venerdì

i bimbi gettati nel Tevere


L'infanzia nel Medioevo fu caratterizzata da tenerezza ed affetto, ma anche da pratiche spesso crudeli. Le condizioni ambientali, le infermità, il tentativo di controllo delle nascite ed i problemi di divisione del patrimonio furono le cause che impedirono quella cura che le famiglie moderne dedicano ai figli. La soluzione a tali problemi esulava dai codici scritti da dotti uomini di città, attingendo nelle antiche radici delle popolazioni europee. 
Una delle pratiche più utilizzate fu quella dell'esposizione dei bambini in luoghi di difficile accesso, evento che conduceva alla morte del neonato. Solo nel Trecento furono istituiti gli Ospizi dei Trovatelli, dove fece la sua comparsa la ruota. Le altre soluzioni variavano dalla cessione dei bambini alla Chiesa all'uccisione degli stessi. 
La tradizione dell'infanticidio era molto più sviluppata di quello che potremmo pensare: in alcuni paesi scandinavi sopravvisse per diversi secoli anche dopo l'introduzione e la conversione alla religione cristiana. L'infanticidio rappresentava nel Medioevo, forse in tutte le epoche, un modo comodo di eliminare il neonato che avrebbe potuto mettere in pericolo l'equilibrio, in molti casi già precario, economico delle famiglie. Un secondo fattore alla base di questo fenomeno potrebbe risalire al fatto che la nascita di un bambino avrebbe rivelato una condotta poco compatibile con le idee sociali e religiose di un determinato gruppo di persone. 


Quali possono essere i fattori alla base dell'accettazione di tale, cruenta, pratica? 
Da una parte l'infanticidio era un reato, sempre che fosse considerato tale in una determinata società, facilmente occultabile, non esclusivamente per la facilità di abbandono nei campi o nei boschi del neonato, ma anche per l'elevato tasso di mortalità infantile del Medioevo. Delort, autore del libro La vita quotidiana nel Medioevo, scrive che il calcolo statistico conduce ad un tasso di mortalità infantile spaventoso. 
Un secondo fattore da prendere in considerazione per l'accettazione dell'infanticidio era relativo all'interpretazione secondo cui tale pratica rappresentava l'unico mezzo di controllo delle nascite. 
Un terzo ed ultimo fattore che permette di comprendere la sopravvivenza di tale pratica era da ricercare nell'atteggiamento delle famiglie nei confronti dell'infanzia, più vicino alle società arcaiche precristiane che alla visione moderna. Con il trascorrere dei secoli e l'affermazione del Cristianesimo, l'infanticidio diviene, durante il periodo medievale, oggetto dell'attenzione della legislazione ecclesiastica. Le accuse di bambini annegati, bruciati alla nascita o esposti, erano diffuse in tutte Europa, così come l'abbandono alla nascita nei brefotrofi. 


Una delle accuse che maggiormente fu indirizzata ai genitori dagli ecclesiastici d'allora era quella relativa all'aver causato la morte del neonato per soffocamento nel sonno, accidentalmente o volontariamente. I sermoni ecclesiastici ed i testi normativi, anche laici, dimostrano che l'infanticidio inquietava i responsabili dell'ordine sociale e civile del periodo medievale. Gli scritti medievali si rifacevano a testi più antichi: Rabano Mauro riporta nel suo penitenziale in materia d'infanticidio e di aborto i canoni di Ancira, Lerida ed Elvira dove venivano comminate penitenze di sette anni per le donne abortiste e infanticide. 
Un dato appare incontrovertibile: nei penitenziali medievali emerge con forza il passaggio delle responsabilità dell'infanticidio dal maschio alla femmina. Nel Medioevo avvenne un cambiamento ed un passaggio di responsabilità: nei secoli precedenti era il padre che prendeva la decisione di accettare o meno un figlio, nel periodo medievale divenne la madre, in piena autonomia, a decidere la sorte del neonato. Il passaggio delle responsabilità di fatto coincise con la trasformazione della responsabilità legale, idea che ritroviamo nelle parole diBurcardo di Worms: “Se una donna mette il bambino presso il camino e un'altra persona viene a mettere sul fuoco un calderone d'acqua bollente, e questa si riversa sul bambino e l'uccide, la madre faccia penitenza per la sua negligenza e l'altra persona sia considerata innocente”. 
Un elemento aggiuntivo traspare dalla drammaticità dei penitenziali, acuita dai frati predicatori che lamentavano non solo la violenza ma anche la dissolutezza dei costumi, causa di gravidanze indesiderate e, di conseguenza, di aborti ed infanticidi. Uno di questi frati predicatori, Olivier Maillard, in una predicazione quaresimale si lasciò andare ad una vivida descrizione dei gemiti di infanti annegati per liberarsi dai frutti del peccato. Questi gemiti, secondo le parole del frate, provenivano da latrine, stagni e fiumi. Tale accusa si diffuse rapidamente negli strati ecclesiastici tanto da influenzare anche l'arte pittorica. Non solo influenza, ma una vera e propria accusa della maternità come quella che fu fatta dipingere da papa Sisto IV sulle pareti dell'Ospedale Santo Spirito a Roma. 


La realizzazione dell'opera avvenne sul finire del XV secolo, nel momento di passaggio dal medioevo all'epoca moderna. Sulle mura dell'ospedale di Santo Spirito furono raffigurate diverse scene: nella prima fu rappresentato un parto con la madre distesa nel letto ed assistita da una donna che tiene in braccio un bambino. Nella seconda scena fu raffigurata la madre nell'atto di gettare il piccolo nel fiume. Nella terza scena le reti dei pescatori portano alla luce i cadaveri dei piccoli annegati. Secondo Erberto Petoia, autore del libro Storia segreta del medioevo, la fonte d'ispirazione della Pesca nel Tevere fu la cronaca di Jakob Twinger von Konigshofen, vissuto circa un secolo prima della rappresentazione sulle mura dell'Ospedale Santo Spirito di Roma. Le cronache di von Konigshofen furono seguite da rappresentazioni all'interno di un codice miniato dell'ospedale Santo Spirito di Digione. Quale può essere la fonte delle cronache e delle successive rappresentazioni? Probabilmente si deve risalire all'epoca di Innocenzo III. Il Papa, per sensibilizzare il clero al celibato, cercò di porre fine alle occulte relazioni amorose i cui frutti, i bambini, spesso li costringevano all'infanticidio o all'aborto. Con il trascorrere del tempo, Innocenzo III visse a cavallo tra il XII ed il XIII secolo, il messaggio di condanna finì per colpire solo le donne, in questo caso le madri sciagurate. 
Verso la fine del Medioevo mutò il clima generale a causa della scomparsa dell'iniziale tolleranza verso questo delitto. L'epoca della comprensione lasciò il posto a crudeli punizioni, come la sepoltura da viva della madre infanticida o la messa al rogo con la condanna di portare al collo il corpo del bimbo ucciso nel percorso dal carcere al patibolo. 
La politica misogina della Chiesa finì per modificare il messaggio iniziale di Innocenzo III, e le accuse divennero condanne solo per le donne. 

Fabio Casalini

fonte: I VIAGGIATORI IGNORANTI


Bibliografia

Dean Mitchell, The Malthus Effect: population and the liberal government of life, Economy and Society, 2015

Petoia Erberto, Storia segreta del Medioevo, Newton Compton editori, 2018

Prosperi Adriano, Dare l'anima. Storia di un infanticidio, Einaudi, 2005

Robert Delort, La vita quotidiana nel Medioevo, Laterza, 1997

Jean-Baptist Thiers, Traité de l'exposition du Sain Sacrament de l'autel, Louis Chambeau, Avignone, 1977


FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.

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