garza, confermò la tesi di Josè Bonilla. In una conferenza riservata ai legionari, Garza rivelò che alcuni superiori e i legionari più vicini a Maciel conoscevano la verità almeno dagli anni '90. In un successivo colloquio con alcune consacrate laiche del Regnum Christi, Garza aggiunse che la doppia vita di Maciel era nota ad alcuni legionari, tra cui Alfredo Torres, John Devlin e il superiore generale Alvaro Corcuera. Il resoconto del colloquio fu pubblicato solo nel luglio del 2010 e ne esiste una registrazione.

Lo stesso superiore generale Alvaro Corcuera ammise nel 2010 di essere a conoscenza delle paternità di Maciel dal 2005 e di averle nascoste ai legionari, affinché potessero essere gradualmente preparati alla scioccante notizia.

Nel giugno del 2010 la rivista spagnola Interviù pubblicò due foto datate 3 maggio 2005 che ritraggono Marcial Maciel in abiti civili in compagnia della figlia Norma, della madre, di due sacerdoti legionari, Marcelino de Andres e Jesus Quirce (rettore dell'università Anahuac del Norte) e di alcune consacrate laiche del Regnum Christi. Le foto erano già state pubblicate dalla rivista spagnola Quien. Norma ha studiato in due università dei legionari, la Francisco de Vitoria a Madrid e proprio l'Anahuac del Norte.

All'esterno della congregazione

Molto delicata è la questione degli amici influenti che Maciel ebbe e che i Legionari di Cristo hanno ancora nella Curia romana. Il seminarista legionario Dominguez, nella sua lettera del 1954, scrisse dell'abitudine di Maciel di procurarsi queste amicizie con favori e regali. Questa abitudine divenne nel tempo una strategia aziendale.

Giovanni Paolo II fu dal 1979 al 1999 un sostenitore di Maciel e dei legionari. Questo sostegno fu un ostacolo alla sua causa di beatificazione: la Congregazione per le Cause dei Santi cercò di stabilire quanto Papa Wojtyla fosse informato delle accuse contro Maciel. Il suo segretario personale e vescovo di Cracovia, Stanisław Dziwisz, è stato sempre molto vicino ai legionari e ha filtrato alcune informazioni. Bisogna inoltre tener presente che nella Polonia comunista l'accusa di pedofilia era uno dei mezzi usati dal regime per diffamare sacerdoti scomodi. Dal 1999 l'atteggiamento di Giovanni Paolo II nei confronti di Maciel cambiò e nel 2004 autorizzò la Congregazione per la dottrina della fede a riaprire le indagini che portarono alla sanzione disciplinare del 2006.

Nell'aprile del 2010, Jason Berry, il giornalista che con Gerald Renner riaprì nel 1998 il caso Maciel, scrisse due articoli sul National Catholic Reporter, descrivendo un uso diffuso da parte dei Legionari di Cristo di regali in beni e denaro ad alcuni prelati della Curia romana. Berry, le cui fonti erano ex legionari (alcuni sono dichiarati) citò l'ex Segretario di Stato di Giovanni Paolo II il cardinale Angelo Sodano, il suo ex segretario personale Stanisław Dziwisz e due ex prefetti della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, i cardinali Eduardo Martínez Somalo e Franc Rode. Denaro fu offerto anche all'allora cardinale Ratzinger, che non lo accettò. I prelati che accettavano le attenzioni della congregazione erano definiti amigos de la Legion.

Angelo Sodano fu uno dei più forti sostenitori di Maciel. Nel 2010 First Things (un'importante rivista cattolica statunitense) accusò Sodano di aver ricevuto per molti anni soldi e benefit dai legionari per i suoi progetti e di aver bloccato nel 1998 le inchieste sugli scandali sessuali di Maciel. First Things ne chiese espressamente le dimissioni o la rimozione dalla carica di decano del collegio cardinalizio.

Franc Rode fu un amico personale di Maciel ed è ancora molto vicino ai legionar. Per questo la seconda visita apostolica del 2009 fu inviata dalla Segreteria di Stato e non (come avrebbe dovuto essere) dalla Congregazione che egli presiedeva. Rodè fu comunque uno dei cardinali chiamato ad assumere la decisione finale al termine della seconda visita apostolica e si adoperò per evitare lo scioglimento della congregazione.

L’amministrazione

L'avvocato José Bonilla rivelò nell'agosto del 2009 che Maciel aveva aperto un trust fund presso una banca delle Bahamas per le necessità dei suoi tre figli messicani. L'uso a fini personali dei beni della congregazione da parte di Maciel fu denunciato anche da alcuni ex legionari, tra cui un ex amministratore, Steven Fichter. Lo stesso Luis Garza ha raccontato che Maciel aveva un fondo personale di 20.000 dollari al mese e l'uso di due carte di credito su conti della congregazione senza dover giustificare le spese.

Il posto di Maciel nella Legione

Il 25 marzo 2010 la leadership legionaria riconobbe alcuni delitti di Maciel e dichiarò di non poter «guardare la sua persona come modello di vita cristiana o sacerdotale». Il 9 luglio 2010 il cardinale Velasio De Paolis assunse l'incarico di delegato pontificio per i Legionari di Cristo.

Eppure fino al 6 dicembre 2010 Maciel continuò a essere proposto come modello sacerdotale e fonte della spiritualità dei legionari e del Regnum Christi. Le registrazioni delle sue conferenze (note come "La voz del fundador") erano fatte periodicamente ascoltare ai religiosi e ai consacrati del Regnum Christi, e la persona di Maciel o parti degli scritti a lui attribuiti erano usati nelle omelie, negli esercizi spirituali, in conferenze comunitarie e in altre occasioni.

Il 6 dicembre 2010 il direttore generale dei Legionari di Cristo, Alvaro Corcuera, col consenso del card. De Paolis, ha firmato un Decreto su criteri e disposizioni relazionati con la persona del P. Marcial Maciel, L.C., che disponeva alcune restrizioni nelle relazioni istituzionali ed esterne, ma lasciava nella pratica le cose come prima a livello privato e interno.

Il culto della personalità di Maciel si trova negli atti capitolari, dove si afferma che la missione identitaria dei legionari è rimanere "fedeli in amore e obbedienza al carisma del fondatore" e "riflettere integralmente lo spirito del fondatore".

Verso la fine del 2009, il segretario generale Evaristo Sada fece pubblicare "Cristo al Centro" (una raccolta di meditazioni espressive del carisma e della spiritualità) e un nuovo libretto di preghiere per i laici del Regnum Christi, che continuavano a raccogliere brani di lettere e preghiere attribuite a Maciel, cancellando solo ogni riferimento a Maciel.

giallo, la morte di Pantani e i misteri della Rosa Rossa

Strano suicidio, quello di Marco Pantani. Così strano da spingere la magistratura a riaprire l’inchiesta a dieci anni di distanza da quel 14 febbraio 2004. Più che un suicidio, scrive l’avvocato Paolo Franceschetti, sembra un omicidio “firmato”, con implacabile precisione, dall’ “Ordine della Rossa Rossa”. Fantomatica organizzazione segreta internazionale, secondo alcuni studiosi sarebbe una potentissima cupola eversiva di tipo esoterico, con fini di potere, dedita anche all’oscura pratica dell’omicidio rituale. «Un’ipotesi sempre scartata come irrealistica dagli inquirenti», scrive nel suo blog lo stesso Franceschetti, autore di studi sulla presunta relazione tra crimini e occultismo iniziatico, incluso il caso del cosiddetto “mostro di Firenze”. Di matrice rosacrociana, fondata sul simbolismo della Cabala e dell’ebraico antico come la londinese “Golden Dawn” rinverdita dal “mago” Aleister Crowley, secondo alcuni saggisti la “Rosa Rossa” sarebbe una sorta di super-massoneria deviata e criminale. Problema: non esiste una sola prova che questa organizzazione esista davvero. Solo indizi, benché numerosi.
Chi esegue una sentenza rituale di morte, per “punire” in modo altamente simbolico un presunto “colpevole” o addirittura perché pensa – Marco Pantanimagicamente – di “acquisire potere” dall’uccisione “satanica” di un innocente, secondo Franceschetti ricorre sistematicamente a pratiche sempre identiche: in particolare la morte per impiccagione (la corda di Giuda, traditore di Cristo), con la vittima fatta ritrovare inginocchiata, e la morte per avvelenamento (o overdose di droga). Decine di casi di cronaca, tutti contrassegnati da circostanze ricorrenti: manca sempre un movente plausibile, non si trova l’arma del delitto, i nomi delle vittime hanno spesso origine biblica, la somma dei “numeri” (data di morte, data di nascita) riconduce a numeri speciali, per la Cabala, come l’11 e i suoi multipli. Oppure il 13, il numero della morte dei tarocchi. E poi, la “firma”: Pantani fu ritrovato morto a Rimini all’hotel “Le Rose”. Accanto al corpo, un biglietto in codice dal significato criptico: “Colori, uno su tutti rosa arancio come contenta, le rose sono rosa e la rosa rossa è la più contata”.
Sul caso Pantani, sono stati scritti fiumi di parole, reportage, libri. Tra chi non ha mai creduto alla tesi del suicidio c’è un giornalista come Andrea Scanzi, che sul “Fatto Quotidiano” scrive: «Troppe incongruenze. La camera era mezza distrutta, c’era sangue sul divano, c’erano resti di cibo cinese (che Pantani odiava: perché avrebbe dovuto ordinarlo?)». Inoltre, il campione aveva chiamato per ben due volte la reception, parlando di «due persone che lo molestavano», ma l’aneddoto è stato catalogato come “semplici allucinazioni di un uomo ormai pazzo”. In più, Pantani «fu trovato blindato nella sua camera, i mobili che ne bloccavano la porta, riverso a terra, con un paio di jeans, il torso nudo, il Rolex fermo e qualche ferita sospetta (segni strani sul collo, come se fosse stato preso da dietro per immobilizzarlo, e un taglio sopra l’occhio)». Uniche tracce di cocaina, quelle ritrovate su palline di mollica di pane. Indagini superficiali: «Non esiste un verbale delle prime Andrea Scanzipersone che sono entrate all’interno della camera, non è stato isolato il Dna delle troppe persone che entrarono nella stanza».
Dettaglio macabro e particolarmente strano, il destino del cuore di Pantani: «Venne trafugato dopo l’autopsia dal medico, che lo portò a casa senza motivo (“Temevo un furto”) e lo mise nel frigo senza dirlo inizialmente a nessuno», scrive Scanzi. Prima di morire, a Rimini il ciclista aveva trascorso cinque giorni, «per nulla lucido, accompagnato da figure equivoche. Avrebbe anche festeggiato con una squadra di beach volley poco prima di morire: chi erano?». Altre domande: «Perché il cadavere aveva i suoi boxer un po’ fuori dai jeans, come se lo avessero trascinato?». Certo, aggiunge Scanzi, Pantani morì per overdose di cocaina, «ma troppi particolari lasciano pensare (anche) a una messa in scena». L’autopsia, peraltro, confermò che le tracce di Epo nel suo corpo erano minime, «segno evidente di come il ciclista non avesse mai fatto un uso costante di sostanze dopanti». E poi, tutte quelle “incongruenze”, reperibili in libri-denuncia come “Vie et mort de Marco Pantani” (Grasset, 2007) e “Era mio figlio” (Mondadori, 2008). E poi, soprattutto: «Che senso aveva quel messaggio in codice accanto al cadavere?». Colori e rose, “la rosa rossa è la più contata”.
Anche i suoi amici, ricorda Franceschetti, dissero che la morte di Pantani in quell’hotel non poteva esser stata casuale: forse Marco voleva «lasciare un messaggio a qualcuno», perché «era un uomo che non faceva nulla a caso». Meglio ancora: «Non era lui che voleva lasciare un messaggio, ma chi l’ha ucciso», chiosa l’avvocato, sempre attento ai possibili “segni invisibili”: «Probabilmente c’è un significato anche nel fatto che sia morto a San Valentino, giorno in cui tradizionalmente si regalano rose alla fidanzata». Pantani “costretto” ad andare in quel preciso albergo affinchè poi il delitto fosse “firmato”? «Ovviamente, dire che dietro un delitto c’è la “Rosa Rossa” significa poco: essendo la “Rosa Rossa” un’organizzazione internazionale, e contando centinaia di affiliati in Italia, è come dire che si tratta di un delitto di mafia o di camorra». Un’affermazione «talmente generica daRino Gaetanoessere pressoché inutile a fini investigativi». Tuttavia, «dovrebbe essere un buon indizio perlomeno per non archiviare la cosa come suicidio».
Franceschetti considera «evidente» l’origine «massonica» degli attacchi a Pantani, citando l’anomalo incidente che, anni prima, lo vide protagonista a Torino: fu travolto da un’auto che era penetrata in un’area interdetta al traffico, lungo la discesa della collina di Superga, quella dove si schiantò l’aereo del Grande Torino. La basilica di Superga, sull’altura che domina la città, fu costruita nel 1717, «anno in cui venne ufficialmente fondata la massoneria». Basta questo, all’avvocato, per concludere che si tratta di «una firma manifesta, specie alla luce delle stranezze di quell’incidente». Tra gli “incidenti non casuali”, Franceschetti inserisce pure quello ai danni del cantante Rino Gaetano: come anticipato in modo inquietante dal testo di una sua canzone, “La ballata di Renzo”, peraltro gremita di “rose rosse”, l’artista morì a Roma nella notte del 2 giugno 1981 dopo esser stato rifiutato da 5 diversi ospedali. «Statisticamente, le probabilità che un cantante descriva la morte di qualcuno perché viene rifiutato da 5 ospedali, e che poi muoia nello stesso identico modo sono… nulle».
Molto strana, aggiunge Franceschetti, è anche la tragica fine del ciclista Valentino Fois, della stessa squadra di Pantani: anche lui muore per cause da accertare, ma alcuni giornali parlano subito di overdose, «e già questo fa venire qualche sospetto». Premessa: in Italia, muoiono per omicidio circa 2.500 persone all’anno. E altrettante finiscono suicide. Giornali e Tv si disinteressano della stragrande maggioranza di questi episodi. «Quando però su un fatto scatta l’attenzione dei media, in genere questo è un segnale che sotto c’è dell’altro. Quindi viene spontanea la domanda: perché i giornali si interessano alla morte di un ciclista poco conosciuto come Fois?». Premesso che nello sport professionistico il doping (entro certi limiti) è pressoché inevitabile, Franceschetti sospetta che Fois sia morto «per aver “tradito”, come Pantani». Ovvero, i due avrebbero «pagato con la vita la loro maggiore pulizia e onestà intellettuale rispetto al resto dell’ambiente in cui vivevano».
Secondo Franceschetti, c’è anche «non il sospetto, ma la certezza» che la verità non verrà mai a galla. Del resto, «la maggior parte delle famiglie di queste vittime non saprà mai la verità, la maggior parte muore senza che i familiari sospettino un omicidio». E racconta: «Io stesso, dopo il primo incidente che mi capitò, pensai ad un caso. E dopo il secondo pensavo che ce l’avessero con la mia collega e che avessero manomesso contemporaneamente sia la mia moto che la sua per maggior sicurezza di fare danni a lei. In altre parole, potevo morire senza sapere neanche perché, e pochi avrebbero sospettato qualcosa». E aggiunge: «Ogni volta che prendo l’auto sono consapevole che lo sterzo potrà non funzionare, che un’auto che viene in senso inverso all’improvviso potrà sbandare e venire verso di me, o magari che potrò avere un malore nell’anticamera di una Procura come è successo al capo dei vigili testimone della Thyssen Krupp». La storia italiana, aggiunge l’avvocato, è troppo gremita di “coincidenze”, depistaggi e Paolo Franceschetticollusioni: le bombe nelle piazze, Ustica, Moby Prince. «In quei casi i familiari delle vittime ormai hanno capito, ma negli altri?».
La storia infinita del “mostro di Firenze”, ad esempio, sembra il frutto di un “normale” serial killer solitario. Secondo Franceschetti, invece, tutti quegli omicidi non sono altro che precise esecuzioni rituali, settarie ed esoteriche, meticolosamente pianificate da un clan criminale protetto da amicizie potenti. «Ho telefonato ai genitori di Pantani prima di scrivere questo articolo», scriveva Franceschetti nel 2008. «Dal loro silenzio successivo al mio fax presumo che abbiano pensato che io sia un folle, magari un mitomane in cerca di pubblicità. E’ normale che lo pensino, come è normale che la maggior parte delle persone che leggeranno queste righe le prendano per un delirio». Continua Franceschetti: «Un mio amico medico legale, a cui ho raccontato le mie “scoperte”, mi ha lasciato di stucco quando mi ha detto: “Sì, Paolo, lo sapevo. Tutti quei suicidi in carcere per soffocamento con buste di plastica sono impossibili dal punto di vista medico-legale”». L’esoterismo «è un linguaggio: se non lo conosci è come camminare per le strade di una nazione straniera, vedi le scritte ma non ti dicono nulla, sembrano segni innocui e invece sono messaggi precisi». Difficile parlarne, «perché ti prendono per matto». E il guaio è che, «quando capisci il sistema», è problematico «continuare a fare la vita di sempre senza impazzire».

fonte: www.libreidee.org

lunedì

lo Stato di Israele creato all'insaputa degli ebrei

La guerra, che continua ininterrottamente da 66 anni in Palestina, ha conosciuto una nuova svolta con le operazioni israeliane “Guardiani dei nostri fratelli”, e poi “Roccia inamovibile” (stranamente tradotta dalla stampa occidentale con l’espressione “Margine protettivo”). Chiaramente, Tel Aviv – che aveva scelto di strumentalizzare la scomparsa di tre giovani israeliani per lanciare queste operazioni e «sradicare Hamas» al fine di sfruttare il gas naturale di Gaza, secondo il piano enunciato nel 2007 dall’attuale ministro della difesa – è stata spiazzata dalla reazione della Resistenza. Il Jihad islamico ha risposto inviando razzi di media gittata molto difficili da intercettare, che si aggiungono a quelli lanciati da Hamas. La violenza degli eventi che hanno già ucciso oltre 1.500 palestinesi e 62 israeliani (ma le cifre israeliane sono soggette a censura militare e sono probabilmente minimizzate) ha sollevato un’ondata di proteste in tutto il mondo.
Oltre ai 15 membri del Consiglio di Sicurezza, riunitosi il 22 luglio, l’Onu ha dato la parola ad altri 40 Stati che intendevano esprimere il loro sdegno per il Il reverendo americano Blackstone, ispiratore del sionismo modernocomportamento di Tel Aviv e la sua «cultura dell’impunità». La sessione, anziché durare le solite 2 ore, si è protratta per 9 ore. Simbolicamente, la Bolivia ha dichiarato Israele uno «Stato terrorista» e ha abrogato l’accordo sulla libera circolazione che lo riguardava. Ma in generale, le dichiarazioni di protesta non sono state seguite da un aiuto militare, ad eccezione di quelle dell’Iran e simbolicamente della Siria. Entrambi sostengono la popolazione palestinese attraverso il Jihad islamico, l’ala militare di Hamas (ma non la sua ala politica, membro dei Fratelli Musulmani), e tramite il Fplp-Cg.
A differenza dei casi precedenti (operazioni “Piombo fuso” nel 2008 e “Colonna di nuvola” nel 2012), i due Stati che proteggono Israele presso il Consiglio (Stati Uniti e Regno Unito) hanno favorito l’elaborazione di una dichiarazione del presidente del Consiglio di Sicurezza che sottolineava gli obblighi umanitari di Israele. In realtà, al di là della questione di fondo di un conflitto che dura dal 1948, si assiste a un consenso per condannare almeno il ricorso da parte di Israele di un uso sproporzionato della forza. Tuttavia, questo consenso apparente maschera analisi assai diverse: alcuni autori interpretano il conflitto come una guerra di religione tra ebrei e musulmani; Cromwellaltri lo vedono al contrario come una guerra politica secondo uno schema coloniale classico. Che cosa dobbiamo pensarne?
Che cos’è il sionismo? A metà del XVII secolo, i calvinisti britannici si riunirono intorno a Oliver Cromwell e rimisero in questione la fede e la gerarchia del regime. Dopo aver rovesciato la monarchia anglicana, il “Lord Protettore” pretese di consentire al popolo inglese di raggiungere la purezza morale necessaria ad attraversare una tribolazione di sette anni, dare il benvenuto al ritorno del Cristo e vivere in pace con lui per mille anni (il “Millennium”). Per far ciò, secondo la sua interpretazione della Bibbia, gli ebrei dovevano essere dispersi fino agli estremi confini della terra, poi raggruppati in Palestina, dove ricostruire il tempio di Salomone. Su questa base, instaurò un regime puritano, levò nel 1656 il divieto che era stato fatto agli ebrei di stabilirsi in Inghilterra e annunciò che il suo paese s’impegnava a creare in Palestina lo Stato di Israele.
Poiché la setta di Cromwell fu a sua volta rovesciata alla fine della “Prima Guerra civile inglese”, i suoi sostenitori uccisi o esiliati, e poiché la monarchia anglicana fu restaurata, il sionismo (cioè il progetto della creazione di uno Stato per gli ebrei) fu abbandonato. Riapparve nel XVIII secolo con la “Seconda guerra civile inglese” (secondo il nome dei manuali di storia delle scuole secondarie nel Regno Unito) che il resto del mondo conosce come la “Guerra d’Indipendenza degli Stati Uniti” (1775-1783). Contrariamente alla credenza popolare, essa non fu intrapresa in nome degli ideali dell’Illuminismo che animarono pochi anni dopo la Rivoluzione Francese, ma fu finanziata dal re di Francia e condotta per motivi religiosi al grido di «Il nostro re è Gesù!». George Washington, Thomas Jefferson e Benjamin Franklin, per citarne alcuni, si sono presentati come i successori George Washingtondei sostenitori esiliati di Oliver Cromwell. Gli Stati Uniti hanno dunque logicamente ripreso il suo progetto sionista.
Nel 1868, in Inghilterra, la regina Victoria nominò primo ministro l’ebreo Benjamin Disraeli. Questi propose di concedere una parte di democrazia ai discendenti dei sostenitori di Cromwell, in modo da poter contare su tutto il popolo per estendere il potere della Corona nel mondo. Soprattutto, propose di allearsi alla diaspora ebraica per condurre una politica imperialista di cui essa sarebbe stata l’avanguardia. Nel 1878, fece iscrivere «la restaurazione di Israele» all’ordine del giorno del Congresso di Berlino sulla nuova spartizione del mondo. È su questa base sionista che il Regno Unito ristabilì i suoi buoni rapporti con le sue ex colonie, divenute nel frattempo gli Stati Uniti alla fine della “Terza guerra civile inglese” – nota negli Stati Uniti come la “guerra civile americana” e nell’Europa continentale come la “guerra di Secessione” (1861-1865) – che vide la vittoria dei successori dei sostenitori del Cromwell, gli Wasp (White Anglo-Saxon Puritans). Anche in questo caso, è del tutto sbagliato che si presenti questo conflitto come una lotta contro la schiavitù, intanto che cinque stati del nord la praticavano ancora.
Fino quasi alla fine del XIX secolo, il sionismo è solo un progetto puritano anglo-sassone al quale solo un’élite ebraica aderisce. È fortemente condannato dai rabbini che interpretano la Torah come un’allegoria e non come un piano politico. Tra le conseguenze attuali di questi fatti storici, dobbiamo ammettere che se il sionismo mira alla creazione di uno Stato per gli ebrei, è anche il fondamento degli Stati Uniti. Pertanto, la questione se le decisioni politiche d’insieme siano prese a Washington o a Tel Aviv ha solo interesse relativo. È la stessa ideologia ad essere al potere in entrambi i paesi. Inoltre, poiché il sionismo ha permesso la riconciliazione tra Londra eBenjamin Disraeli Washington, il fatto di sfidarlo significa affrontare questa alleanza, la più potente del mondo.
L’adesione del popolo ebraico al sionismo anglosassone. Nella storia ufficiale attuale, è consuetudine ignorare il periodo dal XVII al XIX secolo e presentare Theodor Herzl come il fondatore del sionismo. Tuttavia, secondo le pubblicazioni interne dell’Organizzazione Sionista Mondiale, anche questo punto è falso. Il vero fondatore del sionismo contemporaneo non era ebreo, bensì cristiano dispenzionalista. Il reverendo William E. Blackstone era un predicatore americano per il quale i veri cristiani non avrebbero dovuto partecipare alle prove della fine del tempo. Basava l’insegnamento su coloro che sarebbero stati elevati al cielo durante la battaglia finale (il “rapimento della Chiesa”, in inglese “the rapture”). Nella sua visione, gli ebrei avrebbero combattuto questa battaglia e ne sarebbero usciti allo stesso tempo convertiti a Cristo e vittoriosi.
È la teologia del reverendo Blackstone che è servita da base per il sostegno immancabile di Washington alla creazione di Israele. E questo, molto prima che l’Aipac (la lobby pro-Israele) venisse creata e prendesse il controllo del Congresso. In realtà, il potere della lobby non risiede tanto nel suo denaro e la sua capacità di finanziare le campagne elettorali, quanto in questa ideologia ancora presente negli Stati Uniti. La teologia del rapimento, per quanto stupida possa sembrare, è oggi molto potente negli Stati Uniti. Rappresenta un fenomeno nel mercato dei libri e nel cinema (si veda il film “Left Behind”, con Nicolas Cage, che uscirà ad ottobre). Theodor Herzl era un ammiratore del magnate dei diamanti Cecil Rhodes, teorico dell’imperialismoCecil Rhodes britannico e fondatore del Sudafrica, della Rhodesia (cui diede il suo nome) e dello Zambia (ex Rhodesia del Nord).
Herzl non era israelita praticante né aveva circonciso suo figlio. Ateo come molti borghesi europei del suo tempo, si batté all’inizio per assimilare gli ebrei convertendoli al cristianesimo. Tuttavia, riprendendo la teoria di Benjamin Disraeli, giunse alla conclusione che la soluzione migliore fosse quella di farli partecipare al colonialismo britannico creando uno Stato ebraico, collocato nell’attuale Uganda o in Argentina. Seguì l’esempio di Rhodes nella maniera di acquistare terreni e di costruire l’Agenzia Ebraica. Blackstone riuscì a convincere Herzl a unire le preoccupazioni dei dispenzionalisti a quelle dei colonialisti. Era sufficiente per tutto questo considerare di stabilire Israele in Palestina e di moltiplicare i riferimenti biblici. Grazie a questa idea assai semplice, giunsero a far aderire la maggioranza degli ebrei europei al loro progetto. Oggi Herzl è sepolto in Israele (sul monte Herzl) e lo Stato ha posto nella sua bara la Bibbia annotata che Blackstone gli aveva offerto.
Il sionismo non ha dunque mai avuto come obiettivo quello di «salvare il popolo ebraico dandogli una patria», bensì quello di far trionfare l’imperialismo anglosassone associandovi gli ebrei. Inoltre, non solo il sionismo non è un prodotto della cultura ebraica, ma la maggior parte dei sionisti non è mai stata ebrea, mentre la maggioranza dei sionisti ebrei non sono israeliti dal punto di vista religioso. I riferimenti biblici, onnipresenti nel discorso pubblico israeliano, rispecchiano il pensiero solo della parte Louis Brandeiscredente del paese e sono destinati principalmente a convincere la popolazione statunitense.
Il patto anglosassone per la creazione di Israele in Palestina. La decisione di creare uno Stato ebraico in Palestina è stata presa congiuntamente dai governi britannico e statunitense. È stata negoziata dal primo giudice ebreo della Corte Suprema degli Stati Uniti, Louis Brandeis, sotto gli auspici del reverendo Blackstone, e fu approvata sia dal presidente Woodrow Wilson sia dal primo ministro David Lloyd George, sulla scia degli accordi franco-britannici Sykes-Picot sulla spartizione del “Vicino Oriente”. Questo accordo fu progressivamente reso pubblico. Il futuro Segretario di Stato per le Colonie, Leo Amery, ebbe l’incarico di inquadrare gli anziani del “Corpo dei mulattieri di Sion” per creare, con i due agenti britannici Ze’ev Jabotinsky e Chaim Weizmann, la “Legione ebraica” in seno all’esercito britannico. Il ministro degli esteri Lord Balfour inviò una lettera aperta a Lord Walter Rothschild per impegnarsi a creare un «focolare nazionale ebraico» in Palestina (2 novembre 1917). Il presidente Wilson annoverò tra i suoi obiettivi di guerra ufficiali (il 12° dei 14 punti presentati al Congresso l’8 gennaio 1918) la creazione di Israele.
Pertanto, la decisione di creare Israele non ha nulla a che fare con la distruzione degli ebrei d’Europa sopravvenuta due decenni più tardi, durante la Seconda Guerra Mondiale. Durante la Conferenza di pace di Parigi, l’emiro Faisal (figlio dello Sharif della Mecca e futuro re dell’Iraq britannico) firmò, in data 3 gennaio 1919, un accordo con l’Organizzazione Sionista, impegnandosi a sostenere la decisione anglosassone. La creazione dello Stato di Israele, realizzata contro la popolazione della Palestina, era quindi fatta anche con l’accordo dei monarchi arabi. Inoltre, all’epoca, lo Sharif della Mecca, Hussein bin Ali, non interpretava il Corano alla maniera di Hamas. Non Arthur James Balfourpensava che «una terra musulmana non può essere governata da non-musulmani»
La creazione giuridica dello Stato d’Israele. Nel maggio 1942, le organizzazioni sioniste tennero il loro congresso al Biltmore Hotel di New York. I partecipanti decisero di trasformare il «focolare nazionale ebraico» della Palestina in «Commonwealth ebraico» (riferendosi al Commonwealth con cui Cromwell aveva brevemente sostituito la monarchia britannica) e di autorizzare l’immigrazione di massa degli ebrei verso la Palestina. In un documento segreto, venivano precisati tre obiettivi: «(1) lo Stato ebraico avrebbe abbracciato l’intera Palestina e probabilmente la Transgiordania; (2) il trasferimento delle popolazioni arabe in Iraq; (3) la presa in mano da parte degli ebrei dei settori dello sviluppo e del controllo dell’economia in tutto il Medio Oriente». Quasi tutti i partecipanti ignoravano allora che la «soluzione finale della questione ebraica» (die Endlösung der Judenfrage) aveva appena preso inizio segretamente in Europa.
In definitiva, mentre i britannici non sapevano più come soddisfare sia gli ebrei sia gli arabi, le Nazioni Unite (che a quel tempo annoveravano appena 46 Stati membri) proposero un piano per spartire la Palestina a partire dalle indicazioni che gli fornirono i britannici. Uno Stato bi-nazionale doveva essere creato, comprendente uno Stato ebraico, uno Stato arabo e una zona soggetta a un “regime internazionale speciale” per amministrare i luoghi santi (Gerusalemme e Betlemme). Questo progetto fu adottato attraverso la risoluzione 181 dell’Assemblea Generale. Senza attendere il seguito dei negoziati, il presidente dell’Agenzia Ebraica, David Ben Gurion, proclamò unilateralmente lo Stato di Israele, subito riconosciuto dagli Stati Uniti. Gli arabi del territorio israeliano furono sottoposti alla legge marziale, i loro movimenti furono limitati, i loro passaporti confiscati. I paesi arabi di recente indipendenza intervennero. Ma senza eserciti ancora costituiti, Folke Bernadottefurono rapidamente sconfitti. Durante questa guerra, Israele procedette a una pulizia etnica e costrinse almeno 700.000 arabi a fuggire.
L’Onu inviò un mediatore, il conte Folke Bernadotte, un diplomatico svedese che aveva salvato migliaia di ebrei durante la guerra. Constatò che i dati demografici trasmessi dalle autorità britanniche erano falsi e pretese la piena attuazione del piano di spartizione della Palestina. Al dunque, la risoluzione 181 implica il ritorno dei 700.000 arabi espulsi, la creazione di uno Stato arabo e l’internazionalizzazione di Gerusalemme. L’inviato speciale delle Nazioni Unite fu assassinato, il 17 settembre 1948, su ordine del futuro primo ministro Yitzhak Shamir. Furibonda, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò la risoluzione 194, che riafferma i principi della risoluzione 181 e, inoltre, proclama il diritto inalienabile dei palestinesi a tornare alle loro case e ad essere risarciti per il danno che avevano appena subito. Tuttavia, poiché Israele aveva arrestato gli assassini di Bernadotte, e poi li processò e condannò, fu accolto in seno all’Onu con la promessa di onorare le risoluzioni. Ma erano nient’altro che bugie. Subito dopo gli assassini furono graziati e lo sparatore divenne la guardia del corpo personale del primo ministro David Ben Gurion.
Fin dalla sua adesione all’Onu, Israele non ha mai smesso di violare le risoluzioni che si sono accumulate all’Assemblea Generale e al Consiglio di Sicurezza. I suoi legami organici con due membri del Consiglio che dispongono del diritto di veto lo hanno collocato di fuori del diritto internazionale. È diventato uno Stato off-shore che permette agli Stati Uniti e al Regno Unito di fingere di rispettare anche loro il diritto internazionale, mentre lo violano dietro questo pseudo-Stato. È assolutamente sbagliato ritenere che il problema posto da Israele riguardi solo il Medio Oriente. Oggi Israele agisce militarmente in tutto il mondo a copertura dell’imperialismo anglosassone. In America Latina, ci furono agenti israeliani che organizzarono la repressione durante il colpo di stato contro Hugo Chávez (2002) o il rovesciamento di Manuel Zelaya (2009). In Africa, erano ovunque presenti durante la guerra dei Grandi Laghi e hanno organizzato l’arresto di Muammar el-Gheddafi. In Asia, hanno condotto l’assalto e il massacro delle Tigri Tamil (2009), ecc. Ogni volta, Londra e Washington Shamir con Netanyahugiurano che non c’entrano per nulla. Inoltre, Israele controlla numerose istituzioni mediatiche e finanziarie (come la Federal Reserve statunitense).
La lotta contro l’imperialismo. Fino alla dissoluzione dell’Urss, era evidente a tutti che la questione israeliana scaturisse dalla lotta contro l’imperialismo. I palestinesi erano sostenuti da tutti gli anti-imperialisti del mondo – perfino dai membri dell’Armata Rossa giapponese – che venivano a combattere al loro fianco. Oggi, la globalizzazione della società dei consumi e la perdita di valori che ne è seguita hanno fatto perdere coscienza del carattere coloniale dello Stato ebraico. Solo arabi e musulmani si sentono coinvolti. Essi mostrano empatia per la condizione dei palestinesi, ma ignorano i crimini israeliani nel resto del mondo e non reagiscono ad altri crimini imperialisti. Tuttavia, nel 1979, l’ayatollah Ruhollah Khomeini spiegò ai suoi fedeli iraniani che Israele era solo una bambola nelle mani degli imperialisti e che l’unico vero nemico era l’alleanza degli Stati Uniti e del Regno Unito. Per il fatto di affermare questa semplice verità, Khomeini fu caricaturizzato in Occidente e gli sciiti furono presentati come eretici in Oriente. Oggi l’Iran è l’unico paese al mondo ad inviare grandi quantità di armi e consiglieri per aiutare la Resistenza palestinese, mentre i regimi sionisti arabi se ne stanno a discutere amabilmente in videoconferenza con il presidente israeliano durante le riunioni del Consiglio di sicurezza del Golfo.
(Thierry Meyssan, “Chi è il nemico?”, articolo apparso il 3 agosto 2014 su diversi giornali internazionali e tradotto da “Megachip”).

fonte: www.libreidee.org