martedì

uno spietato assassino di nome Henri Landru, il vero Barbablù


Henri Désiré Landru, meglio noto come Henri Landru o Barbablù, nacque a Parigi agli inizi della primavera del 1869. Quando vide la luce era il più giovane figlio di Julian Alexandre Silvain Landru e di Flora Henriquel, sarta e lavandaia. 
La famiglia viveva in Rue du Cloitre-Notre-Dame. In quella via Henri trascorse la maggior parte della sua infanzia, quasi felice. Al gioco avvicendava ottimi studi e la frequentazione della chiesa del quartiere. Il bambino crebbe diventando un ottimo ragazzo. Si presentò il momento dello studio, quello serio. Purtroppo non riuscì ad ultimare il corso d'architettura ma, grazie alle sue doti, trovò impiego presso i signori Bisson-Alleaume Lecoeur. Nel 1889 conobbe una ragazza di nome Marie-Catherine Rémy, bellissima donna che svolgeva la mansione di lavandaia. Lui si presentò al cospetto di Marie-Catherine raccontando d'essere un tecnico che stava ultimando la pratica in architettura. Purtroppo Henri fu chiamato a svolgere il servizio militare legale. Per tre anni sognò tutte le notti di poter abbracciare la sua donna. Il giorno 7 di ottobre 1893, ultimata la chiamata alle armi, Henri sposa Marie-Catherine. Dall'unione tra i due nasceranno 4 figli. 




La nascita dei bambini procurò un forte dissesto economico alla famiglia. Henri cambiò ben 15 lavori prima d'entrare nel mondo delle truffe. Tutto ebbe inizio con una campagna pubblicitaria nazionale nella quale si vendeva una bicicletta fabbricata dall'azienda di famiglia. La pubblicità conteneva la precisa indicazione che l'ordine di acquisto doveva essere accompagnato da un terzo del prezzo di vendita. Gli ordini fioccarono ma, chiaramente, Landru non aveva fabbricato nulla per cui decise di scomparire con i soldi senza mai consegnare una bicicletta agli avventati acquirenti. Gli anni successivi rappresentarono un viaggio di andata e ritorno dalle carceri francesi. Le accuse vertevano sempre sulle frodi che Landru dispensava a piene mani. Nel 1906, dopo un tentativo di suicidio in carcere, alcuni psichiatri dichiararono malato mentale lieve il carcerato. Nel 1909 rientra nelle pubbliche prigioni a causa di una truffa ai danni di una donna che aveva promesso di sposare. Nel 1914 il momento di rottura, di svolta nella vita di Landru. Fu condannato per la seconda volta ad una pena superiore ai 3 mesi di detenzione. Henri sapeva che la terza volta la condanna sarebbe stata accompagnata da una pena di relegazione, ossia il condannato era deportato a vita nella colonia penale della Guyana. 


Landru aveva appreso in carcere le condizioni di vita misere che i condannati dovevano sopportare nella colonia penale e, forse, questa paura trasformò un truffatore in omicida. Henri Landru non poteva permettersi d'essere riconosciuto dalle proprie vittime in Tribunale. Le bocche da sfamare erano molte e per venire incontro alle necessità familiari Landru, a partire dal 1915, si fece passare per agiato vedovo pubblicando annunci su vari giornali allo scopo di trovare donne sole e ricche da sedurre. Fingendo condizioni di agiatezza economica, seduceva le donne conducendole a soggiornare in una villa a Gambais affittata per l'occasione. Durante le fresche giornate lasciava intravedere un probabile matrimonio. Henri Landru riusciva a far firmare alle donne una procura che gli permetteva di far man bassa dei loro conti bancari e degli averi materiali. Ottenuto quanto desiderato, strangolava le vittime facendo sparire i corpi. Le donne erano fatte a pezzi e buona parte del corpo veniva bruciato nel camino della villa di Gambais. Per quanto la villa si trovasse in aperta campagna, non era del tutto isolata. Alcuni residenti di abitazioni vicine avevano da tempo notato due particolari: il primo relativo al fatto che il camino fosse acceso in periodi in cui non era necessario il riscaldamento degli edifici, il secondo riguardava il terribile e pestilenziale odore che quel fumo conduceva in tutta la zona. I vicini contattarono svariate volte la polizia affinché facesse delle verifiche e delle indagini su quell'abitazione. Ma Landru non era uno sprovveduto. Il criminale riuscì a restare nell'ombra a lungo grazie alla sua furbizia: una volta che il cadavere della vittima era completamente incenerito, e il fuoco spento, puliva accuratamente il forno dalla cenere che poi spargeva nei campi vicini. In questo modo riuscì ad eliminare la gran parte delle tracce e delle prove dei suoi orrendi crimini. Alla fine del 1918 accadde un fatto a cui Landru non aveva minimamente pensato. Il sindaco di Gambais ricevette una lettera che chiedeva informazioni su Anne Collomb che si era trasferita in quel paese con un tale di nome Dupont. 


Il sindaco rispose che non conosceva quella persona. Nulla sarebbe accaduto se il sindaco non avesse ricevuto una seconda lettera, probabilmente si usava così agli inizi del secolo scorso in Francia, con richiesta di informazioni su una certa Célestine Buisson che da poco si era trasferita a vivere a Gambais con un uomo di nome M. Frémyet. Il sindaco contattò le due famiglie di origine delle donne, le quali si accorsero che Dupont e Frémyet erano la stessa persona. Non solo. Le famiglie incontrandosi scoprirono che le due ragazze scomparse avevano risposto allo stesso annuncio del 1 maggio 1915 sul quotidiano Le Petit Journal. Le famiglie si unirono nel presentare regolare denuncia alle forze dell'ordine. L'indagine scoprì che la villa di Gambais, chiamata l'Ermitage, era di proprietà del signor Tric, che l'affittava al signor Frémyet che viveva a Rouen. Il problema? A Rouen non esisteva nessun Frémyet e la posta indirizzata a quell'indirizzo tornava alla residenza di Célestine Buisson, una delle vittime. Le indagini non condussero a nulla, e si bloccarono per anni sino al giorno 8 di aprile del 1919 quando, grazie ad una pura coincidenza, Landru fu riconosciuto da un amico della sorella di una delle vittime. La famiglia avvisò immediatamente le forze dell'ordine che indagarono nelle vie della zona. Fu rinvenuta una ricevuta a nome di Lucien Guillet in un negozio all'interno della via dove era stato avvistato Landru. Il 12 di aprile, giorno del suo cinquantesimo compleanno, il criminale fu arrestato. 


Nell'abitazione fu rinvenuto un taccuino sul quale erano incisi i nomi di 11 persone, tra questi anche quelli delle due donne scomparse su cui la polizia indagava da tempo. Esiste anche una versione romanzata che riguarda il quaderno con i nomi: nel tragitto tra la casa e la sede della polizia, Landru cercò di sbarazzarsi del libretto che teneva nella tasca, ma un brigadiere riuscì ad afferrarlo prima che andasse perduto. Fu trattenuto con l'accusa di truffa. Ben presto l'analisi di vari indizi concordanti trasformarono l'accusa in quella di omicidio di 10 donne e un ragazzino che accompagnava una delle vittime. Due anni di indagini condussero all'inizio del processo, che ebbe un eco enorme all'epoca. L'aula del tribunale si aprì il 7 novembre del 1923. Landru negò di essere l'autore dei crimini efferati, ammettendo la truffa ai danni delle vittime. In aula mostrò spesso un atteggiamento provocatorio nei confronti della corte, arrivando ad esclamare “mostratemi i cadaveri”. L'accusa non si perse d'animo arrivando a smontare la cucina a legna della villa per trasportarla all'interno dell'aula del tribunale. Le accurate perquisizioni del giardino della villa rivelarono frammenti di ossa umane e molti denti. Il punto di svolta fu la presentazione del taccuino su cui erano appuntati i nomi delle vittime e le spese del viaggio d'andata di ogni defunto, mentre erano assenti quelle relative al viaggio di ritorno. Landru non riuscì a dare spiegazione attendibile di queste annotazioni. Malgrado la strenua opposizione dell'avvocato difensore, Landru fu ritenuto colpevole e condannato a morte. La sentenza fu pronunciata il 30 novembre del 1921. Solamente 23 giorni servirono alla corte per riconoscere la colpevolezza dell'imputato. L'esecuzione pubblica ebbe luogo alle ore 6,05 del mattino del 25 febbraio 1922, dopo che il presidente della repubblica francese, Millerand, aveva rifiutato di concedere la grazie a Landru.
La condanna fu eseguita nel cortile della prigione di St. Pierre a Versailles, dove era stato allestito il patibolo e la ghigliottina.
La testa, rotolata nel cesto della morte, mummificata si trova nel Museum of Death di Hollywood.
Il caso di Landru interessò molti registi ed attori negli anni successivi la morte. Charlie Chaplin s'ispirò al caso per creare il personaggio di Monsieur Verdoux del 1948. Il film presenta il criminale come una sorta di vittima della crisi economica che colpì l'Europa negli anni venti. Nel fil Totò e le donne, del 1952, il protagonista, nella soffitta di casa in cui si rifugia per scappare dalla moglie, allestisce un altarino nel quale tiene acceso un lume in omaggio di Landru, venerandolo come un fiero avversario delle donne.


Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/


Bibliografia

Frédéric Pottecher, Les grands procès de l'histoire, Paris, Fayard, 1981-1982.

Alain Decaux, Les assassins, Paris, Perrin, 1986 

Alphonse Boudard, Les grands criminels, Paris, le Pré aux Clercs, 1989

FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale, che si avvia a diventare un vero e proprio modello di diffusione della tradizione popolare, dell’arte meno conosciuta, dei misteri e delle leggende conosciuti o meno, in un felice connubio con le moderne tecnologie. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.

sabato

la folla



The Crowd è un film del 1928 diretto da King Vidor.

È la storia di un individuo qualunque che vuole emergere dalla massa e non si accorge che le sue esperienze non fanno altro che ricalcare cliché consolidati.

Trama

"A 21 anni John era uno dei sette milioni di abitanti convinti di essere i pilastri di New York" recita una delle didascalie del film. Alla sua nascita, il 4 luglio 1900, 124º anniversario della dichiarazione d'Indipendenza, suo padre aveva esclamato: "Quest'ometto farà stupire il mondo". E John crescerà convinto di essere destinato a grandi cose. Ma sarà sconfitto nello scontro con la spietata realtà della metropoli. La morte della piccola figlia lo porterà quasi alla follia e al pensiero del suicidio. Saranno l'affetto della coraggiosa moglie e del figlioletto a dargli le energie per continuare la lotta quotidiana.

Il film

Con questo film King Vidor si collega al movimento realistico europeo che accompagna gli ultimi anni del cinema muto: dalla Neue Sachlichkeit tedesca (Il viaggio di mamma Krausens verso la felicità) di Piel Jutzi, o Berlino, sinfonia di una grande città di Walter Ruttmann), ad alcuni film russi come La terra di Aleksandr Dovženko. Il regista pare esprimere la propria consapevolezza della inusualità, per il cinema americano, del suo approccio alla prosaica realtà quotidiana, nel virtuosistico finale, in cui, la macchina da presa, partendo dai volti dei tre protagonisti che stanno assistendo ad una proiezione, si allontana da essi, sorvolando la folla dei presenti, e ritorna verso lo schermo, luogo deputato alla creazione dei sogni.

Anche il finale aperto, senza un chiaro epilogo, rappresenta un elemento di rottura con la tradizione. Non è privo di significato il fatto che regista e produzione scelsero tra otto finali alternativi.

fonte: Wikipedia

SCENE

quando il Vate volò dalla finestra e predisse la sua morte






La sera del 13 agosto 1922 Gabriele D'Annunzio cadde dal balcone della stanza della musica del Vittoriale, e rimase fra la vita e la morte per molti giorni. Il fatto sembrò subito molto strano, la versione ufficiale comunicata alla stampa affermava che il poeta, mentre stava cercando un po' di fresco nella serata afosa, era stato colto da un capogiro. Il 17 agosto seguente il giornale Il Comunista insinuò che la caduta fosse dovuta a un fatto doloso. Altri ventilarono l'ipotesi che il poeta avesse tentato il suicidio e non mancò chi sostenne che la caduta non fosse mai avvenuta. Ad oggi la versione è che D'Annunzio cadde mentre ascoltava la musica suonata al pianoforte per lui da Luisa Baccara, appoggiato a una finestra, vicino alla sorella della pianista, la giovane Jolanda. La caduta sarebbe stata causata da una spinta datagli da Jolanda per opporsi a qualche avance focosa del poeta. Sembra che, in stato di semi-incoscienza, il 21 agosto, il poeta abbia mormorato una frase significativa appuntata dal medico curante: "E Joio? Jolanda, si sarà spaventata e sarà scappata a Venezia".
Questo il bollettino dei medici Antonio Duse, Francesco d’Agostino, Davide Giordano, Mario Donati, Raffaele Bastianelli, Augusto Murri subito dopo il ricovero in ospedale: «Segni manifesti di frattura della base del cranio estesa all’orbita destra. Commozione cerebrale. stato d’incoscienza. Segni di compressione cerebrale dubbi. Disturbi di motilità e di sensibilità non manifesti. Ferite lievi escoriate all’arto inferiore destro. Leggera contusione a destra del torace.Ambe le mani sono incolumi. Non v’è indicazione urgente di atto chirurgico. Polso regolare 67. Respiro regolare 25. Temperatura 37,8. Prognosi tuttavia riservata».
Fu disposta un’inchiesta riservata affidata al commissario Giuseppe Dosi, lo stesso che poi indagherà sul caso del povero Gino Girolimoni che nel 1927, a Roma, sarà accusato ingiustamente dello stupro di sette bambine e dell’omicidio di cinque di loro, delitti avvenuti tra il 1924 e il 1927. Un caso davvero inquietante, nel quale entrò anche un prete (anglicano) inglese, Ralph Lyonel Brydges, probabilmente il vero assassino. Giuseppe Dosi si presentò in incognito al Vittoriale, facendosi passare per un ex ufficiale della legione cecoslovacca, addirittura parlando tedesco e italiano con accento straniero. Chiese di frequentare il Vittoriale per dipingere paesaggi, e ne approfittò per interrogare il personale, e la gente dei dintorni. Conversò con lo stesso D'Annunzio, fino a quando il poeta capì di avere a che fare con uno sbirro e gli impose di andarsene. D’Annunzio all’epoca abitava al Vittoriale in una specie di Aventino, dedicandosi alla sua arte, avendo scelto di tenersi lontano dalla vita pubblica. Ex legionari legati ad Alceste De Ambris che era stato capo di gabinetto di D'annunzio a Fiume, cercavano di richiamare il poeta all’impegno pubblico e di fargli assumere una posizione antifascista in un momento nel quale il fascismo, soprattutto in campo sindacale, stava mietendo successi. I fascisti guardavano al poeta come un rivoluzionario combattentista, pensando alla suggestione che la sua figura poteva esercitare sull’intero popolo italiano. Lo stesso Mussolini era consapevole che la figura di D'Annunzio era un polo d'attrazione per gli ambienti squadristi del suo movimento. Nell’aprile del 1921 vi era stato un incontro fra D'Annunzio e Mussolini. Il poeta aveva appoggiato la candidatura di De Ambris alle elezioni di quell'anno, e vi erano state alcune iniziative promosse dai sindacalisti dannunziani in chiave antifascista. Il 3 agosto 1922, a Milano, D’Annunzio fece un improvvisato discorso dal balcone di Palazzo Marino dopo il fallimento dello "sciopero legalitario" promosso dalla Alleanza del Lavoro contro la violenza fascista. In quello stesso periodo furono avviati abboccamenti tra D'Annunzio, Mussolini e Francesco Saverio Nitti, che avrebbero dovuto portare ad una riconciliazione pubblica fra i tre uomini destinati a portare, in prospettiva, a un governo di pacificazione nazionale. L’incontro avrebbe dovuto aver luogo il 15 agosto in una villa toscana. L'improvvisa caduta di D'Annunzio, proprio alla vigilia dell'incontro, il 13 agosto, ne impedì la realizzazione. Nitti scrisse nelle sue memorie: "Se D'annunzio non fosse caduto dalla finestra e l'incontro con lui, Mussolini e me fosse avvenuto, forse la storia dell'Italia moderna avrebbe seguito un altro cammino". Certo è che, per la pena del contrappasso[1], chi sale troppo in alto poi cade. Dopo l'incidente, con la proclamazione del 4 novembre come festa nazionale, alcuni esponenti della vecchia classe politica liberale pensarono di sfruttare, in chiave antifascista D'Annunzio facendolo partecipare a una grande manifestazione patriottica che si sarebbe dovuta svolgere a Roma, all'Altare della Patria, nell'anniversario della vittoria. La marcia su Roma del 28 ottobre 1922 fece cadere il progetto. Dopo la marcia su Roma D’Annunzio al Vittoriale sarà un osservato speciale, e forse prigioniero. Visse in una specie di esilio dorato, sorvegliato, spiato, seguito, e trattato come un incapace. Gli affiancarono un’infermiera tedesca che non lo perdeva mai d’occhio.
Il Vate morirà anni dopo, il 1 marzo 1938,  a settantacinque anni, per un’emorragia celebrale. Curiosa coincidenza, in una lettera del 1935 a Mussolini, il Poeta aveva scritto: «il mio cranio di lucido cristallo può incrinarsi facilmente». E nel febbraio 1938 a Tom Antongini scrisse: «Credo che sono morto come il cavalier Baiardo all’assedio di Brescia…  L’anniversario cadrà poco prima del mio marzo funebre».   Il Vate morirà proprio nel marzo previsto nella sua ultima missiva, col capo chino sul suo scrittoio nella Zambracca, la stanza che usava al Vittoriale per comporre i suoi poemi, con il dito ad indicare la data esatta, cerchiata di rosso, del lunario Barbanera che vaticinava per quel giorno «la morte di un italiano illustre». Uno scena che molti lessero come un suicidio. La morte per emorragia cerebrale risulta dal certificato medico stilato dal dottor Alberto Cesari, primario dell’ospedale di Salò, e dal dottor Antonio Duse, medico curante del Poeta. I funerali furono organizzati con estrema rapidità. D’Annunzio morì il martedì sera verso le 20 e Mussolini partì da Roma per Gardone Riviera la mattina dopo, il tempo strettamente necessario per disdire gli appuntamenti di Stato e organizzare il treno presidenziale che lo portò a Desenzano con i ministri Ciano, Starace, Alfieri, Benni e il segretario particolare Sebastiani. Le esequie furono celebrate la mattina di giovedì 3 marzo, attorno alle 8,30. Non fu eseguita alcuna autopsia o altri accertamenti che approfondissero le cause del decesso. La morte fu certificata come emorragia celebrale solo in base a reperti esterni, clinici, non supportati da esami autoptici. Forse certificò tutto l’infermiera tedesca che da anni lo ‘seguiva’ da vicino. Il 12 marzo 1938 Hitler annette l’Austria alla Germania nazista. Iniziano i ‘preparativi’ per la seconda tragica guerra mondiale.

Fonti: Raffaele K. Salinari, Le tre morti di Gabriele D’Annunzio, Il Manifesto 05/10/2013
Ennio Di Francesco, “Il Vate e lo Sbirro”, Edizioni Solfanelli, 2017

fonte: http://larapavanetto.blogspot.it/


[1] Articoli di Paolo Franceschetti reperibili in rete. 

mercoledì

la storia della famosa cavalcata senza veli di Lady Godiva


Una tradizione popolare inglese narra le avventure di una donna, Lady Godiva, che decise di prendere posizione a favore del popolo quando il proprio marito, il conte Leofrico di Coventry, decise di aumentare le tasse, considerate oppressive. La donna chiese molte volte al marito di evitare ulteriori aumenti, ma Leofrico non udiva le urla della gente e le parole della moglie. 
Un giorno, stanco delle suppliche, il conte disse alla donna che le avrebbe dato ascolto solo se avesse cavalcato nuda per le vie della città. Lady Godiva prese alla lettera le parole del conte e, dopo la pubblicazione del proclama dove si raccomandava a tutti gli abitanti di tenere chiuse porte e finestre, cavalcò per le vie di Coventry coperta solo dai suoi lunghi capelli. Un aspetto curioso della leggenda attiene all'unica persona che all'interno della città disobbedì al proclama: un sarto, conosciuto come Peeping Tom, praticò un foro in una persiana per vedere il passaggio della donna. La particolarità non attiene al buco praticato nel legno ma al fatto che il sarto, dopo aver guardato Lady Godiva galoppare per le vie di Coventry completamente nuda, rimase cieco. Per tradizione popolare l'appellativo Peeping Tom, equivalente nella lingua italiana a guardone, nacque nel momento esatto in cui lo sfortunato sarto guardò la bellissima donna rimanendo talmente impressionato da divenire cieco.


La leggenda si chiude con il mantenimento della parola data da parte del conte Leofrico che, nelle ore immediatamente seguenti la cavalcata della propria moglie, abolì le onerose tasse. La versione della leggenda con l'episodio riguardante Peeping Tom, il sarto – guardone, comparve per la prima volta nelle cronache del secolo XVII. A quel tempo, in Inghilterra, i penitenti erano soliti effettuare una processione pubblica indossando esclusivamente un indumento bianco simile alle mutande, accessorio considerato intimo. Alcuni studiosi hanno così ipotizzato che Lady Godiva abbia realmente attraversato le vie di Coventry indossando esclusivamente quel piccolo indumento bianco. Altri storici hanno avanzato la teoria che Lady Godiva abbia attraversato la città senza i gioielli, segno di appartenenza alla nobiltà. Per cui la nudità potrebbe riguardare il fatto che avesse cavalcato da normale cittadino senza ostentare il suo rango sociale.
Come in tutte le leggende che si rispettano, esistono svariate versioni. Una più antica di quella narrata poco sopra racconta che Lady Godiva attraversò il mercato di Coventry, mentre la gente era intenta ad effettuare acquisti, scortata da due cavalieri. Questo resoconto è rintracciabile nella Flores Historiarum di Roger di Wendover, uno strano collezionista di aneddoti morto nel 1236. 



La domanda che sorge spontanea attiene alla reale esistenza di Lady Godiva.
Vorrei ricordare che Godiva è la versione latinizzata di Godgifu o Godgyfu, che aveva significato di regalo di Dio.
Godiva e il marito Leofrico sono realmente esistiti. Possiamo trovare documentazione di questa esistenza in vita nel Liber Ellensis scritto da un monaco alla fine del XII secolo. Il monaco aggiunge che Godiva era vedova quando sposò Leofrico di Coventry. Sempre dal Liber Ellensis possiamo sapere che entrambi erano benefattori per le cause religiose.
Roger di Wendover, nel suo libro Flores Historiarum, ricorda che Leofrico, spronato dalla moglie Godiva, fondò un monastero benedettino nei pressi di Coventry. La coppia risulta benefattrice di numerosi altri monasteri sparsi nella contea di Coventry.
Una ulteriore prova dell'esistenza in vita di Godiva potrebbe risultare dal suo sigillo, di Ego Godiva Comitissa diu istud desideravi, che apparve su una lettera data da Thorold di Bucknail ad un monastero benedettino. Questo sigillo è fonte di accesi dibattiti all'interno del corpo degli storici e studiosi inglesi, poiché la maggior parte lo considera un falso.
Per comprendere la reale figura storica di Godiva devo introdurre il Domesday Book: è il nome di un manoscritto che raccoglie i risultati di un censimento completato nel 1086, riguardante la maggior parte dell'Inghilterra e del Galles. L'indagine si svolse per ordine di Guglielmo il Conquistatore. Il motivo di tale ricerca risiede in una conversazione che Guglielmo ebbe con i suoi consiglieri nell'inverno del 1085 a Gloucester. Al termine degli incontri Guglielmo decise di inviare uomini in tutta l'Inghilterra per stabilire quanto e cosa possedesse ogni proprietario terriero, in terra e bestiame, e quale ne fosse il valore.


Secondo il Domesday Book, alla morte di Leofrico, avvenuta nel 1057, Lady Godiva continuò a vivere nella contea di Coventry anche dopo la conquista Normanna dell'Inghilterra, che possiamo datare al 14 ottobre 1066, giorno della vittoria di Guglielmo il Conquistatore nella battaglia di Hastings. Da questa lettura possiamo comprendere come Lady Godiva sia stata una dei pochi anglosassoni, e forse l'unica donna, a rimanere una importante proprietaria terriera anche dopo l'avvento di Guglielmo.
La donna si spense in un periodo imprecisato tra il 1066 ed il 1086.
Il luogo nel quale fu sepolta la donna che cavalcava nuda per difendere il popolo è fonte di acceso dibattito tra gli storico. I luoghi nei quali cercare Lady Godiva sono la chiesa della Benedetta Trinità a Evesham e la chiesa principale di Coventry.
Appurato che Lady Godiva è realmente esistita ad una seconda domanda dovremmo dare risposta: fu realmente effettuata la famosa cavalcata nuda per le vie della città?
La Legge Salica, codice fatto redigere da Clodoveo I re dei Franchi attorno al 503, recitava che «nessuna terra (salica) può essere ereditata da una donna, ma tutta la terra spetta ai figli maschi». L'applicazione della legge ebbe un ruolo di particolare importanza nella disputa tra i Valois, francesi, e i Plantageneti, inglesi, sulla successione al trono di Francia dopo l'estinzione della dinastia capetingia. La discussione tra le opposte fazioni diede il via alla guerra dei cent'anni.
Questa considerazione come si lega alla cavalcata?
Nel Domesday Book è ricordato che fu Lady Godiva a succedere al defunto marito e la stessa fu responsabile della successiva applicazione dell'imposizione fiscale ai propri cittadini.
Nel caso in cui fosse la stessa donna la reale amministratrice della contea di Coventry, avrebbe modificato il suo operato nei confronti del popolo in pochi anni?
Sono molti i dubbi sul fatto che esistano basi storiche per la famosa cavalcata.
Malgrado esistano serie e profonde incertezze sulla reale figura di Lady Godiva, la cavalcata ha creato un personaggio amato dalla popolazione e assai presente nella cultura di massa, dalla musica alla letteratura.

L'ultima particolarità attiene alla presenza di una bambola gonfiabile, chiamata Lady Godiva, nel romanzo Insciallah di Oriana Fallaci.


Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/

Bibliografia


Patrick W. Montague-Smith Lettere: L'albero genealogico di Godiva Il Times, 25 gennaio 1983

Samuel Timmins, una storia di Warwickshire 1889

La Cronaca di Giovanni di Worcestered. e trans. RR Darlington, P. McGurk e J. Bray (Clarendon Press: Oxford 1995

oan Cadogan Lancaster. Godiva di Coventry. Con un capitolo sulla tradizione popolare della storiadi HR Ellis Davidson. Coventry [Eng.] Coventry Corp., 1967

Pennant, Thomas, Il viaggio da Chester a Londra edizione 1811

Roger di Wendover; Matthew Paris; John Allen Giles (1891). Coxe, Henry O., ed. Rogeri de Wendover, Chronica, Sive Flores Historiariaum Londra: HG Bohn

Hartland, E. Sydney, "Peeping Tom e Lady Godiva," Folk-Lore, I, 2 (giugno 1890)

lunedì

Fibonacci e la sezione Aurea

fibonacci, spirale aurea

LEONARDO FIBONACCI

Il suo vero cognome era probabilmente Bigollo, ma è entrato nella Storia come Leonardo Pisano (dal nome della sua città) oppure Leonardo Fibonacci, cioè “figlio di Bonaccio“.
Nacque intorno al 1170, ma niente si sa a proposito della sua morte, come spesso accade per i personaggi più affascinanti della storia.

Viaggiando con il padre, ispettore di dogana in Algeria, Fibonacci venne in contatto con la civiltà islamica, che allora era la principale erede della cultura classica: in particolare, gli arabi erano riusciti non solo a conservare, ma anche ad arricchire con elementi indiani e forse cinesi le conoscenze matematiche del mondo antico, in un periodo in cui l’Europa subiva le conseguenze anche culturali della lunga crisi seguita alla caduta dello Impero Romano.

Dopo avere appreso la matematica dagli islamici la importò in Occidente rielaborando l’aritmetica e l’algebra di Al-Khuwarizmi e anticipando di tre secoli l’introduzione massiccia in Europa delle cifre arabe e della numerazione posizionale indiana. 

Nel 1202 pubblicò il Liber Abbaci in cui  oltre a fornire accurate spiegazioni matematiche di carattere mercantile, propose il 'problema dei conigli', aprendo la via a una speculazione mistica e filosofica sulla geometria sacra e il simbolismo esoterico.

IL PROBLEMA DEI CONIGLI

Si pensi di avere una coppia di conigli il 1° gennaio che generi un’altra coppia di conigli il 1° febbraio e così via per tutti i mesi dell’anno il primo giorno di ogni mese. Ipotizzando che ciascuna nuova coppia produca a propria volta una nuova coppia di conigli il primo giorno di ogni mese a partire dal secondo mese di vita, si chiede quante coppie di conigli si avranno alla fine dell’anno. Il 1° febbraio la prima coppia genera la seconda, mentre dopo un mese si avranno in totale 3 coppie, perché solo la prima era in grado di procreare.
fibonacci, conigli

Allo stesso modo, al mese successivo si avranno in totale 5 coppie, perché solo 2 delle 3 che si avevano ne hanno generato una ciascuna. Così non è difficile verificare che le coppie di conigli saranno 2 il 1° febbraio, 3 il 1° marzo, 5 il 1° aprile, 8 il 1° maggio, 13 il 1° giugno, 21 il 1° luglio, 34 il 1° agosto, 55 il 1° settembre, 89 il 1° ottobre, 144 il 1° novembre, 233 il 1° dicembre e 377 il 1° gennaio successivo.

La successione numerica ottenuta è detta Serie di Fibonacci ed è ricostruibile in base a una semplice relazione: ogni numero è dato dalla somma dei due che lo precedono.

LA SERIE DI FIBONACCI

serie di fibonacciIniziando dai numeri 0 e 1 si avrà quindi una delle più semplici Serie di Fibonacci:

0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, 233, 377,…

La cosa più sorprendente è ritrovare i numeri di Fibonacci in innumerevoli settori; architettura, arte, biologia, specie in botanica e zoologia, ed in relazione alla Spirale Aurea. 

Il Numero Aureo Φ, le sue potenze, le proporzioni della Grande Piramide, il segreto delle opere di Fidia, la Divina Proporzione di Luca Pacioli e tante altre connessioni trovano la loro mistica coerenza negli studi di Fibonacci e in un cosmo ordinato e mai casuale.

La ricorrenza dei numeri di Fibonacci in natura era già nota nella antichità e ad esse si fa spesso riferimento come “rapporto aureo” o “divino”, a significare che durante i millenni si radicò la convinzione che tali proporzioni esprimessero qualche regola universale o legge di natura. Gli antichi greci erano convinti dell'armonia geometrica dell’universo.

FIBONACCI E LA BOTANICA

I numeri di Fibonacci si riscontrano nella fillotassi. La fillotassi è l'ordinamento delle foglie su un gambo o su di un ramo, o l’ordinamento dei semi o degli stami di alcuni fiori. 

Uno dei problemi aperti della botanica è capire quali sono i meccanismi della fillotassi e come mai alcune disposizioni sono in natura molto più comuni di altre.

In botanica le foglie sui rami e i rami lungo il tronco tendono ad occupare posizioni che rendono massima l'esposizione al sole, alla pioggia, all'aria. Perciò un fusto verticale produce foglie e rami secondo schemi regolari. La successione delle foglie e dei rami ha una componente rotatoria che, con l'avanzamento verso l'alto, traccia intorno al fusto un'elica immaginaria; partendo da una foglia qualunque, dopo uno, due, tre o cinque giri dalla spirale si trova sempre una foglia allineata con la prima. A seconda della specie, questa sarà la seconda, la terza, la quinta, l'ottava, la tredicesima, etc… Inoltre, il numero di giri compiuti per trovare la foglia allineata con la prima è generalmente un numero di Fibonacci;  per il nostro esempio il numero di giri è 5

Il quoziente di fillotassi è il rapporto tra numero di giri di due foglie simmetriche. Il quoziente equivale quasi sempre a due cifre consecutive o alternate della successione di Fibonacci.   
                                                                                        
Il numero dei petali di un fiore è spesso un numero di Fibonacci; In natura esistono fiori ad un solo petalo (calle), fiori con due petali (euphorbia), fiori con tre petali (trillium), fiori con 5 petali (columbine), fiori con 8 petali (bloodroot), fiori con 13 petali (black-eyed susan), fiori con 21 petali (shasta daisy), fiori con 34 petali (daisy), ecc.
La crescita di alcune piante (come ad esempio la Achillea ptarmica) segue uno schema ben definito. Ogni ramo impiega un mese prima di potersi biforcare. Al primo mese quindi abbiamo 1 ramo, al secondo ne abbiamo 2, al terzo 3, al quarto 5 e così via. Anche il numero delle foglie sui rami è un numero di Fibonacci.

Pigne

La filotassi delle brattee delle pigne segue un andamento a spirale aurea. Le brattee delle pigne si dispongono in due serie di spirali dal ramo verso l'esterno, una in senso orario e l'altra in senso antiorario. Uno studio su oltre 4 mila pigne di dieci specie di pino ha rilevato che oltre il 98 per cento di esse conteneva un numero di Fibonacci nelle spirali che si diramavano in ogni direzione.  Inoltre, i due numeri erano adiacenti, o adiacenti saltandone uno, nella sequenza di Fibonacci, per esempio 8  spirali in un senso e 13 nell'altro, o 8 spirali in un senso e 21 nell'altro.

Margherite

Esaminando la disposizione dei capolini di una margherita si osservano due famiglie di spirali, composte la prima da curve ruotanti in senso antiorario, l’altra da curve ruotanti in senso orario. Ebbene, in moltissimi casi i numeri di curve che compongono le due famiglie sono due numeri di Fibonacci consecutivi! Per esempio, in figura,  si distinguono 34 spirali che ruotano in senso orario e 21 spirali che ruotano in senso orario.

Ananas

Le scaglie dell'ananas presentano un'aderenza ancora più costante ai fenomeni di Fibonacci: non una sola eccezione fu trovata in un test compiuto su duemila ananas.

FIBONACCI E LA ZOOLOGIA

Nautilus Pompilius


fibonacci, nautilusLa conchiglia del Nautilus Pompilius ha una forma che richiama la spirale logaritmica equiangolare.

Il Nautilus è un mollusco molto diffuso nell'Oceano Pacifico e in quello Indiano. La sua conchiglia di colore bianco con screziature arancio è suddivisa all’interno in una serie di camere collegate da un canale sifone) che permette la circolazione dei liquidi da un vano all’altro. 

La struttura della conchiglia è alla base del meccanismo che regola gli spostamenti verticali e il galleggiamento del Nautilus. Quando una camera si svuota tramite il sifone dei liquidi presenti al suo interno, si riempe di gas. Variando opportunamente il rapporto tra la quantità di gas e quella dei liquidi nelle camere, Il Nautilus è in grado di scegliere a che profondità portarsi.

Nella struttura della conchiglia del Nautilius si riscontra la presenza della sezione aurea. Gli archi della spirale aurea riproducono la forma con la quale il Nautilus crescendo ingrandisce la propria conchiglia. Il rapporto tra una spira del Nautilus e la successiva equivale a quello tra due numeri successivi di Fibonacci, che e' il numero aureo.

Api

L'albero genealogico di un fuco presenta chiaramente la sequenza di Fibonacci. In uno sciame le api non sono tutte uguali: ci sono api (femmine) e fuchi (maschi). Le femmine sono generate dall'unione dell’ape regina con un fuco e si dividono in operaie e regine. Le api regine sono api operaie nutrite con pappa reale ma, diversamente dalle operaie, sono in grado di produrre uova. I maschi nascono dalle uova dell'ape regina. Le femmine hanno 2 genitori: l’ape regina e un fuco, mentre i fuchi hanno un solo genitore, l’ape regina. Se prendiamo in esame l'albero genealogico di un fuco, vediamo che esso ha 1 genitore che a sua volta ha 2 genitori che a loro volta hanno 3 genitori che a loro volta hanno 5 genitori e così via.

FIBONACCI E LA CHIMICA

La successione di Fibonacci è legata anche alla struttura di alcuni cristalli particolari, detti quasi-cristalli, i quali possono essere 'affettati' in modo tale che gli atomi della superficie seguano esattamente lo schema di una tassellatura di Roger Penrose.

Essa è la più semplice tassellatura aperiodica che mostri simmetria di rotazione di quinto grado:  la tassellatura non ha simmetria di traslazione, ovvero non si ripete mai uguale a sé stessa, ma ruotandola di 1/5 di giro si ottiene una tassellatura identica. Ma qual è la relazione tra Tassellatura di Penrose  e φ?

E’ presto detto: i “tasselli” di Penrose altro non sono che “pezzi” presi da un pentagono con inscritto un pentagramma, per cui tutte le strette correlazioni tra queste figure e φ si riflettono sulla tassellatura di Penrose. I due tasselli fondamentali si ottengono dai triangoli rossi e da quelli gialli. Questi poi possono essere combinati per formare dei rombi, o usati direttamente e accostati secondo certe regole per formare la tassellatura. 

Oltre alle proprietà più ovvie derivate dalla natura dei tasselli, come le molte risultanze del numero φ nelle proporzioni della figura e la comparsa nelle tassellature di decagoni e pentagoni formati dallo accostamento dei tasselli, ci sono altre proprietà meno ovvie. 

Sembra, ad esempio, che il rapporto tra il numero di tasselli di un tipo e il numero di tasselli dell’altro tenda a φ. Sembra inoltre che all’interno della figura tendano a formarsi spirali auree e altre disposizioni particolari e che la frequenza di tali disposizioni segua la sequenza di Fibonacci. 

Non è però chiaro se tali proprietà dipendano solo dalla natura della tassellatura oppure dal modo specifico che si usa per tassellare (ricordiamo infatti che la tassellatura di Penrose non è un metodo univoco, ma esistono numerosi modi per realizzarla).

FIBONACCI E L'ASTRONOMIA

Nel Sistema Solare i pianeti interni distano dal Sole nelle proporzioni della successione di Fibonacci (Mercurio 1 Venere 2, Terra 3, Marte 5)  e quelli esterni distano ugualmente da Giove (Saturno 1, Urano 2, Nettuno 3, Plutone 5); anche grazie a questa coincidenza gli astronomi riuscirono a determinare l’esistenza di Nettuno.

Da osservazioni sperimentali si è scoperto che alcune Galassie, tra cui la via Lattea, presentano bracci luminosi di formazione stellare che si estendono dal centro seguendo il tracciato di una spirale aurea. Anche la coda delle comete assume la forma di spirale aurea.

FIBONACCI E L'ARCHITETTURA

Il Partenone

La pianta mostra che fu costruito su un rettangolo 'radice quadrata di 5', cioè che la lunghezza è radice di 5 volte la larghezza. 

fibonaci, partenone

Il Partenone contiene molti rettangoli aurei. Ne deriva un aspetto armonico, che ispira una profonda sensazione di equilibrio. La proiezione ortagonale della facciata mostra come essa sia stata costruita su un rettangolo aureo, in modo che la larghezza e la altezza stiano nel rapporto: F:1 (la F è in onore di Fidia, cioè colui che progettò il Partenone).

La proporzione aurea è presente anche nel tempio di Atena, in Paestum.

La Grande Piramide

Uno dei casi più dibattuti circa l'antico Egitto riguarda la presenza della sezione aurea nella piramide di Cheope presso la Piana di Giza. La piramide è anche l'unica delle sette meraviglie ad essere giunta fino a noi intatta.

Il mito esoterico-numerologico che circonda la Grande Piramide nasce dall'opera di John Taylor: The Great Pyramid: Why Was it Built and Who Built it? (1859) suffragata dagli studi dell'astronomo e piramidologo Charles P. Smyth.

FIBONACCI ED I CERCHI NEL GRANO

Se l’uomo è destinato a tornare al cosmo, come avverrà tutto ciò? 
I crop circle sembrano contenere la risposta ed è proprio la spirale di Fibonacci ad indicarci la strada. 

Il 7 luglio 1996 presso Stonehenge è apparsa una formazione raffigurante la Sezione Aurea e il Diagramma di Fibonacci.

fibonacci, cerchi nel grano

Questa forma è il risultato di una sequenza di numeri interi, nei quali ogni singolo valore è dato dalla somma degli ultimi due. 

Ogni valore ottenuto è riportato in un diagramma che assume la forma di una spirale, perfettamente coincidente con quanto rappresentato nel crop circle di Stonehenge: forse i "circlemakers" hanno voluto comunicarci come è possibile arrivare al cosmo. 

Infatti la spirale aurea è basata sul valore di 1,615 che è un numero ricorrente in natura.

La sequenza numerica di Fibonacci, basilare per la geometria sacra delle civiltà antiche, è la chiave per capire come la natura disegni le sue creature. 

E' quanto stiamo scoprendo, accettando il fatto che l’Universo abbia più dimensioni o passaggi intercomunicanti in cui i nostri visitatori viaggiano senza problemi, usando delle feritoie in una griglia inter-dimensionale che si dischiude esattamente come una spirale. 

Gli antichi probabilmente lo sapevano già, quando costruivano i loro monumenti sacri rispettando la spirale aurea (forse l’intero complesso di Giza, edificato sulla base della spirale aurea, aveva anche la funzione di collegare una dimensione all’altra). 

IN CONCLUSIONE

Quelle descritte sono appena una piccola parte delle attinenze riscontrabili tra la serie di Fibonacci e una infinita varietà di espressioni naturali, architettoniche ed artistiche.

Ritroviamo il rettangolo aureo in opere come la Gioconda, L'Ultima Cena di Leonardo Da Vinci e la Venere del Botticelli. Nella musica classica, nell'astronomia, nell'informatica e perfino nella conformazione ad elica del DNA.

Fibonacci è stato certamente una delle figure più importanti nel campo della matematica. I suoi studi furono così importanti che tutt'oggi esiste una pubblicazione periodica dedicata solo alla sequenza aritmetica da lui elaborata, il Fibonacci Quarterly. Al matematico è stato anche dedicato un asteroide, scoperto nel 1982, il 6765 Fibonacci.

Fonte tratta dal sito .

fonte: http://wwwblogdicristian.blogspot.it/