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le tante disgrazie del vapore Ortigia


L'emigrazione italiana è un fenomeno su larga scala finalizzato all'espatrio che interessa la popolazione italiana. Dapprima riguardò il Settentrione e successivamente, dopo il 1880, anche il Mezzogiorno d'Italia. I fenomeni migratori possono essere suddivisi in tre distinti periodi: quello compreso tra l'Unità d'Italia e l'avvento del fascismo, quello – conosciuto come Migrazione Europea – avvenuto tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e gli anni sessanta e la terza ondata migratoria destinata all'espatrio cominciata con l'inizio del XXI secolo – conosciuta come Nuova Emigrazione – causata dalle difficoltà che hanno avuto origine nella grande recessione che ha generato la crisi economica mondiale del 2007. Concentrando la nostra attenzione sull'emigrazione verso le Americhe, possiamo considerare come simbolica data d'inizio il 4 ottobre del 1852, data in cui venne fondata, a Genova, la Compagnia transatlantica di navigazione a vapore, il cui principale azionista era Vittorio Emanuele II di Savoia. Questa compagnia commissionò ai cantieri navali inglesi i grandi piroscafi gemelli Genova e Torino, varati nella primavera del 1856, che venero destinati al collegamento marittimo tra l'Italia e le Americhe. Purtroppo diversi furono i naufragi accaduti agli italiani che si trasferivano oltreoceano. Tra la fine dell'ottocento e gli inizi del novecento 5 disgrazie costarono la vita a migliaia di emigranti: nel 1880 avvenne il primo grave incidente del piroscafo Ortigia, nel 1891 affondò l'Utopia, nel 1898 il Bourgogne, nel 1906 il Sirio e nel 1927 il Principessa Mafalda. Degli ultimi due, il Sirio ed il Principessa Mafalda, ci siamo già occupati nelle pagine di questo blog, per cui l'attenzione di questo articolo è concentrata sulle molteplici disgrazie causate dal piroscafo Ortigia.


Il piroscafo fu varato a Livorno nel 1873 e da subito apparve un'imbarcazione complessa e pericolosa tanto che gli incidenti non tardarono a presentare il conto. Il primo disastro avvenne nell'autunno del 1880 quando il piroscafo Ortigia, in rotta da Genova per Livorno, affondò il piroscafo francese Oncle Joseph della compagnia Valery di Marsiglia, proveniente da Piombino e diretto a Genova. L'Oncle Joseph aveva a bordo 300 passeggeri che avrebbero dovuto trasbordare sulla nave postale Berlin in partenza per il Brasile. L'incidente tra le due imbarcazioni avvenne all'interno del Golfo di Spezia. Dei 300 passeggeri a bordo della nave francese solo 35 si salvarono, mentre dei 32 componenti l'equipaggio ben 23 ebbero salva la vita. L'Oncle Joseph in pochi minuti scivolò sul fondo del mare trascinando con sé oltre 200 persone. Il piroscafo Ortigia, dopo essersi accertato che non vi erano superstiti in mare, fece rotta verso Livorno per scaricare i naufraghi. Purtroppo l'incidente non rimase isolato. Nel 1885 l'Ortigia si scontrò con un'altra nave francese, la Martignan, causando la morte di 12 passeggeri. Nel 1890 un altro incredibile incidente, questa volta con una nave norvegese. I morti della sciagura furono cinque. Si giunge al 21 luglio del 1895. Il piroscafo Ortigia si scontrò, sulla rotta da Genova a Livorno, con la Maria P. all'incirca nello stesso punto in cui mandò a picco la nave francese Oncle Joseph. Lo scontro avvenne in una notte buia e la Maria P. Affondò in soli tre minuti, provocando la morte di 148 persone. A causa dell'oscurità, l'Ortigia riuscì a portare in salvo alcuni membri dell'equipaggio e 28 passeggeri del piroscafo francese solo alle prime luci dell'alba. Da quel momento l'Ortigia fu considerata una nave maledetta. Il Secolo XIX del 22 luglio titolava: “Tremenda catastrofe. 


Il piroscafo Maria P. investito dall'Ortigia è affondato in 3 minuti, centoquarantotto i morti”. L'articolo proseguiva nel seguente modo: "Ieri, dopo il mezzogiorno, l’Avvisatore Marittimo della nostra città, avvistava in lontananza un bastimento che appariva guasto e sconquassato nella prua, e ne dava tosto notizia alla Capitaneria di Porto. Più tardi giungeva vagamente notizia di una catastrofe accaduta nelle acque di Spezia di cui si ignorava ancora la portata e i particolari, e in un momento la notizia si diffondeva nella nostra città, apportando uno sgomento, un’ansia, un’impressione di dolore profondo che è più facile immaginare che descrivere. Pur troppo la notizia era vera e di una gravità eccezionale; spaventosa! Il disastro marittimo era avvenuto in prossimità di Spezia; e l’immane sciagura aveva mietuto un centinaio e mezzo di vittime. Il piroscafo investitore è l’Ortigia, il quale parecchi anni or sono – per una sinistra fatalità del destino – investiva in quelle stesse acque col piroscafo Oncle Jospeh. Il piroscafo investito dall’Ortigia è la Maria P. Prima di accingersi a narrare, col cuore profondamente commosso, e con l’animo straziato la tremenda collisione, facciamo precedere alcuni rapidi cenni sui due bastimenti che furono l’uno causa involontaria, l’altro vittima di una sciagura che a quest’ora fa spargere torrenti di lacrime a tante derelitte famiglie. L’Ortigia aveva lasciato Genova alle 21 diretto a Massaua con scali intermedi a Livorno, Napoli e Alessandria d’Egitto. Venti i passeggeri a bordo. La Maria P., piroscafo di 53 metri di lunghezza, costruito a Sunderland, Inghilterra, nel 1886, proveniva da Napoli con 173 passeggeri, 17 persone d’equipaggio, diretto, al comando di Prospero Mortola, a Genova. La maggior parte dei passeggeri avrebbe dovuto trasbordare sul Sud America, piroscafo diretto al Mar del Plata e su una nave francese diretta nel Nord America. Alle 21 il timoniere del Maria P. scorge un fanale in rotta di collisione. Avvisato il secondo ufficiale, questi non dà nessun comando particolare. Il fanale si avvicinava rapidamente. La velocità dell’Ortigia era in effetti doppia rispetto alla Maria P. Quando il secondo ufficiale si accorge che la distanza del fanale è molto prossima alla sua prua dà l’improvviso ordine di “poggiare”, manovra che si esegue facendo virare la nave a sinistra. Se la medesima manovra l’avesse eseguita anche l’altro vascello sarebbero sfilati bordo contro bordo senza che nulla accadesse. Ma la distanza al momento della manovra era troppo breve. La Maria P. aveva il suo fianco completamente esposto alla prua dell’Ortigia che stazzava il doppio. Le lamiere della Maria P. si stracciarono sotto l’urto e la prua della nave investitrice si infilò per circa sei metri nella fiancata all’altezza del fumaiolo. Una parte della struttura di coperta cadde sul ponte; le sartie dell’albero vennero strappate. Chi era in coperta fu scaraventato in acqua. I passeggeri neppure si accorsero di quanto accadde perché l’acqua invase la nave che, sbandando, si infilò sott’acqua. L’Ortigia fece immediatamente macchina indietro ed abbandonò al suo destino la Maria P. che gorgogliando scomparve. Dal piroscafo genovese furono lanciati i salvagente e messe in acque le scialuppe. Da bordo furono accese tutte le lampade a petrolio che illuminarono una scena spettrale. Rottami di ogni genere galleggiavano sul mare calmo e scuro. Borgotti Giuseppe, un fuochista del Maria P. fu uno di quelli sbalzati violentemente in acqua. Riuscì ad afferrare una bimba di due anni, Emilia Balena, che depose su un legno galleggiante. Con grande sforzo riuscì a trarla a bordo dell’Ortigia ma la bimba non sopravvisse. I genitori, per la prontezza del padre Emilio, si salvarono. Poiché soffriva di mal di mare si stava recando sul ponte al momento dell’incidente. Prese di corsa i figli di 3 anni, 18 mesi e trenta giorni e seguito dalla moglie Matilde salì sul ponte da dove venne scaraventato in mare. Furono raccolti molte oro dopo e solo allora scoprirono che la loro piccola figlia aveva perduto la vita. Molti di coloro che erano in mare annegarono a loro volta. Alle 7 della mattina, terminate le operazioni di salvataggio, sul ponte dell’Ortigia si contavano solo 42 sopravvissuti tra i passeggeri, 14 tra l’equipaggio. Il piroscafo volse la prua verso Genova dove attraccò al ponte Federico Guglielmo alle 11.30”.
La nave maledetta fu riacquistata dalla Navigazione Italia. Il nome fu prontamente modificato in Adria. Tra guerre ed incidenti, ritroviamo l'Ortigia – con il nuovo nome – requisita dalla Marina Militare nel 1915. Tre anni dopo termina la sua incredibile vita a causa di un siluro tedesco nel Canale di Sicilia.

Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/

Sitografia

www.marenostrumrapallo.it

www.antoniorandazzo.it

www.gabrielepetrone.it


FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.

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