mercoledì

Guglielmo da Fenoglio, un santo burlone


Il beato Guglielmo da Fenoglio, nacque a Garessio, in provincia di Cuneo, nel 1065 e mori con ogni probabilità nel 1120, nella Certosa di Valcasotto. Si hanno delle incertezze a proposito delle date della sua vita, a causa degli incendi e distruzioni cui andò incontro la Certosa di Casotto. Gli annalisti dell'ordine pongono la sua morte tra il 1200 e il 1205, mentre la tradizione locale ed altri autori, anticipando l'origine della Certosa rispetto alla data consueta del 1172, suggeriscono quali anni di nascita il 1065 e di morte il 1120 (19 dicembre). E’ sorprendente che un semplice converso (cioè un “fratello laico) abbia goduto di così grande fama non solo nel Monregalese ma addirittura in mezza Europa (tra l’altro è patrono dei conversi certosini) e sia stato cosi frequentemente raffigurato in pitture e sculture. E questo non lo si spiega soltanto con la fama, che si era acquistato, di “santo dai miracoli burleschi” avvenuti sia da vivo che da morto, con l’ondata di eventi prodigiosi che si verificarono anche dopo la sua morte, ma soprattutto dal fatto che fu una grande personalità, che seppe attrarre magneticamente le folle con la sua testimonianza di vita e con la sua disarmante semplicità. Della gioventù abbiamo scarne notizie , ma si sa che subito permeato da profonda fede si ritirò in eremitaggio in località Torre di Mondovì, dove ebbe una prima esperienza anacoretica compiuta nel più alto ascetismo. Perciò quando, a vent’ anni, fece il suo ingresso nella Certosa di Casotto egli aveva già compiuto un intenso cammino di perfezione e di profonda unione con Dio. La Certosa di Val Casotto fu la prima Certosa in Italia e venne fondata nel secolo XI, forse dallo stesso San Bruno che giungendo dalla Grande Chartreuse presso Grenoble si stava recando a Roma. 


A Guglielmo fu preposto il compito di provvedere ai viveri per il monastero, perciò questuando per le cascine questa attività lo portava in giro a recuperare granaglie e legumi nelle località limitrofe e fino ad arrivare in Liguria ad Alberga e Mondovì. Le strade ed i boschi erano infestate da briganti, che spesso assalivano il povero converso per rapinarlo dei viveri, portandogli via tutto quanto era riuscito ad ottenere in elemosina. Guglielmo rammaricato per queste vili aggressioni cercava spesso conforto nel suo priore. Lamentandosi con di questa situazione, tra il serio ed il faceto venne invitato dal Priore a difendersi usando se necessario “anche la zampa della mula”. L’umile converso certosino, che dell’obbedienza aveva fatto lo scopo della sua vita, alla prima occasione di assalto dei briganti afferrò la zampa della mula, la staccò impugnandola come una clava contro gli assalitori, che se la diedero a gambe terrorizzati da quel gesto. Guglielmo provvide a risistemare il carico di viveri sul dorso della mula, e si avviò verso la Certosa, ma nella fretta riattaccò a rovescio la zampa, così che il malcapitato animale zoppicava in modo vistoso. Il Priore se ne accorse e per accertarsi quanto di prodigioso effettivamente si diceva in giro sul conto di Guglielmo, lo rimproverò per la sbadataggine e gli ordinò di rimettere la zampa come si conveniva, cosa che Guglielmo fece con tutta naturalezza, staccando e nuovamente e riattaccando, questa volta dal verso giusto, la zampa scusandosi per il suo errore. Il tutto, naturalmente, senza che l’animale perdesse sangue o ragliasse dal dolore, come accertato dal Priore e da numerosi testimoni. Di questo fatto si è impadronita l’agiografia del Beato, che spesso lo rappresenta nell’atto di impugnare la fatidica zampa, tanto che nella Certosa di Pavia è scherzosamente chiamato “il santo del prosciutto”. Infatti dietro la facciata della Certosa, nel risvolto a sud, c'è un tondo scolpito che raffigura un santo dalle caratteristiche inusuali. Fra le mani, infatti, stringe un cosciotto di animale, con l'inconfondibile sagoma di un prosciutto. Il bassorilievo si trova all’ uscita dal chiostro piccolo, a circa due metri e mezzo di altezza. 
Vi è un'altra leggenda legata al Beato Guglielmo. Nell’ambito territoriale i monaci contribuivano in maniera fondamentale per lo sviluppo rurale della zona, attraverso diverse attività: il mantenimento della pulizia dei pascoli, la raccolta della legna nei boschi, la lavorazione del latte, tutte attività che i svolgevano quotidianamente. In questo ambito Guglielmo come già affermato riguardo al precedente episodio in qualità di fratello converso era solito avventurarsi in frequenti spostamenti per provvedere con le elemosine ai bisogni del monastero e era costretto ad attraversare luoghi impervi e pericolosi e sfinito per le avverse condizioni climatiche spesso riposava la notte in domicili di fortuna, per poi ripartire il giorno successivo. E non solo i briganti incontrò durante le suoi spostamenti ….In questi suoi andirivieni si trovava spesso a dover guadare il Rio Roburentello, e si racconta che un giorno si imbattè addirittura nel diavolo. Il demonio gli propose per agevolargli il cammino, di costruirgli un ponte in cambio dell’anima del primo essere che lo avesse attraversato. Il maligno, pensando di aver persuaso il povero certosino a passare per primo era già sicuro di poter disporre dell’anima del beato, ma rimase beffato quando vide che Guglielmo fece attraversare il ponte, per primo, al sua fidata compagna di viaggio, la sua mula!!! Da allora il ponte che si trova salendo a Roburent , appena passato il bivio per Montaldo è chiamato “ponte dell’Asino”, in ricordo di questo episodio leggendario accorso tanti secoli orsono, e che testimonia l’immutata devozione al beato certosino in questi territori.


La sua morte avvenne intorno al 1120, fu proclamato patrono dei monaci conversi certosini, e la sua fama di santità si diffuse ben presto cosicché la sua tomba, collocata all'esterno del complesso monastico, presso la "casa bassa" dove abitavano i conversi, era meta di numerosissimi pellegrini, che accorrevano al convento per venerarne le spoglie. Poiché presso la sua tomba si verificavano numerosi prodigi, e l’accorrere di tanti pellegrini disturbava troppo la vita solitaria ed il silenzio della Certosa (anche se faceva piovere molte offerte) i monaci per avere più calma tentarono più volte di traslare il suo corpo all'interno del monastero ma prodigiosamente si racconta che il corpo ogni qualvolta veniva spostato, come per scherzo ritornava miracolosamente al suo posto originario di sepoltura. e inoltre si racconta che fosse rimasto prodigiosamente incorrotto per tre secoli. Nel 1802 onde evitare che le truppe napoleoniche violassero le reliquie del monaco, il suo corpo venne nascosto, e murato in una cappella che Papa Pio V aveva consacrato nel XVI secolo. Sebbene numerose spedizioni di scavo siano state intraprese a partire dal 1864, suo corpo non fu mai ritrovato. Il suo culto si diffuse nel corso dei secoli, fu beatificato da Pio XI il 29 marzo del 1860, e fu deciso di celebrare la sua festa dapprima il 19 e poi successivamente il giorno 16 di dicembre. La fama di questo beato è legata alle numerosissime raffigurazioni del suo principale miracolo, che fu rappresentato dappertutto in Europa, in pitture e sculture realizzate all’interno delle certose: dalla Spagna al Portogallo, dall’Inghilterra alla Francia, all’Italia. La Certosa del Casotto fu ristrutturata e ampliata nel 1700 ad opera di Francesco Gallo e Bernardo Vittone; nel 1837 dopo le spoliazioni napoleoniche Carlo Alberto la ricostruì in parte, accentuandone l’aspetto di castello-villa, che Vittorio Emanuele II la frequentò come riserva di caccia. Oggi Il complesso, costituito da un corpo centrale e due ali avanzate, ha un aspetto monumentale che contrasta con sobrietà e carattere privato degli interni. Una serie di recenti campagne di scavo condotte dall'Università di Torino hanno riportato alla luce le fondamenta dell'originaria Certosa e di un successivo ampliamento quattrocentesco.

La Reggia è inclusa nel circuito delle Residenze Sabaude, purtroppo è attualmente chiusa alle visite.

Luciano Querio

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/

Bibliografia
R. Arneodo, Garessio - Pagine di storia, ed. Nicola Milano, Farigliano, 1970.

Anna Ferrari I Santi in Piemonte tra arte e leggenda, Edizioni Blu 2017

Aldo Ponso Duemila anni di santità in Piemonte e Valle d'Aosta: i santi, i beati, i venerabili, i servi di Dio, le personalità distinte : guida completa dalle origini ai nostri giorni Effata Editrice IT, 2001 


LUCIANO QUERIO
Sono di origine canavesana essendo nato a Cuorgnè nel 1958. Sono sempre stato amante dell’arte, della storia e della filosofia medievale. Nel tempo libero mi diletto a fotografare. Pur amando i viaggi mi sento profondamente radicato alla mia terra. Così parafrasando Cesare Pavese il paese dove sono nato ho creduto da bambino che fosse tutto il mondo. Adesso che il mondo in piccola parte l' ho visitato davvero, ho visto che è fatto di città e di tanti piccoli paesi… perciò da bambino non mi sbagliavo poi di molto...Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, nel fiume e nella montagna che ti guarda dall’ alto c'è qualcosa di tuo che anche quando non ci sei resta sempre ad aspettarti…

Nessun commento: