Le sue opere si basano sul concetto del 
criminale per nascita:  l'origine del comportamento criminale è insita nelle caratteristiche anatomiche  del criminale, persona fisicamente differente dall'uomo normale in quanto dotata  di anomalie ed 
atavismi, che ne 
determinano il comportamento criminale. Di  conseguenza, l'unico approccio utile nei confronti del criminale è quello  clinico-terapeutico. Nell'ultima parte della sua vita Lombroso prese in  considerazione anche i fattori ambientali, educativi e sociali come concorrenti  a quelli fisici nella determinazione del comportamento criminale.
 
Oggi è stato dimostrato che sia l'ambiente sia i 
geni influiscono sull'aspetto fisico, ma che  quest'ultimo non influisce sul comportamento, influenzato anch'esso dai geni o  dall'ambiente: pertanto la dottrina lombrosiana è attualmente considerata 
pseudoscientifica.
 
Sebbene molte teorie di Lombroso siano oggi destituite di ogni fondamento, a  Lombroso va riconosciuto il merito di aver iniziato gli studi criminologici  moderni; ad alcune sue 
ricerche,  si ispirarono inoltre 
Sigmund Freud e 
Carl Gustav Jung per alcune teorie della 
psicoanalisi applicata alla  società. Le sue teorie razziste sono alla base dell'ideale nazista e della  sciagura che ancora si perpetra nel decaduto Regno delle due Sicilie.
 
Il padre, Aronne Lombroso, era un ricco commerciante veronese, sua madre si  chiamava Zeffora (o Zefira) Levi ed era una donna di religione ebraica  originaria di 
Chieri, in 
provincia di  Torino.
 
 Studi universitari 
Il giovane Cesare scelse di seguire gli studi della facoltà di 
medicina, sebbene la madre preferisse  per lui quelli giuridici per vari motivi, tra cui l'esempio di 
Francesco Marzolo  (la cui 
concezione  intrecciava 
storiografia e  
fisiologia nel sostenere  fondamentalmente la centralità della lingua nella storia), inoltre l'affiorare  dell'elemento filosofico e della riflessione, nonché dell'
ethos dettato dalla morale moderata e repubblicana del  tempo. Scelse l'
Università di Pavia, in quegli anni  rappresentata da 
Bartolomeo Panizza che aveva formulato  lodevoli comparazioni tra l'ambito anatomico e quello fisiologico nel corso dei  suoi studi, e da 
Luigi Porta  che aveva esteso all'
anatomia patologica nonché alla 
fisiopatologia sperimentale il fine e l'utilizzo  della 
chirurgia.
 
Nel 1852 all'inizio degli studi si scopre sorprendentemente entusiasta della  sua indipendenza, delle 
nuove  amicizie e dell'abbondanza di materiale a cui attingere per i suoi studi, che  interessavano materie quali, all'inizio l'
anatomia, la 
storia naturale e la 
botanica. Studiò sui testi dei personaggi più  importanti di quel tempo quali il mineralogista e zoologo 
Gian  Maria Zendrini, 
Giuseppe Balsamo Crivelli  (scopritore del fungo parassitario patogeno del "mal del calcino", la 
Batys  Bassiana), il Panizza stesso ed il botanico 
Giuseppe Moretti, muovendo dal concetto,  dominante all'epoca, dell'"unità della 
Natura" (come insieme di viventi e non viventi in senso  sistematico e sincronico) a cui si rifaceva il Nostro, parlando, ad esempio, nel  1853 nel 
Di un rapporto fisiologico comune ad alcuni neurotteri ed imenotteri, discettazione pubblicata in  concomitanza con la fine del suo 
primo  anno di studi.
 
 Carriera 
 Il primo  insegnamento 
Dopo il trasferimento dall'ospedale di 
Genova a quello divisionario di Pavia sembrò ormai  raggiungibile l'obiettivo di avviare un insegnamento clinico importante; così,  nonostante le riserve a causa dell'ostacolo di disporre di un reparto di malati  per lo studio pratico della clinica delle malattie mentali, al Lombroso venne  richiesto l'insegnamento in un corso libero e gratuito, a partire dal 6 dicembre  del 1862. Dopo poco tempo anche la principale difficoltà logistica venne  appianata grazie all'intervento del 
rettore (il Cantoni) che, dopo aver in prima istanza  acconsentito all'istituzione di un corso di quella materia, in seguito si  interessò anch'egli alla stessa, come è documentato dalla corrispondenza tra lui  ed il Lombroso. Successivamente le cose migliorarono per il nostro. Infatti, il  direttore dell'ospedale comunale di Sant'Eufemia (lo Zanini) si adoperò per  venire incontro alle esigenze del neo-insegnante, mettendo a disposizione sua e  dei suoi allievi il reparto degli 'alienati maschi', di 15 posti letto, per  tutto il tempo del corso teorico, in modo tale da affiancare alla teoria la 
clinica, a  condizione che il 
docente si  comportasse come un primario dell'ospedale.
 
Così alla fine di luglio si concluse il primo corso, come testimoniato  dall'attestato rilasciato al docente in data 4 luglio, onde testimoniarne "la di  lui somma diligenza ed il distinto suo zelo". Altra testimonianza del buon esito  dal punto di vista intellettuale di questa prima prova del Lombroso può essere  la pubblicazione ne 
L'appendice  psichiatrica, il 4 maggio, della 'Prelezione al corso di clinica delle  
malattie mentali',  ovvero la pubblicazione della prima lezione del corso, tenuta dal Lombroso,  sulla 'Gazzetta medica italiana, 
Lombardia' del primo giugno. In questi documenti è  palese la passione ed il profondo interesse scientifico del nostro per la  scienza,e per la scienza medica psicologica in particolare, per via della  complessità stessa della materia, per il decorso così differente delle malattie  mentali dalle altre patologie, per la difficoltà nella 
diagnosi, impossibile da formulare basandosi  univocamente sul fattore scientifico, e per la molta incertezza e sperimentalità  dei metodi curativi.
 
Tuttavia, oltre all'interesse propriamente scientifico, il Lombroso ha sempre  convissuto con la passione per la storia e soprattutto per lo 
storicismo, al punto da integrare  queste due costanti dei suoi studi nello studio clinico dell'"
intelligenza" a favore del  quale spezzava una lancia allo scopo di approfondire la conoscenza della 
fisiologia del 
pensiero, attraverso lo studio dei 
neoplasmi e della formazione del callo (approfondimento  istologico dei tessuti). Nondimeno l'influenza della 
psiche stessa all'interno delle varie patologie ed in  relazione ai diversi pazienti; una differenziazione che potrebbe ricordare  vagamente quella che sarà la futura metodologicità freudiana, sebbene siano  molti gli elementi dissonanti tra questi due personaggi, nonché vasto  l'intervallo temporale. Fulcro del metodo del Lombroso era la cosiddetta '
pura  psicologia', indispensabile, a suo avviso, per spiegare fenomeni quali le 
allucinazioni ed i fenomeni  dell'"idea", riconducendo a 
sub specie historica le varie forme di  malattia, in una concezione che faceva del '
manicomio' un compendio evidentissimo dello sviluppo  umano, quasi un campionario storico, dalla '
tabula rasa' del selvaggio, sino ai lampi di genio  della follia. Nel 
1898 inaugurò a Torino un  museo di psichiatria e criminologia (più tardi chiamato "di antropologia  criminale").
 
Il museo, per lungo tempo chiuso al pubblico (la collezione costituita da  migliaia di pezzi tra reperti anatomici, manufatti e scritti di criminali ed  alienati, reperti probatori, armi proprie ed improprie, strumenti scientifici,  documenti e fotografie, ecc. era parzialmente accessibile soltanto per motivi di  studio e di ricerca) è stato inaugurato di nuovo il 
26 novembre 2009 e nuovamente aperto al pubblico. L'odierno  allestimento è opera dell'architetto Massimo Venegoni.
 
 Il primo caso 
Dopo il 1870, data assunta come inizio del 'periodo pesarese', e dopo gli  studi condotti sulla 
pellagra, il  Lombroso si concentrò più propriamente sullo studio dell'
antropologia, dei pazzi e dei criminali, giacché  in questi gli sembrava di rinvenire maggiormente le 'stigmate del 
primitivismo'. Il primo caso  che si trovò ad esaminare fu quello del brigante Giuseppe Villella, settantenne,  datosi alla macchia nei monti. L'
autopsia del Villella, probabilmente una di quelle che  più si impressero nella mente del Lombroso, evidenziò alla base del 
cranio la fusione congenita della parte  corrispondente dell'
occipite con l'
atlante, ed altre caratteristiche anomale,  quali ad esempio la mancanza della cresta occipitale interna, la deformazione  della cresta mediana ed altre deformazioni delle 
ossa craniche, che spinsero il Lombroso a considerare  che quelle peculiari caratteristiche ossee avessero avuto una certa qual  influenza sull'attività del 
cervelletto; la probabilità dell'
eziologia di queste anomalie poteva essere imputata  ad un arresto allo 
stato fetale nello  sviluppo del 
cervello,  considerazione evidentemente 
embriogenetica  che mise il Lombroso sulla strada che accostava l'
analisi  evoluzionistica alla 
medicina legale applicata alle patologie,  attraverso un iniziale confronto con i 
primati.
 
Infatti il trovare negli uomini la 
fossa  mediana, di norma presente solo in primati e 
gorilla, suscitava l'ipotesi che fosse presente un  nesso tra l'evoluzione naturale della specie ed i comportamenti del singolo  all'interno del contesto sociale. Un primo accenno di ricerca in questo senso si  può ricondurre all'anno 1869 in cui studiosi inglesi avevano riscontrata la 
capacità  cranica dei delinquenti minore di quella dei pazzi, ed anno in cui il 
Golgi stesso studiava le  relazioni eziologiche tra delitto e pazzia. Fu così che nacque la '
convinzione  atavica' avallata da un secondo caso, quello del contadino 
Vincenzo Verzeni,  omicida ed antropofago, che presentava caratteri atavici o d'
involuzione, vale a dire di  'mancata evoluzione', che, secondo il Lombroso, avrebbero, in una certa qual  misura, motivato le manifestazioni 'anomale' della sua condotta, derivanti,  indipendentemente dall'atto di scelta volontaria e cosciente, direttamente da  deviazioni della struttura fisica. Il problema che si presentò al Lombroso fu  quindi quello di ridefinire alla luce di queste intuizioni e teorie il problema  del delitto in termini di 
libero arbitrio e di responsabilità, ovvero di  educazione, od addirittura di terapia. Le parole del Lombroso sono al riguardo  vistosamente influenzate da un 
determinismo assoluto, derivante dal procedere  delle indagini, preminentemente sperimentali, intrecciate con studi psichiatrici  sia sulla pazzia sia sul cretinismo in genere, da cui prenderà corpo la 'teoria  dell'
uomo  delinquente'.
 
 La morte
 L'autopsia di  Cesare Lombroso 
Dopo la morte di Cesare Lombroso, il suo corpo fu sottoposto ad 
autopsia. In base ai risultati di essa,  si disse che Cesare Lombroso sarebbe stato da ritenere, secondo le sue stesse  teorie, "affetto da 
cretinismo  perpetuo".
 
 Teorie 
Il pensiero di Lombroso si può riassumere genericamente in una sua famosa  frase: “il criminale è un essere atavistico che riproduce sulla propria  persona i feroci istinti dell'umanità primitiva e degli animali  inferiori”
 Genio e follia
All'inizio l'opera di Lombroso dovette combattere per sradicare i 
pregiudizi morali  relativi alla 
delinquenza, ormai ben radicati nel 
substrato  sociale. Infatti, la maggior parte dei contemporanei continuava a  considerare i delinquenti unicamente colpevoli, reputando irrilevanti gli studi  di Lombroso. Nonostante ciò la teoria dell'equivalenza epilettica del delitto (o  meglio, della sua componente epilettica) guadagnava terreno, benché proclamata  relativamente tardi (ma già individuabile in testi quali 
Genio e Follia e  
Du démon de Socrate (1836, del francese 
Lélut).  L'interesse per il genio derivava anche da concezioni residue di stampo  illuminista relativamente ad un'immagine della 
storia come 'catastrofica' (nel senso greco di 
catastrophè),  caratterizzata da subitanei rivolgimenti dovuti a cause naturali o individuali  (cioè i genii), teoria avallata dall'
evoluzionismo  emergente contemporaneo al Lombroso che tendeva a considerare a tal proposito i  geni come una certa qual sottospecie di eroi.
 
In una pubblicazione di Lombroso al riguardo, 
Sulle malattie proprie degli  uomini dati ai lavori intellettuali, è concepito il legame tra genio e  follia, che aveva collegato a questi due fattori anche peculiarità fisiche  riscontrate dal Lombroso nei pazzi. Nei vari 
manicomi in cui condusse le sue analisi, il Lombroso  oltre a trovare le tare ed i difetti, le anomalie individuali, aveva trovato  anche lampi di 
genialità  e passione, coltivando ipotesi che per certi versi lo allontanavano un po' dalla  teoria epilettica. Era stato molto colpito dalle idee dei pazzi, dai loro lavori  ingegnosi e dai loro calcoli prodigiosi, continuando sulla strada secondo cui  tra i pazzi abbonderebbero i fondatori di religioni e partiti, come, ad esempio,  
Lutero, 
Savonarola e 
Giovanna d'Arco. Le distrazioni dei genii  erano ritenute dal Lombroso come momenti di 
assenza epilettica, così come le loro visioni  notturne (in 
Dostoevskij, 
Maupassant, 
Musset), le  malinconie (
Voltaire, 
Molière, 
Chopin, 
Giusti), i tentativi di suicidio (
Rousseau,  
Cavour, 
Chateaubriand), le  megalomanie (
Maometto, 
Colombo, 
Savonarola, 
Bruno), la timidezza (
Leopardi), l'amore  infantilistico (
Dante, 
Alfieri, 
Byron).
 
Fisicamente il Lombroso asseriva la predominanza tra i geni di  caratteristiche quali il pallore, la magrezza o l'obesità, l'essere rachitici,  sterili o celibi, di cervelli per la maggior parte di volume superiore alla  media e con deformità (come le suture anormali nel cranio di 
Volta); esistevano  poi anche casi in cui i genii erano totalmente ed irreversibilmente pazzi, non  soltanto in alcuni momenti o in manifestazioni latenti, si vedano gli esempi di  
Tasso, 
Gogol, 
Ampère,  
Kant e 
Beethoven.  Tuttavia insieme a queste analisi caratteriali, il Lombroso sosteneva anche  alcune teorie più opinabili, come ad esempio quella che le grandi variazioni  barometriche e la 
canicola  influenzerebbero la pazzia e le grandi scoperte o le osservazioni più acute  (adducendo come esempi i casi di 
Malpighi e 
Galvani).
 
Dal 
1876 divulgò la propria teoria  antropologica della 
delinquenza nelle cinque successive edizioni de  
L'uomo delinquente, che successivamente espanse in un'opera in più  volumi. Tra i massimi studiosi di 
fisiognomica, Lombroso misurò la forma e la  dimensione del 
cranio di molti 
briganti uccisi e portati dal Meridione  d'Italia in Piemonte, concludendone che i tratti atavici presenti riportavano  indietro all'uomo primitivo. In effetti quella che sviluppò fu una nuova 
pseudoscienza che si occupava  di 
frenologia forense. Egli  dedusse che i criminali portavano tratti anti-sociali dalla nascita, per via  ereditaria, cosa che oggi si considera del tutto infondata. Da notare che  Lombroso aveva sviluppato la teoria dell'
atavismo un anno prima della pubblicazione de 
L'origine  delle specie di 
Darwin (
1859).
 
Di fatto il suo lavoro nella prima metà del 
XX secolo venne strumentalizzato nel contesto dell'
eugenetica e da certe forme di "
razzismo  scientifico". Lombroso sostenne sempre con forza la necessità  dell'inserimento della 
pena  capitale all'interno dell'ordinamento italiano. Riteneva infatti che se il  criminale era tale per la sua conformazione fisica, non fosse possibile alcuna  forma di riabilitazione, individuando in tal modo l'obiettivo cui il sistema  penale doveva tendere per la sicurezza della società.
 
Alcuni degli studi più strani effettuati da Lombroso nel corso della sua vita  di ricercatore furono 
La ruga del cretino e l'anomalia del cuoio  capelluto, 
L'origine del bacio, 
Perché i preti si vestono da  donne. Nel 
1891 pubblica in  collaborazione con 
Filippo  Cougnet un libro intitolato 
Studi sui segni professionali dei facchini -  Il cuscino posteriore delle ottentotte - Sulla gobba dei cammelli - Sulla gobba  degli zebù e nel 
1896 un lavoro su  
Dante epilettico. Un importante collaboratore "involontario" di Lombroso  nei suoi studi fu 
Giuseppe  Villella nato a 
Motta di Santa Lucia e morto presumibilmente  a 
Pavia, pluripregiudicato per incendio e  furto e sospettato di 
brigantaggio. È dallo studio autoptico del suo  cadavere che Lombroso scopre la cosiddetta "
fossetta  occipitale mediana": l'anomalia della struttura cranica fonte, a suo dire,  dei comportamenti devianti del "tipo criminale". Anche i resti di Lombroso sono  conservati nel Museo di antropologia criminale "Collezione Lombroso" presso  l'Istituto di medicina legale a Torino, per sue ultime volontà: l'intero  scheletro in una teca e la testa priva di cranio, in 
formalina.
 
In un recente studio di antropometria, 
La  vera storia del cranio di Pulcinella, il naturalista napoletano 
Dario  David ha messo in luce che in un campione di individui abbastanza esteso,  costituito da ex detenuti, confrontato con un campione di individui mai stati  sottoposti a misure detentive, i tratti somatici del "delinquente" di Lombroso  avevano percentuali significativamente diverse a seconda del quartiere di Napoli  da cui proveniva il campione: 50% in alcuni zone popolari (
Forcella, 
Sanità, 
Quartieri  Spagnoli e soprattutto il 
Cavone),  12% in tutti gli altri quartieri. La causa più probabile, essendo i campioni  provenienti da quartieri aree diverse della medesima città, sembra essere il  fatto che quei tratti somatici si siano sviluppati in abbondanza in zone  particolarmente chiuse e isolate (socialmente e geograficamente) dove la  cristallizzazione di un dato carattere sia più facile.
 
In queste stesse zone vigeva un regime di povertà e abbandono da oltre 400  anni, e quindi vi era un maggiore rischio di insorgenza criminale (rispetto ad  altri quartieri della stessa città). In un certo senso si può oggi parlare di  "ragioni di Lombroso": la concomitanza tra caratteri somatici e comportamento  umano potrebbe esistere, ma di certo non secondo il legame diretto  causa-effetto, della teoria atavica, che fu ipotizzato dall'autore. Da un punto  di vista metodologico e statistico i testi di Lombroso difettano per l'esiguità  e la mancanza di bilanciamento dei campioni considerati, questo ad ulteriore  danno della scientificità delle conclusioni ottenute.
 I mattoidi 
Negli individui definiti dal Lombroso 'mattoidi' si diversifica l'impulsività  epilettica, rispetto agli accessi impulsivi e preminentemente contraddittori  caratteristici dei criminaloidi. Questi soggetti vengono accostati al cosiddetto  '
genio',  caratterizzato dall'istantaneità creativa dell'
ispirazione, dall'irresistibilità all'estro, dalle  assenze e dall'
amnesia, ricordando  come caratteristica principale dell'
intelletto geniale quella che il Lombroso definiva  'creazione incosciente' (non a caso accostata al fenomeno singolare dell'
epilessia). La classe dei mattoidi  era quella situata esattamente sul 
confine tra saviezza e follia, caratterizzata da una 
paranoia a sé stante, indipendente da  quelle che le sono vicine. Infatti a differenza dei pazzi comuni, i mattoidi  conducono una vita normale, sebbene castigata in certo qual modo. La loro  sobrietà, in quanto innaturale e forzata, può talvolta raggiungere l'eccesso,  avvicinandoli a certi geni del bene o grandi pensatori, con i quali, precisa il  Lombroso, essi non hanno nulla in comune, facendogli così guadagnare il favore  delle folle. Sono tipi umani concentrati sull'ordine, pedanti, abili e di buon  senso nella quotidianità, al punto che sono capaci di occultare la loro 
follia. Spesso il loro ruolo sociale è  quello di 
patrioti  o spiriti umanitari, capaci di influenzare le folle con la loro audacia e le  loro fanatiche convinzioni.
 
Tipiche dei mattoidi erano considerate le tendenze metafisiche, la passione  delle minuzie, la smania paranoica del voler rinvenire una ragione logica in  cose che fondavano su altri elementi la loro esistenza. Ad un'analisi più  attenta risulta chiara l'influenza, nell'analisi di questi personaggi da parte  del Lombroso, dell'impostazione positivista, che procedeva elencando  pedissequamente le peculiarità di questa classe, facendovi rientrare uno  straordinario numero di individui. Il loro modo di ragionare procedeva per 
analogia, 
giochi di parole ed  immagini poetiche, un vasto campionario della loro 
irrazionalità sarebbe  dovuto al 
fanatismo 'economico'  (che aveva preso il posto di quello religioso), di carattere socialista ed  anarchico. Ma, oltre all'elemento epilettico ed al fattore ambientale, il  Lombroso riteneva che l'
eziologia  del delitto non potesse essere ridotta a questi due termini, lasciando da parte  il fattore genetico ed 
embriogenetico.
 
Perciò introdusse anche l'elemento ereditario, distinguendo l'
eredità diretta, dei fattori  criminaloidi, vale a dire quella derivata direttamente dai 
genitori, e quella indiretta, derivante  invece dalla famiglia degenere, che influivano sulla formazione del criminale  come il clima sui delitti; infatti secondo il Lombroso i mesi caldi favorivano i  delitti di sangue mentre i cambiamenti di tempo e l'avvicinarsi delle tempeste  predisponevano agli attacchi epilettici. Tra i delinquenti nati (epilettici,  pazzi morali irriducibili) ed i delinquenti pazzi (
dipsomani,  isterici ed allucinati) si collocano quindi i criminaloidi, cui non mancano  istinti inibitori e sono riducibili quantitativamente quelli egoistici.  Socialmente parlando, il Lombroso riteneva che attività quali il commercio, la  politica e la vita militare li facilitassero nel delitto, che la paura della 
pena avesse il potere di frenarli, mentre, una  volta in carcere, venissero irreversibilmente trasformati in rei  d'abitudine.
 
 I caratteri atavici 
Al centro della nuova scuola antropologica stavano le concezioni del Lombroso  a proposito dell'uomo 
delinquente, distinto dall'
alienato non delinquente concepito dapprima come un  superstite selvaggio. Oltre al delinquente nato c'erano, per il Lombroso, il 
mattoide ed  il delinquente di occasione. Antropologicamente il delinquente appariva come un  primitivo più prossimo ai 
primati  infraumani, capace di compiere azioni un tempo ritenute oneste, ma  considerate delitti dalla società contemporanea con la quale si trova a  contatto. I caratteri che manifestano l'
atavismo e la 
degenerazione sarebbero esplicitati fisicamente  dalla presenza di caratteristiche quali le grandi 
mandibole, i 
canini forti, gli 
incisivi mediani molto sviluppati a discapito dei  laterali, i 
denti soprannumerari o in  doppia fila (come nei 
serpenti), gli 
zigomi sporgenti, le prominenti 
arcate  sopracciliari, l'apertura degli arti superiori di lunghezza superiore alla  statura dell'individuo, i piedi prensili, la borsa guanciale, il 
naso schiacciato, il 
prognatismo, le ossa del cranio in soprannumero  (come negli 
Incas, nei  Peruviani e nei Papua) ed altre anomalie fisiche e scheletriche nonché caratteri  funzionali diversi da quelli dell'uomo evoluto; ad esempio una minore  sensibilità al dolore, una più rapida guaribilità, maggiore accuratezza visiva e  
dicromatopsia  ed anche 
tatuaggi ed accentuata  pigrizia.
 
Nei cosiddetti 'normali' non sarebbero riscontrabili cotante anomalie  funzionali e costituzionali, come provato dalla comparazione tra 340 grandi  criminali e 711 soldati. La convinzione del Lombroso era quella che finanche  l'utilizzazione dei ritrovati della civiltà fosse per il delinquente mezzo di  appagamento di istinti egoistici, antisociali ed impulsivi. Dal punto di vista  strutturalistico l'analisi condotta comportava le conclusioni che, essendo  considerato delitto presso i selvaggi ed i primitivi il gesto che infrange l'
usanza', se  nell'uso fossero passate azioni per noi criminose non vi potesse esser modo di  qualificare come 'delinquente' chi le commettesse, in quanto ormai parte  dell'usanza della comunità. Per il Lombroso il delinquente nato si identifica  col delinquente epilettico, nonché col pazzo morale e fornisce, come variazione  antropologica, il delinquente alienato. Il delinquente è caratterizzato  dall'assenza del 
senso  morale (
insensibilità,  
cinismo, 
apatia) e  dell'
imprevidenza.  Il delinquente di abitudine ha sue proprie caratteristiche attenuatamene  patologiche, perciò assimilabile a delinquente per passione, che agisce in  seguito ad un offuscamento momentaneo del 
senso  morale e, tuttavia, non è mai recidivo.
 
A differenza di quest'ultimo il delinquente d'occasione ha congenito uno  scarso senso morale e può diventare con ogni probabilità recidivo. Cause esterne  del delitto erano, per il Lombroso, le condizioni sociali, le influenze  climatiche, la mancanza di un'educazione morale e sociale, la miseria, i difetti  di legislazione. Vi erano tuttavia anche cause innate, interne all'individuo od  acquisite dallo stesso nel corso della propria vita, quali ad esempio le lesioni  del capo, le malattie che aggrediscono l'
asse  cerebro-spinale, ma anche l'
alcoolismo, e tutte quelle patologie che si  manifestano dal punto di vista psichico come caratteri di arresto dello sviluppo  e disordini nell'
intelligenza e nell'
affettività più propriamente.
 
 La patologia  femminile 
Sono da menzionare anche le analisi compiute dal Lombroso riguardo alle 
patologie  femminili, completando il richiamo all'
evoluzione nell'affermazione che la donna avrebbe  minori '
stigmate  degenerative', perché le sue caratteristiche psichiche e fisiche tendono a  variare in misura minore che negli individui maschi. La minore frequenza del  tipo criminale della criminalità-nata nel soggetto femminile non era tuttavia  abbastanza per impedire la creazione di un'immagine poco morale della donna.  Accanto alle constatazioni più propriamente fisiologiche questa volta si  trovarono a confrontare anche fatti e credenze di costume sociale: ad esempio il  fatto che l'equivalente femminile degli 
atavismi maschili potessero essere più che il 
delitto, azioni quali la 
prostituzione, parallelo  femminile del 
furto nell'uomo. Così il  passo dai problemi fisio-antropologici a quelli sociali ed etici era molto breve  e potrà aiutarci nella riflessione il considerare la posizione del Lombroso:  preminentemente 
scienziato,  incline all'
emancipazione  femminile nel combattere le coercizioni crudeli di sempre che accrescevano  la condizione di sottomissione della donna.
 
L'analisi partiva, statisticamente, dal rapporto di ciascun campione con una  tipologia di donna definita 'normale' (come gli 
scarti dei valori statistici dalla 
media aritmetica).  L'
anatomia e la 
biologia della donna erano strumenti di conferma della  sua inferiorità di 
statura e peso dopo  la 
pubertà, rispetto al maschio;  molteplici furono le osservazioni sui vari organi, sul sangue e sul suo  contenuto in 
globuli rossi (inferiori nella donna), sul cranio  e sul peso del cervello. L'analisi psicologica invece è dominata da un  atteggiamento strutturalista; secondo i più la donna sopportava meglio le  disgrazie, era più irritabile e sovente dominata dall'
amore  materno, anche indiretto. Secondo il Lombroso caratteristiche proprie del  genere femminile erano il 
misoneismo,  l'intelligenza automatica ed intuitiva, l'
iracondia e la 
coscienza giuridica nonché la propensione  "ciarliera". La definizione della degenerazione femminile e delle forme  patologiche di interesse ai fini dell'opera fondava il proprio agire sulle  ricerche anatomo-patologiche, considerate di maggiore utilità rispetto all'
antropometria cranica; le  anomalie patologiche degne di nota erano: 
apofisi ingrossate, bozze temporali, parietali ed  occipitali molto sviluppate, fronti sfuggenti o strette, 
fossette  occipitali, 
platicefalia,  
prognatismi, 
sclerosi  craniche, 
zigomi  sporgenti, 
ossa  wormiane. Molti studi condotti sulle 'prostitute' rilevarono la presenza di  patologie quali asimmetria cranica, 
troncocefalia,  
idrocefalia e soprattutto altre  anomalie del cranio e dei denti.
 
Le criminali-nate erano, secondo il Lombroso, in minor numero ma spesso di  maggior efferatezza dei criminali-nati(maschi), alcuni elementi poco presenti  nell'eziologia dei delitti maschili (ad esempio la 
premeditazione)  sarebbero invece presenti in modo evidente nei gesti scellerati delle donne,  portando alla predominanza del delitto passionale egoistico e del  suicidio.Quantunque da un'attenta osservazione dei dati statistici rilevati  possano sembrare affrettate, le conclusioni del Lombroso su questo tema vanno  tenute comunque in considerazione, se non altro per il fatto che hanno dato  inizio all'analisi di queste tematiche (ponendo l'accento anche sull'aspetto più  biologicamente sessuale) in un periodo in cui questa classe di problemi  incominciava appena ad essere considerata scientificamente dal punto di vista  medico ed anatomo-fisiologico.
 
 I  delinquenti ed il fattore epilettico 
Già in tempi relativamente precedenti alle elaborazioni del Lombroso,  studiosi quali il Maudsley asserivano che la 
criminalità è una varietà di 
neurosi e  che i delinquenti fossero degenerati ereditarii. Le cause della degenerazione  potevano essere ricondotte in primis all'alcool ed alla 
pellagra ma anche elementi quali industrie,  professioni, miserie, non andrebbero scartati. Il Lombroso proseguì sulla strada  già intrapresa dall'
Antonini, che  sosteneva che tutte le degenerazioni sarebbero osservabili per alterazioni  fisiche, intellettuali e/o etiche. Nella formulazione più propriamente  'definitiva' dell'uomo delinquente mancavano però ancora due elementi; vale a  dire il fattore epilettico e la varietà politica. Il primo di questi due  elementi testimonia evidentemente l'affievolirsi dell'elemento storico ed il  sopravvento della 
visione  strutturalistica tipico dell'ultima fase del 
positivismo, elemento suggerito a Lombroso da due  suoi casi.
 
Il primo era quello di un nobile, le cui "stranezze sadiche" furono  considerate dal Lombroso come equivalenti all'
accesso  epilettico, il secondo era quello della strage compiuta tra i commilitoni  dal soldato calabrese Misdea, che inoltre, al risveglio dopo il fatto delittuoso  non mostrava né completa incoscienza (come i malati di epilessia), né alcun  rimorso (comportandosi dunque come i delinquenti nati). Le discussioni riguardo  l'influenza del fattore epilettico sul gesto delinquenziale fervevano già dal  decennio precedente a questi due casi, quando l'analisi più propriamente  scientifica del fenomeno dell'
epilessia aveva condotto ad innovative quanto  inquietanti scoperte, sia per l'immensità dell'orizzonte medico e patologico,  sia per gli opinabili metodi di sperimentazione. L'epilessia appariva agli  studiosi come la spiegazione dell'arresto di sviluppo riscontrabile nei  delinquenti e della pazzia morale nel suo scatenarsi accessuale. L'attenzione  era concentrata sulle 
anomalie  ataviche, sulla 
sclerosi  cronica, sulla 
submicrocefalia,  sulle 
asimmetrie,  sullo 
strabismo, sull'
omodontia  ed inoltre sull'eccessiva agilità, sull'
ottusità  sensoriale e sulla ristrettezza del campo visivo. Secondo quanto si credeva  allora l'epilessia (nella sua forma di attacco convulsivo, improvviso,  reiterato, accompagnato da incoscienza) era provocata da irritazione del 
midollo spinale o dei  
lobi  laterali dell'
encefalo.
 
La delinquenza era quindi paragonata ad una trasformazione dell'epilessia,  classificando così la delinquenza stessa tra le forme di epilessia, provocata  dall'eccitazione dei 
lobi frontali della 
zona  motoria. Essendo questa un'
affezione  congenita della 
corteccia cerebrale il compimento di certi  delitti coincideva col manifestarsi di certi altri tipi di epilessia, anche con  caratteristiche diverse tra loro. Le forme più oscure di delinquenza andavano  allora ricondotte ad un'epilessia psichica. Si diceva 'prolungando l'accesso  psichico all'infinito si ottiene il pazzo morale, il delitto diventa per lui un  bisogno'. A tale proposito il 
Roncoroni  trovò un'anomalia istologica dello 
strato  granulare profondo, inversione degli strati piramidali e delle piccole  cellule. La conclusione logica era che il delinquente non era che un malato. Il  Lombroso studiò la fisionomia di 410 epilettici e vi trovò in 1/4 dei casi la  convivenza dei caratteri degenerativi attribuiti ai delinquenti. Da queste  convinzioni deriva la teoria che gli accessi degli affetti da epilessia  sarebbero paragonabili a quelli dei pazzi morali. La molteplicità ed  indipendenza dei 
centri  corticali motivava la varietà delle epilessie, legate alla diminuita azione  direttrice dei centri superiori ed all'aumento dell'eccitabilità dei centri  sottoposti.
 
 Il Delitto Politico
Sono testimoniate le ricerche compiute da un assistente del Lombroso,  Virgilio Rossi, riguardo ai rapporti esistenti tra rivoluzioni, clima, razze,  stagioni ed ambiente geografico, elementi da cui muove l'elaborazione teorica  riguardante il concetto stesso di '
delitto politico' ad opera del Lombroso, che  non si limita a definirlo, esplicitandone le probabili cause. Il delitto  politico era considerato dal Lombroso come una 'forza' all'interno del corso  storico; quest'ultimo, come ogni evento in natura, segue una legge d'inerzia che  tende a far persistere le cose nel modo in cui si trovano in un determinato  momento: avviene un delitto politico quando a questo procedere naturale si  oppongono altre forze dovute al dinamismo storico, che segnano un brusco  cambiamento dal passato. Il delitto politico è un gesto che attenta alla  compagine di regole stabilite, alle tradizioni storiche e sociali esistenti,  urta bruscamente contro la legge d'inerzia e si opera sempre per 
ideali grandiosi contro un'istituzione che impedisce  l'ulteriore progresso di un popolo.
 
Occorre però distinguere tra '
rivoluzione' e '
rivolta', in quanto la prima è espressione storica  dell'evoluzione contro una causa di oppressione atroce, la seconda è l'opera di  una minoranza che eccede in 
filoneismo  o 
misoneismo  (a seconda dei casi) al fine di imporre delle idee non volute dalla maggioranza.  Il Lombroso considerava però che entrambe queste manifestazioni avessero una  causa comune: i climi, le razze, le religioni, la miseria, potevano fornire  talora i motivi di una rivoluzione, talaltra quelli di una rivolta. Secondo il  Lombroso i mesi estivi favorivano le rivoluzioni e le rivolte, le montagne  sarebbero state "
habitat" di 
conservatori e 
controrivoluzionari,  mentre invece le colline ospiterebbero geni e rivoluzioni, i popoli agricoli  sarebbero misoneici, quelli industriali filoneici, la 
lotta di classe sarebbe  il maggiore fattore di rivolta. Non andava sottovalutato nemmeno il fattore  psicopatico, in quanto l'imitazione ha un ruolo non poco importante nella  riuscita di una rivoluzione o di una rivolta.
 
Fattori quali la miseria rafforzerebbero i misoneisti in un paese povero, ed  i filoneisti in un paese ricco, contrariamente a quanto si potrebbe pensare.  Delinquenti politici erano quindi quegli uomini che 
abbraccian la bandiera  del progresso. Dopo che il Lombroso ebbe letto 
L'idiota di 
Dostoevskij (genio  epilettico) gli fu confermata la tesi dell'esistenza di un nesso tra 
epilessia, genio e 
pazzia. Le opere che nacquero da queste analisi sono:  
Genio e Follia, 
Genio e Degenerazione (1901), 
Nuovi studi sul  Genio (1902), dove sono approfondite le notizie su personalità storiche  quali il 
Manzoni, 
Cristoforo Colombo, 
Cesare Beccaria, 
Tolstoj, 
Petrarca ed altri.
 
 La psicologia  collettiva 
Il 
Sighele,  considerato uno dei fondatori della 
psicologia  collettiva in 
Italia, riconobbe i  meriti del Lombroso in questo settore. Infatti il Lombroso anticipò, per certi  elementi, la vera e propria psicologia collettiva: secondo lui l'aggregato non  riproduceva sempre pedissequamente i caratteri degli individui che lo compongono  (tesi invece sostenuta dallo 
Spencer), ma talvolta li modificava,  snaturandoli in modo peggiore o migliore del loro stato naturale; un esempio  addotto come probante era quello che in un gruppo di persone 'onorate'  solitamente non si osserva la somma delle loro 
virtù, bensì la loro sottrazione.
 
Secondo il Sighele le opere più rappresentative del Lombroso per quanto  riguarda la psicologia collettiva sono 
Il delitto politico e le  Rivoluzioni e 
La Delinquenza nella Rivoluzione Francese, dove vengono  considerati accuratamente i rapporti tra 
follia e 
criminalità, la 
follia  endemica ed epidemica nel contesto delle rivolte e delle rivoluzioni, i 
criminali  politici per suggestione epidemica delle masse, l'anima collettiva e  l'influenza che ha su di essa il fenomeno dell'imitazione, del contagio morale e  della suggestione, l'obiettivo nobile che si ritiene perseguibile unicamente e  doverosamente attraverso i reati, in linea con la convinzione che la 
psicologia  delle scienze, come quella delle leggi e delle istituzioni in genere fosse  un ramo di una 
psicologia delle  menti associate, quasi una struttura sovrapposta alla più diretta psicologia  delle menti individuali.
 
 Il fattore  antropologico 
 L'influenza dell'antropologia positivista 
È innegabile il ruolo preminente occupato, almeno all'inizio, dal fattore  antropologico nell'elaborazione della metodologia del Lombroso. Occorre inoltre  considerare il contesto all'interno del quale si è sviluppata tutta la sua 
teoria, vale a dire quello 
positivistico, che promulgava la  predominanza dell'
intelletto e  della 
ragione, della misurabilità e  dell'approccio scientifico come l'unico dotato di innegabile realismo e  veridicità in opposizione a tutto ciò che lo aveva preceduto. In questo ambito  risultano giustificati gli interessi del Lombroso per materie quali la 
razziologia,  l'
antropometria, l'
etnologia e la 
morfologia  umana, tutte materie, tra l'altro, riconducibili al più vasto ambito dell'
antropologia generale, che essa  stessa, sotto influenza positivistica, vede accentuata la sua connotazione  biologica e somatica, rispetto a quella filosofica e culturale, in realtà  parimenti importante.
 
I documenti a cui rifarsi per comprendere appieno quale fosse il clima  antropologico che ha influenzato il Lombroso possono essere l'Antropologium di  
Magnus  Hundt (scritto risalente al 1501, molto rivalutato in epoca positivista),  
L'unità della specie umana del Quatrefages (che può essere considerato un  compendio delle tesi previamente esposte da personalità quali 
Louis Agassiz e 
Broca), nonché il materiale  ricavato dal 
Morton,  da Gliddon e da Nott (ad esempio 
Types of mankind del 1854, oppure  
Indigenous Races of the Earth del 1858, ed infine 
Essai sur  l'inégalité des races humaines del Gobineau, 1855). Va tuttavia considerato  testo chiave dell'influenza antropologica il saggio di 
Charles Darwin On the Origin of species,  giustamente ritenuto pietra miliare della nuova era antropologica e biologica.  C'è da dire inoltre che l'interpretazione positivistica del Lombroso accantona  il travaglio filosofico dello storicismo del 
Vico circa il graduale passaggio dal  cosiddetto 'stato ferino' a quello umano, preferendo orientarsi verso un'ipotesi  scientificamente monogenista, insistendo anche su 
Linneo (1735), che inseriva tra gli antropomorfi anche  creature quali l'
Homo Sapiens, l'Homo Nocturnus e L'Homo Caudatus,  ammettendo un principio di mutamento, con la sparizione delle specie antiche e  la nascita di nuove, che per certi versi è rintracciabile anche nello stesso  Darwin. In questo modo il Lombroso iniziò a colmare il vuoto che rimaneva tra lo  studio della 
mente umana e lo studio del  
corpo, interessandosi ai  fattori linguistici e più scientificamente umani dei soggetti esaminati.
 
Erano già stati pubblicati dal Morton nel 1839 i suoi studi sui crani  americani ed egiziani,nonché quelli del Davis per i crani britannici, dal  momento che la 
craniometria  aveva assunto una certa qual importanza, dopo il suo sviluppo nel Settecento,  quando la concentrazione era focalizzata sulla posizione del 
foro occipitale e sulle  differenze tra il 
cranio umano e quello  antropoide, ed in seguito quando si stabilì attraverso misurazioni comparate  come le razze formino una scala gerarchica il cui gradino inferiore si collega a  quelle antropomorfe. Il Lombroso, dal canto suo, attribuiva grande importanza  all'opera di Paul Broca del 1860, che pubblicò le sue norme per indagini  antropologiche, giacché gli ideali di operosità ed attività antropologica e di  ricerca del Lombroso affermavano che il metodo positivo rappresentasse una tappa  fondamentale nel sapere, in quanto fondato sulla misura, per lui sinonimo di  obiettività e possibilità di valutazione intersoggettiva comune, unità di metodo  e, per certi versi, maggiore certezza di risultati (sempre rispetto alle  metodologie di ricerca passate).
 
 Divulgazioni e deformazioni delle teorie 
A cavallo tra Ottocento e Novecento si può riscontrare un'integrazione tra i  concetti di 'Uomo Delinquente' e 'Uomo Genio', con un ulteriormente accresciuto  peso accordato alla tesi dell'
epilessia, la cui analisi antropologica si andava  estendendo ad un campione molto vasto, anche grazie all'operato di quelli che si  potevano ormai definire "seguaci" del Lombroso. Bisogna dire che sul piano  naturalistico le elaborazioni lombrosiane hanno sempre mantenuto la loro  coerenza, perché costantemente riferite agli iniziali lavori zoologici compiuti  ed esaminati dal Nostro (anche attraverso lo studio del 
Roux e del 
Mečnikov) che lo portavano  alla conclusione che 
cervello ed 
intelligenza siano inversamente  proporzionali a 
stomaco, 
muscoli ed 
ossa, vale a dire quanto più si sviluppano i  primi, tanto più vengono trascurati i secondi, e viceversa. Di conseguenza la 
genialità  comporterebbe una certa qual degenerazione, individuata dal Lombroso proprio  nella sua caratteristica epilettoide, testimoniata sia da analogie nelle  caratteristiche somatiche e psicologiche sia da genii che sicuramente soffrirono  di 
epilessia, sia dall'incoscienza  del momento creativo, nonché da certe somiglianze tra le caratteristiche delle  personalità esaminate.
 
Tuttavia questo procedimento per 
analogie e comparazioni si rivelò fallace nel momento  in cui i suoi seguaci tentarono di indagare in modo indipendente, al fine di  dare riscontro sperimentale alle loro teorie. Ne può essere un esempio  l'ampliamento dell'intuizione del 
Moreau  con la paradossale applicazione del 
Nordeau di  quelle teorie all'arte (sostenendo, quest'ultimo che le direzioni della 
moda nell'
arte e nella 
letteratura fossero dovute alla degenerazione dei  loro autori, e che gli ammiratori si appassionassero per manifestazioni  derivanti da pazzia morale), oppure i tentativi di spiegazione fisiologica della  genialità nel 
Flechsig,  nel 
Gallerani,  ma anche la teoria biologica di 
Morselli e  
Venturi (che consideravano i genii  come variazioni divergenti in senso progressivo, e le teorie sociologiche di  autori quali 
Galton e  J.M.
Baldwin. Quelli che  più si mantennero vicini alla metodica lombrosiana furono il 
Roncoroni  (un tempo collaboratore nel Lombroso), l'
Arndt ed il 
Myers, che  individuarono relazioni specifiche tra genio e paranoia; il 
Sergi ed il 
Simons  concentrarono le loro attenzioni su 'input' lombrosiani riguardo alla precocità  del genio, alla genialità della donna ed alla longevità dei genii (
Thayer), nonché a manifestazioni quali i  sogni del genio (
Morselli).
 
Il fenomeno della genialità, sfuggendo ad un'analisi sistematicamente  scientifica, richiedeva un approccio di 'svisceramento antropologico' che  tentava di suddividere le fasi della creazione geniale (come ad esempio nel 
Del  Greco). In quel periodo la fama del Lombroso era divenuta notevole a livello  del grosso pubblico borghese cui non dispiacevano neppure taluni aspetti del suo  
socialismo  conservatore; i quotidiani ospitavano articoli di grandi e noti studiosi;  negli 
Stati Uniti nacque una serie di saggi  su vari periodici (quali 
Open Door e 
Popular Science Monthly), ma  anche in 
Russia e in 
Germania (
Zukunft e 
Freie Welt), che  deviarono poi la loro attenzione sull'analisi dell'estrinsecazione simbolica di  
sentimenti e  stati d'animo attraverso gesti come il 
bacio, il 
saluto  ed altri gesti di 
plauso, tappe  fondamentali di quella che sarà la successiva 
evoluzione  superorganica.
 
 Il Metodo 
Il fattore antropologico, messo in primo piano dall'opera del 
Darwin, contribuiva a  saldare la cultura italiana a quella europea all'interno del fervore  positivistico, tramite il dilaceramento, nel decennio decisivo del 
Risorgimento, tra 
Chiesa e 
Stato, dovuto alla troppa attenzione posta al  piano scientifico, ed alla carenza di analisi sul piano spirituale. Per quanto  riguarda il Lombroso sappiamo che non si discostò dal clima della sua epoca,  vale a dire che aderì al credo ed alla visione scientifica positivista,  concentrandosi sull'
antropologia che, a suo avviso, aveva ereditato e  raggiunto lo scopo della 
filosofia, attraverso la ricerca nelle misure e  nell'empiricità, quelle conclusioni per tanto tempo ricercate nelle combinazioni  astratte spesso influenzate dalle tradizioni; per il Lombroso l'antropologia  costituiva il fondamento del 
positivismo evoluzionistico erigendosi, sempre a  suo avviso, come una sintesi di: 
anatomia, 
geologia, 
archeologia, 
linguistica, 
storia e 
statistica. Risulta coerente con questa piattaforma  ideologica la conclusione,condivisa del Lombroso, che il 
medico avesse delle applicazioni del tutto ovvie,  giacché, abituandosi ad introdurre i fattori numerici e le misure nella sua  attività clinica e di ricerca nello studio della 
psiche, si apre alla 
medicina legale ed alla 
psichiatria un campo inesplorato, fatto di indagini  in cui sostituire alle precedenti fraseologie fondate su una 'irrisoria  sperimentazione' lo studio della 
craniometria,  del peso del corpo, restituendo, dunque, il medico a sé medesimo.
 
Dal punto di vista spiritualistico, evidentemente sopraffatto sul terreno  ideologico e culturale, a causa della presunzione di indipendenza della cultura  positivista, soltanto il 
Rosmini manteneva il baluardo della necessità  di utilizzare l'antropologia ai fini dell'indagine filosofica e morale, dai più  considerata nemica. Il Lombroso, dal canto suo, formulò un discorso sulle 
razze originale ed abbastanza aggiornato per  gli standard dell'epoca, ma che ebbe scarso seguito, a causa della limitatezza  della 
borghesia progressista,  nonché per l'onestà scientifica e lo spirito critico che gli impedirono di  formulare tesi eccessivamente rigide e nette al riguardo. Va però sottolineato  il fatto che l'antropologia fu per lui più che un metodo una vera e propria  
episteme, in cui convergevano  senso storico ed esigenze strutturalistiche, fiducia nella statistica e  sperimentazione, visione evolutiva e materialistica, fede nel progresso e nel  miglioramento dell'umanità (toccando anche temi proposti dal 
Cattaneo).
 
 L'uso della  statistica 
La convinzione dei 
realisti circa l'esistenza dei fatti indipendentemente  dalla loro interpretazione, contribuiva massimamente a formare il 
metodo sperimentale delle scienze  biologiche, che consisteva nell'analisi dei fatti, alla stregua di qualsiasi  altro fatto storico, come evento o serie di eventi. La 
sperimentazione vera e  propria della singolarità di ogni evento si attuava come riscoperta di eventi  analoghi a quello considerato o in catene casuali rinvenute parzialmente nella  
natura, quindi non prodotte  sperimentalmente dall'uomo; questo perché era preminente la concezione dinamica  della 
natura come 
storia (che rimanda alle teorie del 
Vico, di cui  sappiamo il Lombroso sempre fu grande ammiratore). L'analisi storica o genetica,  costituente il metodo allora definito 'storico' si annullava però quando lo  studioso andava a ricercare le 
eziologie o le catene genetiche comuni, volendo  trascendere l'elemento storico e temporale, anziché insistere sulle peculiarità  individuali del presente.
 
Gli individui si trasformavano allora in classi, strutture, astrazioni,  appariva palesemente il ripetersi delle vicende con un ritmo che ricorda l'
anaciclosi polibiana, e che, in  quel tempo, rassicurava sull'esistenza di un sapere sicuro al punto di essere  operativo e dimostrabile sulla base dello schema intuito con la 
sperimentazione, derivata alle 
tecniche  mediche dalle 
scienze  biologiche, a conferma delle loro convinzioni realistiche. Il divenire e la  
dialettica  venivano così assimilati a lotta per l'esistenza ed 
evoluzione, gli antichi valori venivano travasati  nella fede nella scienza, riempiendo la 
pedagogia di 
medicina e d'
igiene anziché di sapere e buon senso. L'
enciclopedismo conferiva alle individualità  biologiche oggetto d'analisi non solo carattere di individui empirici, ma di più  grandi 
organismi, 
generi e 
specie e famiglie, concepiti come realtà effettivamente  esistenti.
 
A tale proposito la 
statistica, attraverso la quantificazione dell'
omogeneità o analogia tra gli  individui, sembrava essere il migliore degli ausili al fine dell'analisi  scientifica e della creazione di una 
fisionomia  organica delle astrazioni dei dati sperimentali. Fondamentale fu la teoria di 
Adolphe Quételet  che, dal 1835, accostava al concetto di specie quello più propriamente  statistico di "
uomo  medio", elaborato in una serie di lavori statistici ed antropometrici da cui  si evince che le variazioni relative ai caratteri quantitativi sono in realtà  variazioni in difetto od in eccesso rispetto ad un valore rappresentato dalla 
media  aritmetica di tutti quelli trovati; dunque le 
deviazioni  dalle medie, se riferite ad un numero significativo di individui, erano  paragonabili a quelle che si presentavano nelle misurazioni compiute in ambito  fisico per le misure di precisione. Questi elementi vennero tenuti a modello dal  Lombroso nel corso delle sue indagini, infatti egli cercò di applicarli alla  realtà italiana ed a quei settori che maggiormente lo interessavano (i.e. il 
cretinesimo  e le 
alienzazioni),  riconvergendo inevitabilmente in quella che è la 
legge  dell'errore formulata dal 
Gauss.
 
 Tipi di  delinquenza e rimedi sociali
La scuola penale positiva e quella lombrosiana avevano, dopo la diffusione  delle loro ricerche, stabilito una sorta di terminologia; i "delinquenti  d'occasione" erano quelli che trasgredivano la legge per caso, i "delinquenti  d'abitudine" erano invece quelli occasionali recidivi, i "rei latenti" quelli  cui ancora non si era presentata l'occasione di delinquere, sebbene per  circostanze o predisposizione potessero più facilmente esserne trasportati;  socialmente si era considerato che a questa tipologia appartenessero soggetti  quali prostitute, marinai, artigiani, soldati e professionisti. I "delinquenti  per passione" invece delinquevano per una certa qual causa altruistica, al fine  di sottrarre dal pericolo una persona amata, assolutamente senza premeditazione,  spesso ripiegando nel suicidio  rendendo circolare il gesto delittuoso. L'istruzione, secondo il Lombroso, diminuiva i reati  di sangue ed accresceva invece quelli di truffa e sessuali; la religione, secondo il Lombroso, era aliena da  qualunque influenza sul gesto scellerato, sebbene questa convinzione sia da  imputare alla superficialità della riflessione del Nostro sul fatto religioso in  senso assoluto, blindato precocemente nell'intelletto positivista e sperimentalista, forse  anche per reazione a certi comportamenti del padre. Anche  alcune malattie provocate dalla povertà avrebbero avuto un'influenza sul gesto  criminale, ad esempio patologie quali la pellagra, l'alcoolismo, la scrofola e lo scorbuto.
Secondo il Lombroso la donna era propensa a compiere meno omicidio e truffa  che aborto ed infanticidio, i celibi e gli sposati senza prole delinquerebbero  più facilmente. Per il Lombroso le prigioni potevano essere considerate come  "università del delitto", capaci soltanto di impaurire coloro che difficilmente  delinquono. Secondo il Lombroso la legge del 
perdono avrebbe potuto dare buoni risultati ingenerando  timore ed evitando di sottoporre il reo alla degenerazione del 
carcere. Le carceri dovrebbero trasformarsi in 
manicomi criminali, inseguendo l'obiettivo,  promulgato dal Lombroso, di allontanare dalla società il pericolo dei criminali  nati e dei pazzi morali (le due specie ritenute maggiormente pericolose); i 
riformatori  dovrebbero essere simili a famiglie (esperimento che si tentò a Torino), il 
divorzio avrebbe rimediato all'
adulterio e l'abolizione del lavoro  notturno avrebbe contribuito alla diminuzione degli stupri; si prospettavano  anche iniziative per ridurre l'alcoolismo nella popolazione. L'attenzione del  Lombroso in questo settore era fondamentalmente rivolta alla cosiddetta  "profilassi del delitto", attraverso la lotta contro quelle che lui definiva le  tre grandi 
superstizioni  del suo tempo, le più ostacolanti e pericolose. La prima era quella della  "volontarietà dell'atto criminoso", la seconda quella della "
pena  dosimetrica" e la terza quella dell'unicità geografica della 
legge  penale, insistendo sulla necessità di un insegnamento superiore di 
criminologia, che avrebbe  inevitabilmente contaminato anche lo studio superiore del 
diritto penale.  Fondamentale era per il Lombroso conoscere le cause interne all'individuo e  quelle esterne del delitto, tramite l'approfondimento della 
sociogeografia.
 
Nell'analisi dei criteri e dei mezzi di repressione andavano enumerate,  secondo il nostro, anche le influenze dettate dall'
antropologia, dalla 
psicologia e dallo studio delle scienze ausiliari.  Un programma simile sarà accennato dal Cattaneo in una 
riforma radicale delle 
leggi  penali e del 
processo come procedura, riconoscendo  l'individualità antropologica del delinquente al fine di assegnarlo al regime di  
detenzione più appropriato alla  sua condizione. Secondo il Lombroso, la 
formalità del processo ne soffocava la sostanza  e la materia, occultando la realtà con pregiudizi e presunzioni. Infine poiché,  secondo il Nostro, nei delinquenti abbondavano audacia ed amore del nuovo,  questi potevano essere reintegrati nel contesto sociale in situazioni quali  l'attività militare (ad esempio contro i briganti).
 
 Ipnosi e spiritismo 
Con il libro del 1909 "ricerche sui fenomeni ipnotici e spiritici" Lombroso  abbandona una visione strettamente materialista e comincia a credere a parte del  soprannaturale. Sembra che l' incontro con Eusapia Palladino  sia stato uno dei motivi di questo cambiamento di vedute.
 Opere 
 Le prime elaborazioni teoriche sul caso del Cardano 
"Sulla pazzia del 
Cardano" fu una delle sue prime opere: in essa  prendono corpo le radici delle sue teorie, che nascono da quella "simpatia che  ci fa care le sventure altrui", come la definisce il Lombroso stesso intendendo  con questa perifrasi l'interesse per i morbi in genere.
 
Così il Lombroso si accostò alla teoria del personaggio domandandosi se il  genio del dotto possa in qualche modo confondersi con la follia, problema già  discusso da 
Forbes  Winslow. In quest'opera il Lombroso si definisce "biografo e storico di un  ingegno celebre", e procede minuziosamente nell'elencare i sintomi che  accompagnavano la vita del personaggio, partendo dall'infanzia (sogni  ricorrenti, allucinazioni, manie di persecuzione, ecc.) considerando il  personaggio dal punto di vista biologico, più che antropologico, come fosse  "eredità fusa di uno stupendo apparato nervoso suscettibilissimo e reso sempre  più vibrante dalle scosse della scienza e della gloria". Lo studio del Lombroso  in questo senso aveva già acquisito una metodologia, avendo egli deciso di  partire nella sua analisi cronologica dalle vicende parentali ed anche più  estesamente genealogiche ereditarie e proseguendo poi nella conclusione che gli  studi del Cardano apparivano ad un occhio attento come sintomi di quell'impulso  nervoso, ma colorati dall'intuito del genio. Importante è la parte centrale, che  verte più prettamente sui nessi tra 
pazzia e 
sogno,  avviando ad individuare in episodi autobiografici del personaggio la conferma di  alcune leggi importanti per la storia psichiatrica.
 
  
Esempi di 
fisiognomica di criminali, secondo Lombroso:  "
Rivoluzionari e criminali politici, matti e folli"
 
 
 
 Considerazioni  critiche 
La teoria di Lombroso ha senz'altro avuto meriti e demeriti dal punto di  vista storico, infatti egli è stato definito come “un uomo di genio a cui  mancò il talento”. Alcune critiche che gli possono essere mosse sono le  seguenti:
- Lombroso in linea di principio voleva reclamare il primato dell’antropologia  criminale sul diritto penale, salvo poi dover ammettere di doversi piegare alle  leggi dello Stato; infatti l’esistenza di un'attitudine alla delinquenza non era  verificabile a priori, ma si poteva constatare solo dopo la commissione del  reato. 
 
- A Lombroso si può imputare l’accusa di cripto-abolizionismo, infatti voleva  rifondare l’esperienza penale su basi scientifiche. 
 
- L’antropologia criminale è una scienza empirica e quindi si basa su un  sistema di ipotesi, ma Lombroso tentò di dar loro oggettività senza dimostrarle  adeguatamente. 
 
- La teoria dell’uomo delinquente fu formulata anche a scopo ideologico,  infatti Lombroso voleva dire la sua per aiutare l’Italia postunitaria sul fronte  del controllo sociale; infatti nella seconda metà dell'Ottocento in ambito di  ordine pubblico vi era una situazione precaria, basta pensare ad esempio a un  grosso problema come il brigantaggio. 
 
fonte: Wikipedia