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le rivolte delle tabacchine del Salento


Il periodo post-unitario si configurò come un momento di profonde trasformazioni sociali ed economiche per tutto il Meridione d’Italia. All'interno di queste mutazioni, il brigantaggio assunse un’importanza rilevante poiché condusse a conseguenze devastanti per quanto concerne il numero delle vittime. In aggiunta al brigantaggio, per alcuni una sorta di guerra civile, il mutato sistema sociale peggiorò le condizioni di vita delle classi più povere. La conseguenza principale fu il fenomeno dell’emigrazione di massa degli uomini verso terre che promettevano lavoro. Numericamente il fenomeno non è di facile inquadramento: si presume che almeno 50.000 persone ogni anno lasciassero il meridione in cerca di fortuna. Il numero salì vertiginosamente con l’ingresso nel nuovo secolo, giungendo, nella prima decade, a circa 300.000 emigranti l’anno. I meridionali costretti ad abbandonare la propria terrà toccò il massimo nel 1913 con oltre 400.000 unità. Il Salento fu colpito come le altre regioni, perdendo 1/3 della popolazione dopo la fine della prima guerra mondiale. L’introduzione del Salento in quest’articolo non è casuale, poiché ho deciso di trattare la condizione lavorativa e le rivolte delle tabacchine salentine. 
Il tabacco è un prodotto agricolo ottenuto dalle foglie delle piante del genere Nicotiana. Può essere consumato, usato come insetticida ed utilizzato in alcuni farmaci; più comunemente è utilizzato come elemento base per le sigarette ed i sigari. Il tabacco è stato a lungo in uso nelle Americhe, tuttavia al momento dell’arrivo degli europei divenne rapidamente popolare. Il tabacco divenne uno dei più importanti prodotti delle Americhe e fornì uno stimolo notevole alla colonizzazione del Sud degli attuali Stati Uniti, parallelamente al cotone. 
La storia della coltivazione, e lavorazione, del tabacco in Salento ebbe origine nel Settecento, durante la dominazione borbonica con Ferdinando IV, per poi essere incentivata da Murat che, nel 1812, istituì la Manifattura Tabacchi del Salento Leccese. La produzione del tabacco coinvolgeva intere famiglie, ed in alcuni casi grosse cittadine dipendevano da questa lavorazione. 
Il ricordo del tabacco salentino si ritrova nelle parole di un cronista di fine Settecento: “La qualità di questo tabacco non la cede per niente a quello di Siviglia, ma bisognava lasciarlo invecchiare otto anni prima di usarlo, si preparava nel modo più semplice e più comune. Per averlo molto buono, si piglia la cima della pianta e non si fa altro che macinare la foglia al mulino, e si fa passare la polvere attraverso una mussola, e poi si conserva in una bottiglia di vetro nella quale fermenta ed acquista il suo punto di perfezione”


Ancora nelle prime decadi del novecento la coltivazione del tabacco rappresentava una fonte di sostentamento per molte famiglie di contadini del Salento, anche se con il trascorrere del tempo le tracce si sono smarrite: l’ultima fabbrica, a Lecce, chiuse i battenti il 1 gennaio del 2011. Il lavoro legato a questo prodotto agricolo era ad appannaggio delle donne, e spesso dei bambini. Quelle donne, che lavoravano scottate dal sole della Puglia, erano dette tabacchine e sono, oggi, uno dei tanti emblemi della donna lavoratrice e della ribellione proletaria del Novecento. 
Le condizioni di lavoro delle tabacchine erano difficili, quasi proibitive. Le ragazze erano vittime d’abusi sia fisici sia psicologici. Le donne, combattive, resistettero per decenni prima di ribellarsi. Una delle prime manifestazioni di protesta si ebbe nel 1925 a Trepuzzi, quando oltre 500 donne sfilarono per le vie del paese. In un crescendo di difficoltà e disagio si giunse al maggio del 1935 ed alla manifestazione di Tricase. La cittadina si trova attualmente in provincia di Lecce e deve il suo nome all'unione di tre casali differenti, da cui l’antica denominazione di Treccase, che diede origine ad un unico nucleo abitativo. 
Le manifestazioni di protesta scoppiate a cavallo degli anni trenta non sono da interpretare come segnali di un consapevole antifascismo, come a suo tempo descrisse Renzo De Felice, ma alla stregua d’espressioni del disagio economico-finanziario delle lavoratrici. La rabbia ed il malcontento proletario si orientarono contro i proprietari terrieri ed i potenti locali, scagionando, in qualche maniera, il potere centrale rappresentato da Mussolini. Le cause delle proteste,del 1935 a Tricase, si possono ricercare nello scioglimento dei Consorzi corporativi delle Provincia di Lecce per farli confluire nel Consorzio Agrario Cooperativo delle Terre d’Otranto. Le lavoratrici manifestarono, inizialmente, diffidenza nei confronti dell’operato del Ministero delle Corporazioni. Quel sentimento si trasformò in protesta minacciosa quando la cittadinanza si riunì attorno alla protesta delle tabacchine, incurante del ricordo delle repressioni degli anni precedenti. La protesta divenne sollevazione popolare quando i cittadini minacciarono d’assalire il municipio, e nel caso di bruciarlo, qualora le loro rivendicazioni non fossero ascoltate. Il podestà scappò, incurante della disperazione della folla. I militari presenti, reclutati d’urgenza, avvertirono come minacciosi alcuni comportamenti dei manifestanti ed iniziarono a sparare sulla folla. Il bilancio conclusivo fu molto pesante: cinque morti, 22 feriti, 300 arrestati, 74 dei quali rinviati a giudizio. Tra i caduti tre donne ed un ragazzo di soli 15 anni. 


La protesta delle tabacchine non si spende il 25 maggio del 1935. Ancora nel 1944, con il mondo in guerra, le donne scesero nuovamente in piazza contro il caporalato, per il rinnovo del contratto nazionale, per rivendicare un aumento salariale e per ottenere il sussidio di disoccupazione. Anche quel giorno, a Lecce, i militari spararono, uccidendo tre tabacchine. 
La stagione di lotta delle lavoratrici non si spense e culminò,nel 1961, con uno sciopero generale che ebbe come epicentro il paese di Tiggiano che vide la mobilitazione dell’intera popolazione a sostegno delle 250 operaie che lavoravano nella locale fabbrica. La rivendicazione era legata alla chiusura dell’azienda ed al conseguente licenziamento di tutte le tabacchine. Il paese si bloccò per 28 giorni. La popolazione non si fece intimidire dalle forze dell’ordine che minacciavano di aprire il fuoco sui manifestanti. Lo sciopero terminò con la vittoria delle tabacchine. Nessuna di loro perse il posto di lavoro. 
Rivolgendo il ricordo ai caduti di Tricase, di Lecce e di mille altre manifestazioni operaie, conserviamo la memoria di quei terribili episodi affinché non si possano ripetere nel presente e nel prossimo futuro.

Fabio Casalini
Bibliografia

Tabacco e tabacchine nella memoria storica, a cura di Vincenzo Santoro e Sergio Torsello – Manni Editore (2002)

Bona Mixta Malis: fascismo, antifascismo e Chiesa Cattolica nel Salento, Salvatore Coppola – Giorgiani Editore (2011)

Quegli oscuri martiri del lavoro e delle libertà. Anatomia di una sommossa, a cura di Salvatore Coppola, Giorgiani Editore (2015)


FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.

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